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L’Arciprete Andrew Phillips .Domande e risposte sulla Pentecoste.(pravoslavie.ru 25 giugno 2013)

 
Lei direbbe che la Pentecoste è la festa più importante dopo la Natività di Cristo?

Penso che se si desidera avviare una diatriba tra gli ortodossi, questa domanda potrebbe essere un buon modo!

Prima di tutto, c’è la festa delle feste, la Pasqua, la festa della Risurrezione, che è superiore a tutte le altre feste.

Poi ci sono altre feste, come la Natività di Cristo, o Natale, il Battesimo di Cristo, o Teofania, e il giorno della Trinità, o la Pentecoste. Io non sono sicuro dell’ordine di importanza, ma dal momento che il Natale di Cristo è la festa dell’Incarnazione e la Pentecoste è la festa della Santissima Trinità e dello Spirito Santo, questo forse è un buon ordine di importanza. Dopo tutto, le due rivelazioni più importanti per noi sono l’incarnazione del Figlio di Dio e la Trinità.

Tuttavia, forse si potrebbe sostenere che l’Annunciazione, ovvero la concezione di Cristo, è la vera festa dell’Incarnazione. Anche se è una festa della Madre di Dio, dovrebbe quindi precedere la Natività di Cristo in ordine di importanza – la Natività non avrebbe potuto aver luogo senza il consenso della Madre di Dio al concepimento. Tuttavia, alla fine, tali considerazioni, anche se interessanti, non sono certo di vitale importanza per la nostra salvezza. La cosa principale è andare in chiesa per tutte queste feste e prendervi parte, piuttosto che occuparsi di così tanti dettagli.

Che cosa significa la parola Pentecoste?

Prima di tutto, dovrei dire che il nome più comune per questa festa è ‘giorno della Trinità’, piuttosto che il nome più formale di ‘Pentecoste’. Questo perché questa festa è la rivelazione dello Spirito Santo, e quindi la rivelazione della pienezza della Santissima Trinità, perché fino a questo giorno, avevamo conosciuto solo il Padre e il Figlio. Il Figlio ci aveva promesso il ‘Consolatore’ e oggi è disceso, in adempimento di quella promessa.

Pentecoste è semplicemente la parola greca per cinquanta. La Pentecoste viene 50 giorni dopo la Pasqua. Il significato di questo è che anche nell’Antico Testamento (Levitico 25), il numero 50 era speciale. Questo perché sette è il numero della pienezza o del completamento (Dio si riposò il settimo giorno, dopo i sei giorni della Creazione). 7 x 7 è quindi un particolare segno di pienezza e 50 è, naturalmente, 7 x 7 + 1. Pertanto, nel Vecchio Testamento, ogni cinquantesimo anno era chiamato anno giubilare. L’anno giubilare era non solo la fine del vecchio periodo giubilare, ma anche l’inizio di quello nuovo. Così, c’erano 49 anni di intervallo tra ogni un anno giubilare.

Con l’aggiunta di 1 a 7, otteniamo 8. Otto è visto come il numero di ciò che è al di là della pienezza di questo mondo, al di là della creazione, oltre il tempo e lo spazio creato, ciò che fa parte del tempo che verrà, ‘l’ottavo giorno’. Così, la Pentecoste, la discesa dello Spirito Santo sulla terra, è la pienezza della rivelazione della Santissima Trinità. Questo è il motivo per cui si chiama giorno della Trinità. La Discesa dello Spirito Santo dal cielo è il segno di un altro mondo, l’età a venire, ‘l’ottavo giorno’, che penetra in questo mondo. Ecco perché i battisteri erano, e sono tuttora, ottagonali. Essi simboleggiano l’ingresso del battezzato in un altro mondo, dove diventa un cittadino del Regno che verrà, ‘l’ottavo giorno’.

Può dirci qualcosa sui giorni immediatamente prima e dopo la Pentecoste?

La notte di Pasqua, la Chiesa inizia le funzioni di un libro speciale di servizi per questa stagione dell’anno. Si chiama Pentecostario o, in lingua slavonica, ‘Triodio fiorito‘. Questo testo contiene tutti i servizi che portano alla Pentecoste.

Al trentanovesimo giorno dopo la Pasqua, che è un mercoledì, abbiamo il congedo della Pasqua. In quel giorno, se possiamo celebrare una Liturgia, cantiamo il servizio di Pasqua per l’ultima volta. Poi deponiamo tutto ciò che è associato con la festa e rimettiamo la Sindone di Cristo, raffigurante la sua sepoltura, e che abbiamo venerato il Grande Venerdì, di nuovo su un muro del santuario.

Il quarantesimo giorno dopo la Pasqua, che è un giovedì, abbiamo la festa dell’Ascensione. Cristo ritorna al cielo e a suo Padre. Tuttavia, egli non ritorna così come è disceso dal cielo. Egli è disceso senza la natura umana, ma ritorna al Padre insieme con la natura umana. Quindi, la nostra natura umana siede alla destra di Dio Padre. Naturalmente, si tratta di una natura umana del tutto pura e senza peccato, crocifissa e risorta. Precedentemente, la nostra natura umana è stata separata da Dio, ma ora la nostra natura si unisce con lui.

Il giorno prima della Pentecoste, il sabato, ricordiamo i nostri antenati, perché lo Spirito Santo visiti e conforti quelli che si sono addormentati. Il giorno stesso di Pentecoste stessa, chiamato giorno della Trinità, dopo la Liturgia, abbiamo i Vespri con le preghiere in ginocchio, preghiere speciali di invocazione dello Spirito Santo su di noi e sui defunti. Questa è la prima volta in cui ci inginocchiamo a partire dalla Pasqua, in tutto questo periodo stiamo in piedi, perché siamo risorti con Cristo. Stare in piedi celebra la grazia della Risurrezione.

Il Lunedì dopo il giorno della Trinità, o Pentecoste, abbiamo il giorno del santo Spirito. Questo corrisponde al vecchio Whit-Monday, come si chiamava il lunedì di Pentecoste in Inghilterra. Questo è un altro esempio dell’uso ortodosso di celebrare la persona responsabile di una festa nel giorno dopo la festa. Così, si celebra la Madre di Dio il giorno dopo la Natività di Cristo, il Precursore Giovanni il Battista il giorno dopo la Teofania, san Simeone e sant’Anna il giorno dopo la Presentazione di Gesù al tempio, l’Arcangelo Gabriele il giorno dopo l’Annunciazione, san Gioacchino e sant’Anna il giorno dopo la Presentazione della Madre di Dio al tempio, sant’Andrea il folle in Cristo il giorno dopo la santa Protezione della Madre di Dio, e così via.

Il martedì di Pentecoste è noto come il terzo giorno di Pentecoste. In effetti, tutta la settimana dopo la Pentecoste è una settimana festosa, priva di digiuno. La Domenica dopo Pentecoste è la Domenica di Tutti i Santi. Questo perché i santi sono il frutto dello Spirito Santo. Lo possiamo vedere con chiarezza, perché una volta che i discepoli ricevettero lo Spirito Santo, sono diventati apostoli, cioè, sono stati ‘inviati’ da Dio, sono diventati santi.

Durante il secolo scorso, in un tempo di generale apostasia, è divenuto costume in diverse Chiese ortodosse locali di commemorare anche i loro santi locali la seconda domenica dopo Pentecoste e in effetti anche nelle domeniche successive. Così, la Chiesa russa ha iniziato a celebrare tutti i santi glorificati nella Rus’. Il servizio è stato scritto dal nostro metropolita Anastasij ed è stato introdotto come una misura per la salvezza della Russia. Altri paesi o regioni, come la Romania, il Nord America o le isole britanniche, hanno imitato questo uso. C’è anche sul Monte Athos una commemorazione di tutti i santi del Monte Athos.

La terza Domenica dopo la Pentecoste i greci hanno un officio per tutti coloro che hanno sofferto sotto il giogo turco. Poi ci sono altri offici locali, come tutti i santi della Bielorussia o di Novgorod e così via. In generale, tutto questo periodo dopo il giorno della Trinità è quindi una serie di celebrazioni locali dei frutti dello Spirito, i santi, e questo è anche il motivo per cui, in luglio e agosto, commemoriamo molti dei più grandi santi della Chiesa.

Perché decoriamo la chiesa con fiori e teniamo fiori durante la funzione di Pentecoste?

I fiori e il verde denotano la vita e come noi diciamo e cantiamo nel Credo: ‘credo nello Spirito Santo, datore di vita…’, e di nuovo nella preghiera ‘Re celeste’, che tutti noi dovremmo conoscere a memoria, chiamiamo il Santo Spirito ‘dispensatore di vita’. Questo è il motivo per cui il clero di solito indossa paramenti verdi. Il verde significa la vita, e senza lo Spirito Santo, noi siamo spiritualmente morti.

Nella preghiera che lei ha citato, ‘Re celeste’, chiediamo la salvezza. Ma non è solo Cristo, e non  il santo Spirito, il nostro Salvatore?

Noi usiamo molte preghiere, brevi e lunghe, in cui chiediamo la salvezza. Per esempio: ‘Santissima Trinità, salvaci’. ‘Santissima Madre di Dio, salvaci’. E tuttavia, come ha detto, c’è solo un Salvatore, Cristo nostro Dio. Com’è allora che possiamo essere salvati dalla santa Trinità? Risposta: per mezzo del Salvatore, per mezzo di Cristo, fatto scendere su di noi dalla santa Trinità. Come possiamo essere salvati dalla Madre di Dio? Certo, lei non può salvarci? Sì, lo può – attraverso le sue preghiere di madre al Salvatore. Cristo ci salva attraverso gli altri. Così pure, il Cristo Salvatore ci salva per mezzo dello Spirito Santo, o, se volete, lo Spirito Santo ci salva per mezzo di Cristo. Dopo tutto, è stato solo attraverso il Salvatore, che abbiamo ricevuto lo Spirito Santo e la conoscenza della santa Trinità. È stato solo attraverso la Madre di Dio che il Salvatore è diventato uno di noi, tranne che nel peccato.

Nell’Epistola di oggi, si dice che gli apostoli sembravano ubriachi quando hanno ricevuto lo Spirito Santo. Eppure nella Chiesa si parla sempre di sobrietà spirituale. Perché questa differenza?

Prima di tutto, non credo che dovremmo osare paragonare noi stessi agli apostoli, che con i propri occhi hanno visto la crocifissione, hanno visto il Cristo risorto. Quando hanno ricevuto lo Spirito Santo, hanno visto lingue di fuoco visibili. Questo è stato un evento unico. Noi lo commemoriamo, ma poiché non siamo santi, non possiamo aspettarci di vedere lingue di fuoco o di essere ‘ubriachi’ nello Spirito, come lo erano loro. Pensare che noi siamo in grado di sperimentare quello che hanno vissuto loro sarebbe incredibilmente pretenzioso da parte nostra. Questo è come l’illusione di ‘essere salvati’ che hanno alcune persone. Neppure uno solo di noi che abbia la minima dose di umiltà può pensare che siamo già salvati. Sarebbe un segno di orgoglio spaventoso pensare una cosa del genere.

In generale, dobbiamo diffidare di emozioni, emotività ed eccitazione fisica. Ci sono persone che si riducono in stati fisici ed emotivi esaltati e immaginano di essere quasi santi. Nel XIX secolo, questo era chiamato revivalismo tra i protestanti, ed è stato utilizzato in seguito il termine ‘pentecostalismo’, mentre oggi di parla di movimento carismatico. Questo accade sempre tra i protestanti o tra i protestantizzati. Ad esempio, vi è un forte movimento carismatico nel cattolicesimo romano e le persone in esso coinvolte sono molto protestantizzate. Non è un fenomeno ortodosso, perché non è spirituale. È una cosa molto pericolosa confondere i movimenti del corpo o le sensazioni emotive con la spiritualità. Sono cose molto diverse. Alcune sensazioni corporee ed emozioni possono essere ispirate dal demonio. Dobbiamo stare attenti.

Il pericolo di tutta questa emozione ed eccitazione fisica è che crea stati auto-indotti di illusione, di orgoglio spirituale. Il modo per combatterli è la sobrietà, ed è per questo c’è una tale enfasi sulla sobrietà nella Chiesa ortodossa. È per questo che non ridiamo in chiesa, non facciamo scherzi, rimaniamo seri. A un pasto dopo le funzioni, è un’altra storia, siamo più liberi. Nel corso di una festa parrocchiale, tutti possiamo raccontare barzellette e ridere. Ma ogni bambino (o adulto) che si fa prendere da un attacco di risate in chiesa deve andarsene subito, calmarsi e tornare quando è pronto a pregare. È una cosa che non si addice alla chiesa, che è la casa di Dio. C’è un tempo e un luogo per ogni cosa.

Nel giorno di Pentecoste, è scritto che gli apostoli parlarono in lingue. Perché non lo vediamo oggi nella Chiesa ortodossa?

La prima parte della mia risposta è la stessa di quella alla domanda precedente. Perché non siamo gli apostoli. Noi siamo indegni, non siamo al loro livello. Provate a immaginare se uno di noi iniziasse veramente a parlare in lingue, quanto orgogliosi saremmo diventati. Non si verificherà tra noi, perché il segno della presenza dello Spirito Santo non è l’orgoglio, ma naturalmente l’umiltà e la modestia, l’assenza di peccato. Cosa che noi oggi non abbiamo.

Tuttavia, penso che ci sia un secondo motivo: ovvero, che gli apostoli dovevano parlare in lingue per farsi capire. Oggi, se vogliamo imparare una lingua, siamo in grado di andare a scuola, prendere lezioni da un insegnante di un altro paese, comprare un CD, un libro o un traduttore, imparare da Internet. Ma gli Apostoli dipendevano dallo Spirito per comunicare. Molti di loro, come cantiamo nel tropario della festa, erano semplici pescatori, resi ‘più sapienti’ dallo Spirito Santo. Al giorno d’oggi, nei nostri tempi internazionali, non sono sicuro che il dono più utile dello Spirito sia quello di parlare in lingue. Piuttosto, potrebbe essere proprio il dono di continuare a praticare la nostra fede in un tempo in cui quasi nessuno lo fa. Le nostre chiese sono relativamente vuote. La testimonianza dello Spirito risiede nei pochi che ancora le frequentano. Non mi dite che quelli che non vanno in chiesa sono cristiani. Non lo sono.

Su questa questione del parlare in lingue, molti anni fa mi è stato raccontato un episodio da una persona che aveva partecipato a una riunione carismatica in cui c’era una sessione in cui si parlava in lingue. Alcune persone si alzarono e cominciarono a fare strani rumori, quasi animaleschi, come abbaiare. Poi una persona si alzò e cominciò a parlare in una lingua sconosciuta. Poi un altro si alzò in piedi e gridò: ‘fermatelo, sta bestemmiando la Madre di Dio’. A quanto pare, l’uomo che aveva interrotto aveva lavorato come scienziato in Sud America e aveva riconosciuto la lingua: l’altra persona aveva parlato in una lingua nativa dell’Amazzonia. Di fatto, la persona che parla aveva davvero bestemmiato la Madre di Dio. Qui vi è un chiaro caso di interferenza demoniaca, un demone che prende possesso di un essere umano, al fine di bestemmiare.

Penso che ci sia un punto molto importante qui. Come facciamo a distinguere gli esseri umani dagli animali? Una delle cose più importanti è la parola. Gli esseri umani hanno la parola. Questo è perché siamo fatti a immagine e somiglianza della Parola, che è Cristo. Gli animali non lo sono. Ridurre gli esseri umani a uno stato senza parole, o senza il Verbo, è un atto demoniaco. Non siamo animali, sebbene costantemente al momento attuale vediamo alcuni esseri umani comportarsi bestialmente gli uni con gli altri.

Io non voglio sembrare presuntuoso, ma dovremmo davvero prenderci cura della nostra lingua, del nostro modo di parlare, del modo di scrivere. Questo è più di una questione di salvaguardia della cultura umana: si tratta di salvaguardare la scintilla divina dentro di noi, le nostre origini e un destino divino. Così, quando gli esseri umani sono ridotti a stati animaleschi o di trance in un cosiddetto incontro carismatico, io non voglio essere presente. Ho anche sentito dire che molte persone che hanno vissuto il movimento carismatico ne sono stati resi malati mentali, cioè, sono stati privati ​​della loro ragione, il loro ‘logos’ o ‘parola’.

I demoni vogliono togliere da noi ‘la Parola’. Immaginate come si prendono gioco di esseri umani che strisciano intorno a quattro zampe e abbaiano, e che allo stesso tempo realmente credono che stanno lodando Dio. Tale stato era noto ai Padri latini come ‘illusio’ (da dove abbiamo la parola illusione), ai Padri greci come ‘plani’, ai Padri slavi come ‘prelest’. È molto difficile uscire da questo stato di illusione, una volta che catturato, perché uno è così convinto, per quanto ridicolmente si comporti, di avere ragione e di essere pure virtuoso. È l’orgoglio della mente.

Chi è la figura con un manto rosso nello spazio nero, sotto gli apostoli, in fondo all’icona della Discesa dello Spirito Santo?

Se si guarda attentamente, si vedrà, di solito in lettere greche, la parola ‘Il cosmo’ sopra di lui nello spazio nero. Questa figura coronata simboleggia tutta la conoscenza dell’universo, o ‘cosmo’. Questo include tutto il sapere del mondo antico, dei pagani greci, romani, egizi, babilonesi, indiani, cinesi, tutta la conoscenza che era nel mondo, fino alla discesa dello Spirito Santo. Gran parte di questa conoscenza era in sé puramente neutrale e riguardava tecnologie per produrre cibo e ottenere acqua, fare vestiti e strumenti, costruire barche e case, curare il corpo umano, scrivere documenti e storie, creare calendari, riflettere su Dio ecc. Il giorno di Pentecoste, tutte queste conoscenze utili sono state santificate e sono divenute utili alla Chiesa e alla costruzione di una civiltà cristiana ortodossa.

Così, tutta la nostra civiltà ha avuto inizio con la Pentecoste, la rivelazione della Santissima Trinità, la venuta dello Spirito Santo sull’umanità. Da quel giorno, tutta la nostra civiltà è diventata trinitaria. Come uno scrittore religioso messo: ‘Non c’è nulla tra la Santissima Trinità e l’inferno’. Se rifiutiamo la Santissima Trinità, rivelata il giorno della Pentecoste, rifiutiamo quindi tutta la nostra civiltà e la nostra vita diventa infernale. Questo dovrebbe far pensare tutti noi.

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Come trovare un padre spirituale

Come trovare un padre spirituale: Una conversazione con p. Nikolaj Vedernikov
L’arciprete Nikolaj Vedernikov, uno dei sacerdoti più anziani a Mosca, ha recentemente parlato con Pravmir sul senso della paternità spirituale nella vita spirituale. Nato a Mosca nel 1928, è stato ordinato diacono nel 1958 dal patriarca Alessio I e al sacerdozio nel 1961 dall’arcivescovo (poi patriarca) Pimen. Ha ricevuto una formazione in teologia e musica, è ben noto sia come predicatore (nel cui il ruolo condivide molte somiglianze con il suo caro amico, il metropolita Anthony di Surozh) che come compositore di musica, sia di chiesa che classica (in aggiunta a una moltitudine di brani ecclesiastici, ha anche composto due sinfonie). Serve presso la chiesa di san Giovanni il Guerriero sulla Jakimanka a Mosca.

Padre Nikolaj, è necessario, secondo lei, per un cristiano avere un padre spirituale?

È auspicabile confessarsi a un solo sacerdote. Va da sé che è il Signore che accetta la nostra confessione e che il sacerdote è solo un testimone. Se uno si pente sinceramente dei propri peccati, allora il mistero è valido indipendentemente dal fatto che egli conosca il sacerdote al quale si è confessato o da quanto è pio il sacerdote. Ma è meglio se il sacerdote conosce il parrocchiano, e vi è un vero e proprio rapporto di fiducia reciproca.

Se qualcuno prende sul serio la sua vita spirituale, trova di solito un sacerdote con il quale questo rapporto può prendere forma – forse non subito, ma ne troverà uno. Questo è molto importante per la crescita spirituale. Quando una persona sconosciuta viene da me per la confessione, gli chiedo sempre se ha un istruttore spirituale. Con la maggior parte delle persone, si scopre che non ce l’hanno, anche se si sono confessati e vengono in chiesa da anni. Questo mi rattrista sempre. È un peccato che le persone coinvolte nella vita della Chiesa da molti anni non abbiano fatto lo sforzo di trovare qualcuno che li istruisca nelle questioni spirituali.

L’arciprete Nikolaj Golubtsov (1963)

Mia moglie ed io siamo sempre stati fortunati con i padri spirituali. Padre Nikolaj Golubtsov [1900-1963] la benedisse per avere dei figli, anche se ha sofferto di ipertensione fin dall’infanzia, e i medici hanno convenuto all’unanimità che non doveva partorire, e che questo l’avrebbe messa in pericolo di vita. Ma ci sono nate tre figlie, si potrebbe dire, con la benedizione di padre Nikolaj.

La relazione tra un figlio spirituale e il suo padre spirituale di solito dura fino a quando uno di loro muore. Padre Nikolaj è morto nel 1963, dopo di che il nostro padre spirituale è stato padre Vladimir Smirnov [1903-1981] della chiesa del profeta Elia a Obydenskij [Mosca]. Dopo la sua morte, è stato padre Vasilij Serebrennikov [1907-1996], un discepolo degli anziani e un batjushkachiaroveggente. Consigliava di scrivere i propri peccati in un diario ogni giorno. Non in dettaglio, solo: “Ho giudicato, ho invidiato…” Abbiamo cercato di seguire il suo consiglio. Era malato, ragion per cui normalmente andavamo a casa sua per la confessione, e non molto spesso, ma ci limitavamo a leggere i nostri appunti senza cercare di ricordare qualcosa.

L’arciprete Vladimir Smirnov (1981)

Padre Vasilij è vissuto per quasi novant’anni, ed è morto nel 1996. Poi, il recentemente defunto padre Gerasim Ivanov [1918-2012] e io ci siamo confessati l’uno all’altro. Era una persona straordinaria, un artista di talento, e un buon pastore, aveva dieci anni più di me, ma, con tutto il rispetto per lui, io non lo consideravo il mio padre spirituale. È stato gravemente ammalato negli ultimi mesi prima della sua morte, e non serviva.

L’arciprete Vasilij Serebrennikov (1996)

Nella Chiesa di San Giovanni Warrior Yakimanka, dove ora servo in soprannumero, ci sono molti sacerdoti, quindi c’è sempre qualcuno a cui confessarsi. Mi fido di loro e sento che trattano il loro ministero in modo responsabile, ma finora non ho un padre spirituale. Mi auguro che, se, per volontà di Dio, la mia vita continuerà (ho già 84 anni), che il Signore mi manderà un padre spirituale. Anche il Patriarca ha un padre spirituale, così come gli altri vescovi. Tutti coloro che prendono sul serio la vita spirituale, cercano un istruttore spirituale.

Per un prete, forse, questo è davvero necessario, in quanto egli deve consigliare gli altri.

L’arciprete Gerasim Ivanov (2012)

Ciò è necessario per tutti, perché siamo tutti peccatori: perché non c’è uomo che non pecca (2 Cronache 6:36). Potreste non fare nulla di sbagliato, potreste comportarvi degnamente nella società e ottenere rispetto, ma ci sono pensieri a cui non prestate attenzione – e non è senza ragione che nei monasteri si pentono di pensieri.

Nel corso della giornata, molti pensieri differenti e chiaramente peccaminosi vengono in testa a tutti. Arrivano involontariamente, dal diavolo, che sta cercando di instillare in noi avidità, invidia, condanna e altri cattivi sentimenti. Cerco di scacciare questi pensieri con la preghiera di Gesù. Padre Vasilij generalmente raccomandava di dirla costantemente.

Questa breve preghiera – “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi misericordia di me peccatore” – contiene tutta la nostra confessione di fede ortodossa, ogni dogma è costruito su di essa. Se la dite con attenzione, allora il Signore gradualmente purificherà il vostro mondo interiore. Ma quando i pensieri mi travolgono, inquinano questo mondo, e, anche se non faccio nulla di male a nessuno, il mio mondo interiore inquinato agirà sui miei vicini, su quelli con cui interagisco, anzi su tutti intorno a me. Questo è molto importante da ricordare: siamo salvati insieme. San Serafino di Sarov ha detto: “Acquisisci lo spirito di pace e a migliaia saranno salvati intorno a te.”

Siamo in grado di raggiungere la purezza del pensiero e la modifica del nostro mondo interiore, se seguiamo il consiglio dell’apostolo Paolo: Rallegratevi sempre: pregate senza sosta: in ogni cosa rendete grazie (1 Tessalonicesi 5:16-18). Non vi è alcun motivo di perderci d’animo o di disperarci se Cristo è con noi. Perciò io consiglio a tutti di leggere almeno un capitolo del Vangelo del giorno. Questo è ancora più importante che osservare una regola di preghiera, perché il Vangelo è una lettera di Cristo stesso, ma è attraverso il Vangelo che entriamo in contatto con lui.

Alcune persone pensano che la cosa più importante sia accendere candele davanti alle icone e fare prosternazioni complete. Ma la cosa più importante nel cristianesimo è il nostro amore per Cristo, il nostro incontro con Cristo. Il Signore valorizza gli appelli personali: ognuno può trovare un minuto libero (per esempio, prima di dormire) e dirgli quello che è successo nella sua vita di oggi, le difficoltà che ha dovuto affrontare, o chiedere perdono e aiuto – e certamente il Signore ci risponderà. Forse non subito, ma risponderà. È per questo motivo che consiglio a tutti di leggere un capitolo del Vangelo al giorno.

La vita spirituale richiede una guida. Un padre spirituale è un sacerdote che guida la vostra vita spirituale. Può essere molto semplice, molto poco attraente, senza alcuna particolare l’istruzione – ma se mi fido di lui, questo significa che il Signore può dirmi qualcosa di molto importante per mezzo di lui.

Come può un nuovo parrocchiano capire che si può fidare di questo sacerdote, che quest’ultimo sta cercando di capire la volontà di Dio per noi, e non sta imponendo la propria volontà?

In effetti, alcuni impongono la loro volontà in piena fiducia che la volontà di Dio sia stata loro rivelata. Un sacerdote che è appena stato ordinato, che non ha né esperienza né conoscenza, potrebbe immaginare di essere una guida spirituale. Questo si chiama “anzianità giovane” [mladostarchestvo], un fenomeno malsano che era molto diffuso negli anni novanta. Ora si sta diradando, ma a poco a poco.

Solo l’esperienza interiore può dire se ci si può fidare abbastanza di un sacerdote per chiedergli di guidare la vostra vita spirituale. Questo è difficile, soprattutto per chi è appena agli inizi nella vita della Chiesa, ma non c’è altro modo. A tali domande non si possono dare risposte formali; io non posso dare alcun consiglio generale.

I sacerdoti stessi probabilmente non dovrebbero affrettarsi a diventare padri spirituali. Io, per esempio, non mi considero degno di essere un padre spirituale. Ci sono parrocchiani che si confessano da me regolarmente: ci sono forse 10-15 persone che sono abituate a venire da me. Ma quando la gente mi chiede di diventare il loro padre spirituale, in linea di principio mi rifiuto. Io sono sempre pronto a confessare qualcuno, a confortarlo, a offrire una sorta di consiglio – ma la relazione di un figlio spirituale con il suo padre spirituale presuppone obbedienza.

Se un prete accetta di essere mio padre spirituale, credo che non si limiterà a darmi consigli umani, ma il Signore mi consiglierà per mezzo di lui e dovrei mostrargli obbedienza. Che io manifesti o no obbedienza dipende dalla mia libera scelta. Nel caso dell’obbedienza a un padre spirituale, il Signore concede il suo aiuto pieno di grazia. Ma se io non ascolto i suoi consigli, il padre spirituale non è responsabile. Senza obbedienza, tali relazioni sono prive di significato.

Alcuni parrocchiani ascoltano i miei consigli e si sforzano di seguirli, e questo mi compiace sempre, ma non mi sono mai formalmente chiamato padre spirituale di qualcuno. Non mi sento preparato per tale responsabilità.

L’obbedienza si riferisce solo a questioni spirituali? Un padre spirituale dovrebbe dare consigli di tutti i giorni, come per esempio se cambiare o no lavoro o dove andare in vacanza?

Un padre spirituale esperto che conosce i suoi figli spirituali può anche affrontare i loro problemi quotidiani con comprensione. Per esempio, sorgono conflitti sul luogo di lavoro e la gente spesso sbatte immediatamente la porta e se ne va. Le modifiche che vengono in seguito non sono sempre per il meglio. Quando qualcuno agisce volontariamente, si rammarica spesso in un secondo momento. Al contrario, se non cede immediatamente alle sue emozioni, e dà retta ai consigli di qualcuno, poi alla fine tutto torna alla normalità.

In questi casi, io di solito consiglio alle persone di non correre, ma di attendere – il tempo guarisce molte cose, molti conflitti si risolvono con il tempo. Non solo al lavoro, ma anche in famiglia. Un marito potrebbe avere delle avventure extraconiugali. Che cosa dovrebbe fare la moglie? La Chiesa permette per il divorzio in questi casi, ma se lei è disposta a essere paziente e tollerante, allora la loro vita familiare potrebbe essere salvata e tornare alla normalità. Non deve necessariamente avvenire in questo modo, ma so di casi in cui è successo. Il divorzio, tuttavia, è sempre una tragedia.

L’arciprete Nikolai Vedernikov e la sua matushka, 1998

Per inciso, l’obbedienza è necessaria anche nella vita familiare – obbedienza vicendevole. Inoltre, non si può esigere obbedienza dagli altri e non lo mostrarle noi stessi. Diciamo che vostra moglie vi dice qualcosa con cui non siete d’accordo. Contraddirla, volere le cose a modo vostro, creare conflitti – questo è sbagliato. Si deve sempre essere in grado di ascoltare.

Obbedienza [poslushanie] deriva dalla parola “ascolto” [slukh]; inizia con la capacità di ascoltare ciò che l’altra persona sta dicendo. Non ci piace tacere. Il nostro amico metropolita Anthony di Surozh ci ha insegnato: “Siamo tutti in grado di parlare bene, ma non siamo in grado di ascoltarci l’un l’altro. Perciò è molto importante ascoltare con attenzione”. Questo è molto importante anche nella vita familiare. Il marito deve essere in grado di ascoltare la moglie, e la moglie il marito, e tutte le questioni dovrebbero essere decise con una discussione. Se vostra moglie non vi convince – non vi preoccupate. A volte, per il bene della pace, è meglio essere d’accordo con lei. La pace in famiglia è più importante di qualsiasi nostra ambizione.

Con un padre spirituale, il rapporto è diverso: qui mostro obbedienza. Ma un prete può dare i consigli giusti – non da sé, ma da Dio – solo se capisce qualcuno. E per capirlo, ha bisogno di ascoltarlo con attenzione. E io, a mia volta, ho bisogno di ascoltare attentamente le parole del mio padre spirituale, al fine di comprendere il suo consiglio.

Ci sono state occasioni nella sua vita in cui, dopo aver chiesto consiglio al suo padre spirituale, le è sembrato di non avere la forza di manifestare obbedienza, o che questa era troppo pesante per lei?

No, non mi ricordo niente di simile. Ma mi è accaduto di cadere in un peccato da cui era difficile liberarmi. Per liberarmene, ho avuto bisogno di tempo e di aiuto nella preghiera da parte del mio padre spirituale. I sacerdoti a cui ho confessato i miei peccati hanno sempre pregato per me e sentivo il loro sostegno spirituale, grazie al quale sono stato in grado di uscire da questa condizione e di essere liberato dal peccato. Questa è una grande cosa: la libertà dal peccato!

Avere a che fare con se stessi può essere difficile. Il nemico più implacabile della vita spirituale è il mio egoismo, l’orgoglio, e l’incapacità di esercitare me stesso. Le persone seguono percorsi diversi. Riusciamo a vincere un peccato, questo se ne va, ma poi qualcos’altro appare nell’anima. Questo richiede una grande attenzione. È qui che un padre spirituale può incoraggiarci, a volte anche con le lacrime.

Ricordo che, una volta in cui confessai i miei peccati, da giovane, il prete pianse. Mi sembra che il suo nome fosse padre Veniamin. Mi avvicinai a lui con timore e tremore reale e lui, ascoltando la mia confessione, pianse. Pianse per i miei peccati. Ognuno ha la sua strada, alcuni un po’ più difficile e altri un po’ più facile, ma in entrambi i casi abbiamo la necessità di esercitare noi stessi. Non ci piace quando dobbiamo passare per la porta stretta. Ma cerchiamo prima il regno di Dio (Matteo 6:33). È dentro di noi.

Se il consiglio di un padre spirituale non ha senso, glie lo si dovrebbe dire onestamente e chiedere chiarimenti? Oppure lo si dovrebbe accettare per fede?

Penso che sia meglio chiedere chiarimenti. A volte è sufficiente una spiegazione, ma a volte c’è bisogno di tempo per capire un consiglio che uno non è ancora pronto a ricevere.

Un sacerdote non dovrebbe vantarsi di essere esaltato al di sopra dei suoi parrocchiani. Ammettiamo che abbia più esperienza, proprio come un professore ha più conoscenza di suoi studenti. Ma quando questa esperienza viene convogliata modestamente allora, volenti o nolenti, ascolteremo e capiremo che non siamo ancora abbastanza maturi per capire questo consiglio, che non siamo pronti a seguirlo, in quanto siamo ancora inesperti e immaturi nella vita spirituale. Quando si capisce questo, sarà più facile essere umili e comunque cercare di seguire il consiglio.

Non bisogna fidarsi completamente del proprio cuore. Va da sé che bisogna ascoltarlo, ma è necessario mantenere la sobrietà. L’apostolo dice: Siate sobri, vegliate, perché il vostro avversario, il diavolo, come un leone ruggente va cercando chi possa divorare (1 Pietro 5:8). I poteri spirituali operano anche attraverso il cuore umano, per cui è necessario il controllo spirituale.

Quanto sono cambiati i parrocchiani durante i suoi cinquant’anni di ministero sacerdotale? Ce ne sono chiaramente molti di più rispetto al periodo sovietico, ma alcuni preti dicono che oggi le persone in maggior parte non vengono in chiesa con domande spirituali, ma con problemi psicologici.

Le persone vengono con vari problemi. Ma, in ogni caso, cerchi di aiutarle a ricordare di pensare a ciò che è più importante. Parli con loro del senso della vita, di come la morte è sempre dietro l’angolo, e di come sia sempre necessario ricordare l’ora della morte. Se effettivamente ricordassimo sempre la morte e che dobbiamo rispondere a Dio, allora dovremmo smettere di peccare. Ma non ce ne ricordiamo questo. Siamo così consumati dalla preoccupazione per il nostro bene in questa vita terrena, che la cosa più importante, quella per la quale vive l’uomo, sfugge dalla nostra mente.

“Nelle tue mani, Signore Gesù Cristo mio Dio, affido il mio spirito. Benedicimi, abbi misericordia di me, e concedimi la vita eterna. Amen”. Così noi preghiamo prima di dormire. “Nelle tue mani, o Signore,” perché io non so se mi alzerò la mattina. Ricordare questo non nega la gioia della vita. Si può gioire e interagire con le persone, ma ricordando per tutto il tempo che non sappiamo per quanto tempo vivremo e rendendo grazie al Signore per tutti i giorni della vita.

Io consiglio sempre di chiedere al Signore la mattina che il giorno passi senza peccato, e, alla fine della giornata, ringraziarlo per tutto, sia per ciò che è stato buono e per ciò che è stato difficile. La gente di solito lo fa.

Ci sono stati esempi nella sua pratica pastorale di un pentimento così profondo che l’ha confermata nella fede?

Il metropolita Anthony di Surozh mi ha parlato di un pentimento del genere. Un sacerdote a cui una volta si era confessato beveva molto e soffriva di una dipendenza da alcol. Il metropolita Anthony ha detto: “Ma durante la confessione non piangeva con lacrime da ubriaco, ma con lacrime per i miei peccati”. Inutile dire che non ha fatto il nome di questo sacerdote, ma quella confessione lo scosse come nessun altro – e lui era un esperto padre spirituale che aveva confessato migliaia di persone. Io non ho mai sentito una simile confessione.

Ma lei ha confessato condannati a morte.

Sì, ma è stato quasi venti anni fa e ho già dimenticato i dettagli. Ricordo solo che queste persone si sono pentite sinceramente. Erano in attesa di esecuzione, ma fu presto introdotta una moratoria sulla pena di morte e la loro esecuzione è stata commutata in ergastolo. Alcuni di loro scrivono ancora a mia figlia lettere dalla Mordovia e si rivolgono a me con domande.

In un primo momento tutti cercavano la libertà, ma io ero contrario. Se non erano capaci di sopportare il carcere, poi avrebbero potuto ricadere in qualcosa di ancora peggio di prima. Ma là hanno una vita spirituale stabile e sono visitati da un sacerdote. Non li ritengo miei figli spirituali, ma prego per loro ogni giorno – questo è molto importante. E fintanto che continuano a scrivere e a fare domande, questo significa che c’è ancora un po’ di movimento spirituale verso di me.

Per quanto mi pare di capire, sente che un prete non dovrebbe cercare di diventare un padre spirituale?

Sì, non dovrebbe. Consiglio soprattutto ai giovani sacerdoti di trovare un padre spirituale per se stessi. Questa non è un’esortazione, ma un consiglio di un compagno anziano. Senza l’esperienza dell’obbedienza, mi sembra, sarà difficile istruire gli altri nella vita spirituale.

Io stesso non ho cercato di diventare una guida spirituale, ma, come ho già detto, ci sono forse una quindicina di persone che sono abituate a venire da me e che regolarmente si confessano da me. La nostra interazione non si limita alla confessione in chiesa. Il lunedì, quando è possibile, vengono a casa mia. Parliamo della lettura del Vangelo della domenica, le persone condividono i problemi, e cercano di dare un senso a tutti per mezzo del Vangelo, per mezzo di Cristo, e poi beviamo il tè. Vedo che incontrarsi l’un l’altro ed essere in grado di condividere le esperienze rende felici molte persone. E sono felice di essere in qualche modo in grado di aiutare la gente.

Dove dovremmo ascendere? Sacerdote Dmitrij Shishkin

 
Dove dovremmo ascendere?
Sacerdote Dmitrij Shishkin

 

Il Signore ha abitato sulla terra per quaranta giorni dopo la sua risurrezione. Ma non è rimasto con i discepoli di continuo: è apparso e ha parlato con loro di tanto in tanto, a volte in un’altra forma, per cui gli apostoli non potevano esteriormente riconoscere il loro maestro (Marco 16:12). Così, sulla strada di Emmaus i discepoli riconobbero il Signore solo alla frazione del pane, lamentandosi poi di non aver dato ascolto alla voce del loro cuore che ardeva mentre Gesù parlava con loro lungo la strada. Il Signore, per così dire, ha abituato gli Apostoli a un altro tipo di comunicazione, non come quando parlava e li esortava direttamente, ma una comunicazione trasfigurata e più alta in spirito e verità (Giovanni 4:23).

La vita terrena non può andare avanti per sempre; non è l’obiettivo delle nostre aspirazioni. Noi siamo solo ospiti e vagabondi qui, mentre compiamo la nostra processione verso l’eternità. Ora, quaranta giorni dopo la sua risurrezione, il Signore ci mostra il percorso di questa ascesa attraverso la sua sscensione.

A quanto sembra, il Signore avrebbe potuto semplicemente scomparire, una volta che si era separato dai discepoli, svanendo improvvisamemente nell’aria. Ma ha comandato ai suoi discepoli di salire sul Monte degli Ulivi, dove si è presentato a loro prima di ascendere. Immaginate i discepoli in piedi con la testa rovesciata all’indietro, dimentichi di ogni cosa terrena, che guardano estasiati verso il cielo. Probabilmente non hanno potuto né disperdersi né staccare i loro occhi dal cielo per molto tempo…

Penso che ci sia un significato nascosto, più profondo in questa ascesa, in questo sforzo totale verso l’alto. I cieli spirituali non sono situati, ovviamente, sopra le nostre teste. Dopo tutto, il Signore, non è salito nel cosmo, dove i cosmonauti in seguito “non lo hanno visto”, ma in altre altezze insondabili – nel regno che è “dentro di noi.” Ma questa differenza con la nostra consueta vita orizzontale si esprime verso l’esterno attraverso un’ascensione verso l’alto, come un promemoria che abbiamo bisogno di sforzarci di andare in alto verso Dio.

Ascensione del Signore

Noi tutti dobbiamo elevarci al di sopra della vanità, al di sopra dell’agitazione, al di sopra delle preoccupazioni quotidiane, e scavalcare le nostre paure umane – la paura, in generale, è falsa – che ci ripetono: “Ma quali preghiere? Ma quale ascensione? Guardatevi intorno: dovete affondare i denti in questo firmamento terrestre, scavarlo con le vostre unghie, per vivere, per esistere, per riprendere il vostro posto sotto il sole!” Questo è un sentimento perfettamente naturale. Ma c’è un motivo per cui l’apostolo Paolo ha detto che l’uomo naturale non eredita ciò che viene dallo Spirito di Dio. Ciò che è “naturale” per noi si trova in conflitto inconciliabile con la chiamata “soprannaturale” alla perfezione.

Il Signore ci dice: Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia (Matteo 6:33). Quanto a quello che mangerete o berrete, o come vi vestirete, tutto questo vi sarà dato in aggiunta. Ma noi facciamo esattamente il contrario: siamo costantemente e diligentemente in cerca di cosa mangiare, cosa bere e come essere vestiti. Ma quanto al Regno di Dio – ebbene, pensiamo, ci sarà in qualche modo dato in aggiunta… Ahimè! Giriamo il comandamento di Dio sottosopra senza nemmeno rendercene conto! Invece di salire a Dio, noi vogliamo che lui scenda nelle nostre tenebre e le “benedica” senza cambiarle o diperderle, le “approvi” e le sanzioni, lasciando le cose esattamente com’erano … facciamo costantemente e ostinatamente “dèi” a nostra immagine e somiglianza e vogliamo vivere solo come ci piace, nel modo in cui vogliamo, in qualsiasi modo ci sembra giusto e conveniente.

Ricordiamo il canone eucaristico: “Eleviamo i nostri cuori.”

Naturalmente, abbiamo bisogno di mettere tutto da parte, almeno qualche volta, e di sollevare il nostro sguardo e il nostro cuore.

Quando guardiamo verso l’alto, non possiamo ossertrvare nulla di terreno; in quel momento, non possiamo nemmeno fare un singolo passo. Ma questo arresto, questa preghiera, questo stare in piedi nello Spirito non è uno spreco inutile di tempo quando potevamo, a quanto sembra, di fare tante cose utili e necessarie. Questo è un momento di incontro, di comunione con Dio. In questa comunione siamo in grado di acquisire la cosa più importante: una chiara visione e comprensione di ciò che dobbiamo fare e come lo dobbiamo fare. E’ questa consapevolezza che spesso manca quando ci rigiriamo a fare mille cose contemporaneamente, ma senza veramente fare qualcosa di necessario. Alla fine ci ritroviamo al punto di partenza.

Forse era per portarci a un punto morto, per farci guardare in alto, per dirigere la nostra attenzione verso l’alto, verso Dio, che il Signore ci ha esortato con parole di straordinaria ispirazione quando è asceso al cielo: Ecco, io sono con voi ogni giorno, fino alla fine del mondo (Mt 28,20). Questo significa che l’Ascensione non è né un ritiro né una rottura, ma una chiamata alla trasfigurazione, alla nostra ascesa attiva verso Dio, alla nostra umile ascesa verso l’alto. Seguiamo il Signore nel suo Regno!

Quando e come possiamo battezzare i bambini

Quando e come possiamo battezzare i bambini
Ieromonaco Petru (Pruteanu)

 

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Anche se la maggior parte pensa di conoscere la risposta a questa domanda, in realtà noi lottiamo in una grande ignoranza gemellata con indifferenza, e come risultato abbiamo pochissimi cristiani ortodossi che prendono coscienza del loro battesimo e della responsabilità assunta quando lo ricevono. Proprio per questo mi sono proposto di sottolineare alcune idee importanti che penso che ogni cristiano abbia bisogno di sapere, in particolare i genitori, i padrini e le madrine che portano i bambini per essere battezzati, ma anche i preti che compiono questi battesimi.

1. Prima di dire che cosa è il battesimo, dobbiamo ricordare che cosa non è, perché tra i cristiani circolano troppi miti e falsi insegnamenti sul battesimo e sui suoi effetti. La maggior parte porta i propri figli al battesimo in virtù di una abitudine che non desidera neppure capire, e un buon numero di “ortodossi” considera che un bambino dovrebbe essere battezzato al più presto possibile per dormire bene, per essere in buona salute, per non essere sfortunato, per non sputare dal biberon o per poter lasciare la casa. Ma Cristo non ci ha lasciato il Battesimo come sonnifero o come biglietto per uscire fuori di casa, e le persone che la pensano così, se ancora non hanno deciso di aprire la Bibbia per capire che cos’è il battesimo, provino magari a pensare in modo logico che solo in Cina e in India ci sono oltre due miliardi di persone non battezzate, e tutti dormono normalmente, vivono più a lungo di noi, non sono sfortunati, né hanno problemi a uscire di casa. Perché mai un bambino nato da un papà e una mamma battezzati e incoronati dovrebbe temere queste cose? E per quanto tempo ancora avremo fantasie così spregevoli di fronte ai Misteri della Chiesa?

2. Cristo ha ordinato il battesimo come un’opportunità, una possibilità e un dono divino, non come un obbligo o un’abitudine. Quando i genitori concepiscono un bambino non si propongono il solo scopo di darlo alla luce, “perché così va fatto” o perché il papà del bambino si faccia una bella bevuta in quel giorno, ma pensano alla sua crescita e alla sua vita negli anni a venire, e il bambino stesso, anche inconsciamente, non concepisce l’esistenza se non a fianco dei genitori. E come il parto non è un fine in se stesso, ma è una tappa attraverso la quale l’uomo passa dallo sviluppo embrionale alla vita propriamente detta, così il battesimo, come nascita spirituale “da acqua e da Spirito” (Gv 3,5) non è fine a se stesso, ma è solo l’inizio della vita spirituale. Il battesimo non è il termine di alcuni riti legati al parto, come spesso esprimono i genitori: “L’abbiamo battezzato e abbiamo fatto il nostro dovere”, ma è solo l’inizio della vita in Cristo e nella Chiesa. Tutto ha inizio solo a quel punto, e se chi ha portato il bambino al battesimo non ha un rapporto vivo e permanente con la Chiesa è quasi certo che neanche il loro bambino avrà alcun tipo di rapporto, e se lo avrà, non sarà a causa di genitori e padrini, ma di alcuni fattori esterni che non giustificano i genitori, ma piuttosto li accusano.

Quelli che fanno battezzare i neonati e dopo li strappano dal loro padre e dalla loro madre, ovvero da Dio e dalla Chiesa, sono simili a quelli che generano i bambini e poi li gettano nella spazzatura, senza preoccuparsi della loro vita. E guai ai sacerdoti che si fanno partecipi di un tale genere di crimine spirituale, non avendo spiegato ai loro genitori e padrini che cosa significa il battesimo e di quale giogo si fa carico chi garantisce per la fede e l’educazione cristiana di un bambino. Ma è ancora peggio quando la gente vorrebbe davvero sapere tutte queste cose, ma i preti non si affaticano a spiegargliele, e poi danno tutta la colpa ai genitori, come se il prete  fosse un mercenario che officia atti magici o un funzionario di banca che concede prestiti, ma non si preoccupa se i clienti hanno i mezzi per pagare, e non parla loro neppure delle conseguenze della mancata testituzione del prestito al tempo dovuto.

3. La condizione più importante per il battesimo è la sincera fede in Dio, il rifiuto di Satana e di tutte le sue opere, e la sequela di Cristo. Quando il Salvatore ha inviato gli apostoli nel mondo, mi hanno detto di battezzare tutti insieme, ma soprattutto di ammaestrare le nazioni (Matteo 28:19-20), e quindi di battezzare quelli che credono nel Vangelo (Marco 16:15-16). I neoprotestanti, limitandosi al significato diretto del testo, battezzano solo le persone mature che possono credere coscientemente nel Vangelo, ma la fede è vista da loro più come una caratteristica di alcuni versetti interpretati a volontà. Tuttavia, l’enfasi sulla fede è corretta, e la necessità della fede è altrettanto valida nella Chiesa ortodossa. La differenza tra noi e i neoprotestanti non è che alcuni richiedono la confessione di fede e altri no. Anche la Chiesa ortodossa chiede una confessione di fede al candidato al battesimo, ma accetta per eccezione (divenuta ora generale) che la confessione sia fatta dai genitori con un’altra persona, che noi chiamiamo padrino. Battezzare senza indagare sulla fede e sulla conoscenza religiosa dei genitori e dei padrini è un empietà e una presa in giro dei Misteri della Chiesa, e i sacerdoti, come “amministratori (e non distributori) dei misteri di Dio” (I Corinzi 4:1) non dovrebbero permetterlo, a prescindere dalla situazione!

Diamo una breve occhiata al caso dell’eunuco etiope, che ci viene raccontato in Atti 8:26-39. Lo Spirito Santo invia Filippo all’eunuco (v. 26-29), trovandolo mentre  legge la Scrittura (v. 28). Filippo gli spiega il passo biblico che lui non comprende e gli parla della salvezza venuta per mezzo di Cristo (v. 30-35). L’eunuco vede l’acqua e dice: “Ecco dell’acqua! Che cosa mi impedisce di essere battezzato? “(V. 36). Ma vediamo che la reazione di Filippo è stata del tutto diversa da quella dei sacerdoti di oggi. Egli dice: “Oh, lo Spirito Santo mi ha mandato, e quest’uomo è lontano dall’Etiopia, e deve essere urgentemente battezzato, perché potrebbe accadergli qualcosa per la strada o perfino di morire”, anche se c’erano numerosi pericoli. Anche il fatto che l’etiope è leggesse le Scritture e fosse desideroso di comprendere la lettura non era sufficiente perché Filippo accettasse di battezzarlo. Naturalmente, lo status sociale e la ricchezza di quell’eunuco, “ministro dell’Economia” nel regno dell’Etiopia, non ha costituito alcun privilegio per lui. Pertanto, Filippo risponde alla domanda dell’eunuco in questo modo: “Se tu credi con tutto il cuore, è possibile.” Ed egli, rispondendo, disse: «Io credo che Gesù Cristo è il Figlio di Dio” (v. 37). Solo a quel punto si fermò il carro e Filippo lo battezzò (v. 38).

Pertanto, non esistono altre giustificazioni per fare diversamente da come ha proceduto Filippo con l’etiope, e quando i genitori si rivolgono al prete per battezzare il bambino, il prete è obbligato a iniziare un lungo processo di catechesi per spiegare i principali insegnamenti della Chiesa e il loro fondamento biblico, e solo dopo si può parlare di battesimo. Per esempio, i canoni 46 del concilio di Laodicea e 78 del Concilio trullano (VI Ecumenico) prevedono il catechismo obbligatorio dei candidati al battesimo e perfino il loro esame settimanale. Solo se il catecumeno è gravemente malato, il sacerdote può celebrare il battesimo senza catechesi, ma anche allora è obbligato a chiedere al candidato (o a colui che confessa al suo posto), se crede nella Santa Trinità, nella salvezza per mezzo di Cristo, nella risurrezione dei morti e nella vita eterna. E se il neofita rimane in vita, il sacerdote è obbligato a fare la catechesi dopo il Battesimo (Canone 47 di Laodicea). E, naturalmente, questi casi sono estremamente rari, e il più delle volte, non c’è motivo di affrettare il battesimo e di non fare una catechesi.

4. Molti sacerdoti invitano i genitori a battezzare i neonati quanto prima, ma non parlano loro di fede, responsabilità, vita eterna, e così via. Tutto è visto in termini di benefici immediati. Dobbiamo precisare che la Chiesa accetta e raccomanda il battesimo dei neonati, ma non lo impone mai, soprattutto se non è fatto con una corrispondente preparazione. Nel terzo secolo, Tertulliano insisteva sulla ritardo del battesimo dei bambini (cfr De Baptismo, cap. 18) in disaccordo con i battesimi fatti con una fretta immotivata. Nel IV secolo, san Gregorio il Teologo, figlio di un vescovo, ma battezzato solo a 30 anni, raccomanda il battesimo dei bambini all’età di almeno tre anni, “in modo che essi possano più o meno sentire e ripetere le parole del Mistero, e se non è così, almeno, capirle nella loro immaginazione” (cfr Omelia 40, PG 36, col. 400). Questa raccomandazione è stata rispettata nella Chiesa fino al IX secolo, quando si è generalizzato il battesimo a un anno o a 40 giorni, ma mai senza la catechesi. Attualmente, tuttavia, anche a causa del periodo della turcocrazia, tutto si è trasformato in “servizi religiosi automatici”, ponendo attenzione solo sulla quantità e senza nemmeno parlare di qualità. Almeno nella Chiesa Ortodossa Romena non conosco alcun ierarca che chiede ai sacerdoti una serie di catechesi battesimali e che monitora la loro qualità e regolarità. La situazione è ancora peggiore nella Chiesa ortodossa in Moldova, anche se il Concilio dei  Vescovi della Chiesa Ortodossa Russa del 2011 ha preso decisioni molto chiare in merito. E allora perché ci sorprendiamo dei “cristiani” che abbiamo o di fatto che alcuni di loro, battezzati e comunicati da piccoli nella Chiesa ortodossa, sono divenuti attivisti omosessuali o atei rabbiosi, per non parlare delle carceri tutte piene di “ortodossi”! E come non arrivare a questo punto se diamo loro il Vangelo solo da baciare, ma non lo leggiamo e non lo spieghiamo, per accendere da questo la fiamma della fede e dell’amore per Dio e per il prossimo, poiché “La fede dipende dalla predicazione e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo” (Romani 10:17). Essere nati da genitori credenti non significa nulla, se questi non ci spiegano nulla di ciò che dovremmo credere e perché crediamo in un certo modo e non in un altro.

5. La fede di cui parla il vangelo e che è richiesta al battesimo non è la convinzione che Dio esiste o, come dicono alcuni, “credo che ci sia qualcosa, un potere, una ragione suprema e così via.” Tutti questi elementi hanno nulla in comune con la vera fede. Anche i demoni credono che Dio esiste, ma non si può dire che siano “credenti”, anche se “temono e tremano” di fronte grandezza di Dio. Essere credenti significa, da un lato, fidarsi di Dio più di tutto e tutti in questo mondo, e d’altra parte, la fede significa fedeltà a Dio. Una moglie fedele al marito non è una che crede che suo marito esista o che ha bisogno solo dei soldi del marito, ma chiamiamo “fedele” la moglie che ha piena fiducia nel marito, lo ama con tutto il cuore e non lo inganna nemmeno col pensiero, ma vuole solo stare con lui e soddisfare ogni suo desiderio ed è disposta anche a morire per lui. Dio esige da noi una simile fedeltà, e l’analogia con la vita familiare in realtà appartiene all’apostolo Paolo, che paragona Cristo a uno sposo e la Chiesa a una sposa fedele (Efesini, capitolo 5). Ogni cristiano battezzato diventa sposa di Cristo, ma non in modo personare, ma attraverso la Chiesa. E’ lei la sposa di Cristo, solo nella misura in cui siamo membra vive della Chiesa. Pertanto, san Cipriano di Cartagine ha detto che “fuori della Chiesa non c’è salvezza” perché Dio-Amore, triplice nelle persone, non riversa il suo amore su coloro che “credono solo nell’anima”, ma solo sulla congregazione fedele e che ama Cristo. E amare Dio significa osservare i Suoi comandamenti (Giovanni 14:15,21) e desiderare la vita eterna con Lui.

6. Perché un bambino conosca e obbedisca ai comandamenti di Dio, questi gli devono essere insegnati da chi li conosce. Genitori e padrini che non hanno mai letto il Vangelo, né partecipano alla vita e alle funzioni della Chiesa non potranno mai insegnare a un bambino se non a giustificarsi e a scusarsi come fanno loro d’abitudine. Viviamo in tempi in cui la maggior parte dei cristiani ha completato almeno la scuola superiore, è in grado di leggere, è in grado di gestire un computer e un telefono cellulare, ma non conosce i 10 comandamenti, il Simbolo della fede (Credo) e le altre cose di base, per non parlare degli insegnamenti più profondi delle sacre Scritture. Pertanto, soprattutto se i genitori del bambino sono ancora “lontani dalla Chiesa”, essi dovrebbero scegliere alcuni padrini idonei preparati e adatti ad aiutare l’educazione spirituale del loro bambino. I padrini non sono gli sponsor del bambino, e non devono essere scelti sulla base di amicizie puramente umane, ma per motivi spirituali. Quando si sceglie il padrino di battesimo non ci possono essere questioni di legami di lavoro, di status sociale, di gradi di parentela o di paura di turbare qualcuno. Quando un paziente ha un problema di salute, va dal miglior medico, e se ha un amico medico, ma che non è un buono specialista, metterà in primo piano la propria salute e non un’amicizia che gli può far male. Infatti, se un’amicizia è sano, non sarà influenzata da un tale approccio, al contrario: un amico medico, se non è un buono specialista, si rifiuterà di sperimentare su un amico e consiglierà un altro collega ben preparato. E il battesimo è infinitamente più importante della rimozione di un dente o di un’operazione di appendicite. Da noi, però, tutto è a testa in giù e c’è da meravigliarsi di quanto facilmente le persone accettino di essere padrini (o cosiddetti compari). Penso che quando alcuni di loro sono divenuti pionieri e komsomolisti erano più responsabili rispetto a quando accettano di diventare padrini di battesimo. Proprio per questo, fin dalle prime lezioni di catechismo, i padrini devono ricevere il consenso della Chiesa, e possono essere rifiutati se non soddisfano le qualifiche della Chiesa. E se i genitori insistono su alcuni padrini non credenti, la Chiesa può rifiutare la celebrazione del battesimo e questo sarà un rifiuto obiettivo e motivato. Ma se il sacerdote accetta di impegnarsi al Battesimo senza conoscere i genitori o padrini, concordando la data e l’ora del battesimo per telefono o per tramite della donna che vende le candele, tutta la colpa per il destino del bambino che cade su quel sacerdote che è un “lupo travestito da agnello”. Alcuni diranno che esagero, ma Cristo e gli apostoli sarebbero certamente dalla parte questo approccio senza compromessi e non accetterebbero che il sacerdote si trasformarsi in un cameriere che non sa come servire meglio i clienti per non perdere la mancia.

7. In pratica, i genitori devono scegliere uno o al massimo due padrini (non necessariamente i loro padrini di nozze), che siano buoni cristiani ortodossi e “gente di Chiesa”, con un alto senso di responsabilità. Da questi padrini non ci si devono aspettare benefici materiali, ma solo che facciano il loro dovere con coscienza, perché il padrinato non è un’usanza popolare che si riassume nel dare o ricevere alcuni regali, ma una questione di vita o di morte. Pertanto, al battesimo devono esserci uno o al massimo due padrini, non decine di compari, che non hanno alcun ruolo, ma vengono a fare le belle statuine, e qualche volta non partecipano neppure al battesimo, ma vogliono essere ricordati nelle preghiere “senza frequentare”. E se un prete dice loro che questo non è davvero giusto, in nome del “cumatrismo nazionale” (che tra i moldavi è diventato un dogma) vanno da altri sacerdoti, che li pelano di soldi, citando i nomi di persone che effettivamente non sono compari e non hanno alcun nesso con il battesimo!

 

Secondo l’insegnamento della Chiesa, tutto è molto più semplice: nel caso di un bambino si prende come padrino un uomo, e nel caso di una bambina, una donna. Questa persona professa la fede in nome del bambino e solo questa persona gli è legata spiritualmente; tutti gli altri che desiderano frequentare la funzione del battesimo sono semplici credenti (se lo sono), che si rallegrano dell’ingresso di un nuovo membro nel corpo della Chiesa. E il Battesimo deve essere considerato in questo modo, come una celebrazione di tutta la Chiesa, con un legame con la Liturgia della domenica o della festa, non come un servizio religioso officiato in modo privato, perché i partecipanti non vogliono essere disturbati dalla presenza di tutta la comunità.

8. Nel caso in cui i genitori o il padrino del bambino rifiutino la frequenza alle lezioni di catechismo o non si mostrino responsabili dell’ulteriore educazione del bambino, la Chiesa è obbligata a negare la celebrazione di quel battesimo, e le frasi del genere: “Che colpa ne ha il bambino?” devono essere rivolte contro i genitori, non contro il Vangelo. Il battesimo non si fa per per misericordia, ma solo sulla base della confessione della fede, poiché anche Cristo non ha detto che saranno condannati i non battezzati, ma chi non crederà (Marco 16:16). Il nostro calendario è pieno di santi che non hanno avuto modo di essere battezzato (non che non lo volessero), ma non abbiamo alcun santo che non abbia avuto fede o che abbia fatto parte della Chiesa solo formalmente, sperando di potersi salvare mangiando uova rosse a Pasqua. Ecco perché quando non si soddisfano tutte le condizioni stabilite per il Battesimo, la Chiesa può e deve rifiutare la celebrazione di quel battesimo, e nessun altro sacerdote può passare sopra alle condizioni stabilite da Cristo il Salvatore. Nei casi in cui un sacerdote non battezza un bambino a causa di mancanza di denaro, un altro sacerdote è obbligato a celebrare quel Battesimo e a riferire l’operato del suo “collega” al vescovo. Ma se il sacerdote rifiuta un battesimo per mancanza di fede, nessun altro sacerdote può intromettersi in questo caso, perché non si tratta di una decisione soggettiva del sacerdote, ma di un atteggiamento obiettivo della Chiesa, enunciato da un prete che non mette in vendita i Misteri della Chiesa. E che il Signore ci conceda molti sacerdoti di questo tipo… Questo è l’unico modo in cui il gregge di Cristo guarirà dal formalismo e dall’ipocrisia, professando la fede e vivendola consapevolmente.

Beninteso, tutte queste idee non sono affatto protestanti, ma quanto mai ortodosse e progettate per salvare gli ortodossi e per rafforzare la Chiesa ortodossa. Gli aspetti positivi e negativi della storia della nostra Chiesa lo confermano.

Così ci aiuti Iddio!

Sul ventesimo anniversario degli omicidi di Optina

Tre Sorrisi: Sul ventesimo anniversario degli omicidi di Optina
Georgij Mikhajlovich Gupalo

 

Il 18 aprile del 1993, tre monaci sono stati uccisi durante la notte pasquale a Optina Pustyn: lo ieromonaco Vasilij (Rosljakov, n. 1960) e i monaci Ferapont (Pushkarev, n. 1955) e Trofim (Tatarnikov, n. 1954). Georgij Gupalo, che conosceva tutti e tre i monaci ed era lì la notte della loro uccisione, offre i seguenti ricordi.

Da sinistra a destra: monaco Ferapont, monaco Trofim e ieromonaco Vasilij

Venti anni sono passati dagli omicidi a Optina Pustyn, quando tre uomini buoni sono morti e sono nati tre santi martiri. Mi è capitato di essere in quel giorno a Optina, a vedere la morte di padre Trofim, e di calare le tre bare nella terra umida di primavera a Kaluga. Molto è accaduto negli anni successivi, ma mi sembra di poter ricordare in dettaglio ogni momento di quella tragedia, dal momento che ha scosso tutti i testimoni.

Il mio breve resoconto parlerà di diversi momenti di quel grande giorno.

Non vivevo più a Optina, ma ero venuto per una visita a Pasqua. La sera prima di Pasqua era bella e tranquilla: il tramonto del sole rosso, diffondendo incantevoli, colori caldi, non lasciava alcun presentimento a riguardo. Era anche strano che, nonostante il rossore, non poteva essere chiamato un tramonto di sangue, tanto era dolce e piacevole agli occhi. Nulla faceva presagire guai, anche se il problema era già nelle vicinanze, vicino a ciascuno di noi. L’assassino aveva preparato il suo crimine e aspettava solo una spinta dalla “voce a cui non poteva disobbedire.” Era a Optina, vicino, molto vicino, e cercava la sua preda. Ma nessuno lo sapeva, nessuno ne aveva alcuna idea.

Lo ieromonaco Vasilij

Passeggiando intorno al monastero, ho notato padre Vasilij che lasciava la cattedrale dell’Ingresso al tempio della Madre di Dio. Era in piedi all’ingresso nord della chiesa e ammirava la bellezza del tramonto. E io, a mia volta, mi sono fermato e ho cominciato ad ammirare il paesaggio con lui incluso: un bel monaco a fianco della chiesa candida come la neve. Russo, magro, atletico, tranquillo e silenzioso, saggio al di là dei suoi anni, chiaramente la gloria futura di Optina.

Molti anni dopo, diventerà ancora più saggio e più esperto. Migliaia di persone verranno a lui per consiglio e conforto. Diventerà un nuovo anziano di Optina. Dopo tutto, ci era stato promesso che ci sarebbero stati sette luminari. Forse sarà uno di loro. “Oh, quanto è bravo, questo guerriero di Cristo”, ho pensato. “Voglia Dio, mio caro, che tu non abbandoni il sentiero, che tu rimanga un uomo, e che accumuli sapienza e amore, donandoli al popolo di Dio”. Padre Vasilij, intuendo che qualcuno lo stava osservando, si è voltato, sorridendo quando mi ha visto. Non ci vedevamo da qualche mese. Ci siamo scambiati un inchino da lontano e abbiamo deciso di rimanere tranquilli. Ma il suo sorriso, il suo sorriso radioso, è affondato nella mia memoria e ora vivrà con me fino alla mia morte.

È iniziata la funzione. I fratelli del monastero sono entrati in chiesa, padre Ferapont tra di loro. Nessuno aveva fatto amicizia con padre Ferapont. Questo non era affatto perché fosse una persona cattiva o meschina. Era semplicemente perché, nonostante la sua giovane età e poca anzianità nel monachesimo, era riuscito a diventare un vero monaco: non apparteneva a nessuno dei gruppi o circoli di interesse che spesso si formano nei monasteri, ma viveva una vita monastica molto nascosta e genuina, senza litigi o conflitti, senza conversazioni vuote attorno a tazze di tè o pettegolezzi durante le obbedienze. La vita di questi monaci è di solito descritta dalla bella parola russa sokrovennoj [nascosto], come indicato nell’apostolo: cercate piuttosto di adornare l’interno del vostro cuore con un’anima incorruttibile piena di mitezza e di pace: ecco ciò che è prezioso davanti a Dio (1 Pietro 3:4).

Monaco Trofim

Padre Trofim è entrato in chiesa. Era arrivato un po’ tardi al servizio, in quanto aveva lavorato molto alle pulizie. Dalla mattina fino a tarda sera poteva essere visto su un trattore o dietro a una motozappa. Era sempre allegro, energico, e incredibilmente vivo – l’esatto contrario del riservato e silenzioso padre Ferapont. Intorno a padre Trofim ribolliva sempre la vita e il lavoro erain piena attività. Aveva molti amici, era una persona molto socievole e ottimista. Si è avvicinato al kliros [coro] di sinistra, dove mi trovavo, ha sorriso con il suo sorriso aperto, e abbiamo calorosamente scambiato abbracci e baci. Un rapido scambio di notizie, strette di mano ferme. Chi avrebbe immaginato che in poche ore non sarebbe più stato tra i vivi? Vivace, energico, allegro. Beh, non poteva morire giovane. Aveva ancora molti, molti anni davanti a lui. Ma l’uomo propone e Dio dispone.

Così questi tre sorrisi si sono bloccati nella mia memoria. Così diversi, ma ognuno tanto bello a modo suo. Più tardi ci sono stati sorrisi diversi, e si sono impressi ancora più saldamente nella mia memoria.

La liturgia pasquale si è conclusa. Tutti i fratelli sono andati al refettorio, hanno rotto il digiuno, la maggior parte è andata a riposarsi un po’, e i campanari Trofim e Ferapont sono andati al campanile, mentre padre Vasilij è andato alla Liturgia presso lo skit a confessare la gente. Io ero allo skit in questo momento, e mi riposavo nella cella del superiore. La liturgia allo skit era appena iniziata quando qualcuno ha bussato alla porta. I colpi sono divenuti più insistenti e ho deciso di aprire la porta. Sulla soglia stava la guardia della foresteria dello skit in uno stato terribilmente nervoso. Mi ha detto che c’era stato un omicidio nel monastero – che alcuni monaci erano stati uccisi. Aveva ricevuto una telefonata dalla guardiola del monastero e gli era stato chiesto di avvisare il superiore e tutti i fratelli dello skit. Ho portato la guardia in chiesa, ho raccolto le mie cose e sono andato al monastero. C’era qualcosa di assurdo nella notizia: come poteva esserci un omicidio nel monastero, a Optina?! Era un’evidente assurdità e uno scherzo di cattivo gusto. Chi poteva sapere che l’assassino era in quel momento sul marciapiede con me, solo nascondendosi tra i cespugli e diretto dalla parte opposta?

Optina era deserta. Nessuno poteva nemmeno aver visto l’assassino, in quanto tutti se n’erano andati. Avendo sentito parlare del delitto, i fratelli hanno cominciato a radunarsi. La prima cosa che ho visto è stato padre Ferapont. Era sdraiato sul campanile, trafitto da una spada corta costruita da paraurti di automobili. Come si è poi scoperto, “lavorare” con una tale arma è molto difficile – si deve possedere una forza enorme o un grande addestramento.

Il killer, Averin, era gracile, ma qui era stato chiaramente assistito dal vero ed eterno assassino dell’uomo. Solo questa forza disumana può spiegare la forza del colpo di Averin: oltre al corpo, la cintura monastica di cuoio era stata trafitta in tre punti. Dopo aver inflitto un unico colpo direttamente nel fegato, ha lasciato cadere il corpo di Ferapont a terra e gli ha coperto la testa con il suo klobuk. Lui stesso non ha saputo spiegare perché lo ha fatto. Poi si è rapidamente alzato e, con un secondo colpo, ha ferito a morte padre Trofim. Non è nemmeno riuscito a capire che cosa stava succedendo: entrambi i monaci erano in piedi quasi schiena a schiena e Trophim non aveva visto quello che era successo. Ha sentito solo che il suono delle campane si era fermato e si è voltato verso il suo compagno, ma era già troppo tardi – la lama fredda, insanguinata, aveva trafitto il suo fegato. Averin ha lasciato cadere anche Trofim, ha coperto anche a lui la testa con il klobuk, e poi con calma si è diretto verso lo skit, sulla scia di padre Vasilij. Un terzo colpo, e una terza persona è caduta a terra. Poi l’assassino è corso dietro la casa vicino alla torre dello skit, ha gettato lì la sua terribile spada, ha scavalcato la recinzione ed è corso nel bosco. Tre pellegrine hanno potuto appena distinguere una figura in fuga vestita con un cappotto grigio. Non c’erano altre tracce o segni (a parte la spada). Ma il terzo giorno un’imboscata stava aspettando Averin nella sua casa e una caccia all’uomo era in corso nei boschi vicini. (Da allora ho saputo per certo che se le nostre autorità vogliono risolvere un omicidio, allora possono farlo in fretta. Lo possono fare (e lo potevano fare allora), se lo vogliono.

I monaci Ferapont e Trofim

Non ho visto l’omicidio in sé, ma padre Trofim è spirato tra le mie braccia. Il suo volto era pieno di tristezza e di dolore. Era evidente che stava provando una grande sofferenza. Si è dipartito tranquillamente. Si è semplicemente fermato – ed è stato tutto. Padre Vasilij è sopravvissuto più lungo, morendo in ambulanza sulla strada per Kozelsk. Il suo corpo atletico ha fatto di tutto per resistere alla morte, ma la ferita era troppo profonda.

Più tardi è arrivata la polizia, sono iniziate le indagini, e tutti i morti sono stati portati via per le autopsie. Dopo qualche ora sono stati portati alla Chiesa di sant’Ilarione. Per quanto mi ricordo, ero l’unico laico presente a queste prime preghiere presso i corpi dei fratelli uccisi; ho visto i loro corpi, mentre ancora scoperti, senza paramenti. Secondo la tradizione, i laici non dovrebbero essere presenti alla vestizione dei monaci, ma è stata fatta un’eccezione per me. E sono grato di essere stato presente a queste preghiere. Credetemi, non ho mai più visto o sentito niente di simile. Prima di tutto, dovrei dire qualcosa sui volti dei fratelli uccisi.

Sapete cosa mi ha colpito allora? Tutti e tre sono morti in terribile agonia, di dolore inimmaginabile, e al momento della morte, questo dolore è rimasto sui loro volti. Ma poi sono passate un paio d’ore e ho visto facce completamente diverse. Potrebbero anche essere chiamati volti iconici [liki], tanto erano brillanti e luminosi. Questa non era solo la mia percezione esaltata: tutti hanno notato la strana trasfigurazione dei loro volti. C’era un sorriso luminoso, silenzioso, pacifico su ognuno di esse. Molto riposante e fiducioso. C’era la sensazione che avessero visto qualcosa di gioioso. La cosa sorprendente è che lo spirito ha lasciato il corpo, ma lo ha trasformato dopo la morte. Questi sono i tre sorrisi di cui ho parlato all’inizio del mio racconto. Sono questi i sorrisi che non dimenticherò mai. Qui c’è una prova evidente dell’esistenza della vita dopo la morte.

È difficile esprimere a parole lo stato dei fratelli del monastero. Penso che qualcosa di simile deve essere stato provato dagli Apostoli dopo l’esecuzione di Cristo e dai discepoli degli anziani di Optina dopo le morti di questi ultimi. Da un lato, orrore per quanto era avvenuto e l’amarezza della separazione, ma, d’altro canto, gioia per loro fratelli. Dopo tutto, erano ormai tutti davanti al Trono di Dio. Hanno iniziato a celebrare la Pasqua sulla Terra e l’hanno completata nel Cielo. E crediamo che là la loro gioia pasquale sarà eterna. Hanno meritato con la loro vita terrena, di essere fatti degni di accettare la corona del martirio.

Quella sera molti hanno pronunciato queste parole: Non sono stato trovato degno, a causa dei miei peccati.

***

Prima di scrivere queste brevi memorie, ho trovato una trascrizione del discorso tenuto dallo ieromonaco Teofilatto di Optina al funerale dei monaci di Optina uccisi. Non so quanto sia accurata la trascrizione, ma è molto fedele nella sostanza e trasmettere molto bene le nostre esperienze di quei giorni:

Il funerale dei tre monaci uccisi

“Oggi stiamo compiendo qualcosa di insolito, miracoloso, e meraviglioso… Ogni cristiano che conosce bene l’insegnamento della Chiesa sa che chi muore a Pasqua non si limita a morire, che non vi è nulla di casuale nella nostra vita. Andare al Signore nel giorno della Santa Pasqua è un particolare onore e una misericordia del Signore. Dal giorno in cui sono stati uccisi i tre fratelli, la campana di Optina Pustyn ha suonato in modo diverso. Preannuncia non solo la vittoria di Cristo sull’Anticristo, ma anche che ora la terra di Optina Pustyn è stata abbondantemente irrigata non solo con il sudore di asceti e monaci, ma anche con il sangue dei fratelli di Optina. Questo sangue è una speciale protezione e di testimonianza per la storia futura di Optina Pustyn. Ora sappiamo che abbiamo intercessori speciali davanti al trono di Dio “.

Il ricatto globale delle Pussy Riot .Politologo e filosofo russo Aleksandr Dugin

Nei termini della storia delle Pussy Riot, abbiamo indubbiamente a che fare con un caso di guerra di informazione. Di fatto, questo è il tipo di guerra il cui scopo corrisponde con lo scopo di qualsiasi guerra: l’indebolimento dell’influenza del nemico, la distruzione alle radici del suo stato morale e psicologico e la sottomissione a una certa volontà esterna. Questo è il fine di ogni guerra. Ora guardiamo al bersaglio, al proposito, ai mezzi, agli strumenti e ai clienti di questa guerra di informazione. Prima di tutto, il bersaglio: secondo la mia opinione, il bersaglio è stato selezionato in modo piuttosto preciso. Quando il Patriarca di Mosca e tutta la Rus’, Kirill, ha accettato il suo ruolo di arcipastore della Chiesa Ortodossa Russa, ha annunciato un’idea molto significativa, e cioè che noi siamo guidati dall’ideale bizantino della sinfonia dei poteri. Questa è un’alleanza tra il potere spirituale e secolare. In altre parole, è un’idea secondo la quale a capo dello stato o società stanno un pastore ortodosso, il patriarca, che raffigura la Chiesa o il Regno oltremondano, il Regno dei cieli, e un capo di stato secolare. L’alleanza di questi due poteri costituisce il fondamento dell’esistenza conservatrice bizantina della statalità russa. È stato così allo stadio iniziale, allo stadio intermedio, e anche se guardiamo agli ultimi secoli della storia russa, è sempre stato così in un modo o in un altro. Questi due lati sono stati il bersaglio dell’attacco da parte di questa manifestazione blasfema nella chiesa di Cristo Salvatore. L’attacco era diretto a due bersagli. Uno di questi era l’attitudine seria e riverente verso la Chiesa da parte della nostra società, che è stata attaccata istigando una risposta inappropriata, facendosi beffe della Chiesa, dimostrandone il lato duro e autoritario, e cose del genere; è stato una profanazione, ciò che si definisce una bestemmia. Questo è il senso del “sacrilegio”: la violazione di una relazione sacra. In altre parole, questo è un colpo all’autorità della Chiesa, alla gerarchia e al patriarca. Non è una coincidenza che la campagna attorno alle Pussy Riot si sia dolcemente trasformata in un discredito dell’arcipastore della Chiesa Ortodossa Russa. Il bersaglio era stato scelto in modo preciso. E c’è stato un secondo bersaglio. Si tratta della nostra sovranità, dell'”asse  verticale del potere”, il presidente, che in questo caso capitava essere Putin. In realtà, il bersaglio è la “sinfonia”, quello stesso nucleo conservatore che costituisce una parte permanente e immutabile della storia russa. Ecco l’obiettivo dell’attacco. Passiamo ora allo strumento dell’attacco. Si tratta dello scontento politico nei confronti di Putin, allineato dietro queste meschine ragazze, che sono semplicemente il capro espiatorio di questa guerra molto seria di informazione. Il caso stesso è assolutamente disastroso dal principio alla fine. Nondimeno è dietro a queste porno-teppiste, bestemmiatrici e persone semplicemente oscene, immorali e prive di valore che si allinea tutta l’opposizione di Piazza Bolotnaja, gli oppositori dell’Ortodossia russa da ogni possibile regione, incluse le sette, e Michael McFaul (l’ambasciatore americano a Mosca, ndc) con il sostegno globale dell’occidente, che si intrufolano come il maiale nel fango. In altre parole, arriva l’attacco, e all’improvviso, si mobilita una forza considerevole, dopo una trascurabile puntura di zanzara. Queste ragazze diventano le eroine delle cronache occidentali: “Il maledetto Putin e la terribile Chiesa Ortodossa Russa iniziano a reprimerle, umiliarle e sopprimerle brutalmente”. Di fatto, questo crea una rappresentazione virtuale dell’intera società come un campo diviso a metà tra i “cattivi” e i “buoni”. I sostenitori del modello bizantino (diciamo, la Chiesa Ortodossa Russa e il nostro “asse verticale del potere” rappresentato da Putin) sono raffigurati come i “cattivi”. E allora chi sono i “buoni”? Aleksej Navalnyj, Ksenija Sobchak… che non hanno legami con queste ragazze punk. Michael McFaul, il “portatore di libertà”, Barack Obama, il presidente “libero”, attualmente impegnato a portare avanti guerre aggressive multiple e sanguinose e a pretenderne di nuove. Sono queste “gentili”, “buone” e “meravigliose” persone che fanno la fila dietro il caso di perversione quasi autenticamente psichiatrico, rappresentato da Nadezhda Tolokonnikova. Tutte queste “brave persone” la sostengono, innalzano le bandiere della libertà della democrazia, della libertà di una nuova etica e di una nuova morale, e di un nuovo progetto politico e spirituale, e queste teppiste diventano il simbolo dei “buoni”, il simbolo del bene, della luce, della verità, della libertà e della giustizia contro le “forze del male”, rappresentate dallo Spirito, da Cristo, dalla Chiesa, dalla Russia e dalla nostra storia millenaria. L’abbiamo già visto in numerose occasioni: la guerra delle idee, delle posizioni, delle ere e delle civilizzazioni è durata molte centinaia di anni. Gradualmente, l’Occidente ha distrutto la propria tradizione, i propri imperi e la propria religione, e ora si sta occupando del resto del mondo. Abbiamo a che fare con modernità e postmodernità, e la cosa è incredibilmente seria. E se non fosse stato per questo particolare incidente, ce ne sarebbe stato un altro, come il caso di Bono e dei boschi di Khimki, o come il nostro meraviglioso presidente con l’iPad che porterà il bene e la democrazia, mentre il resto della Russia diventerà immediatamente una difficile, sporca, corrotta, nera macchina di potere. Tutte queste sono parti dello stesso processo: il processo della lotta dell’Occidente e del liberalismo contemporaneo contro tutti i regimi, tutti i sistemi politici, statali, spirituali e religiosi che sono differenti dal modello occidentale di democrazia o che vi resistono con forza. In questo senso, penso che dobbiamo trattare questa manifestazione con assoluta serietà. Ci sono persone che ci odiano, che vogliono sopprimerci, conquistarci e distruggerci, farci cadere in ginocchio, annientare in noi gli ultimi tentativi di resistenza, tentativi che possono per la verità non essere molto coerenti, ma che sono incarnati in Putin e sono incarnati in quel riflesso della Chiesa eterna che è la nostra Chiesa Ortodossa Russa. È questa eternità conservatrice che costituisce il bersaglio di tutta questa campagna di attacchi. Perché la gente mette la sua firma a favore di questa campagna ovviamente disastrosa, inclusi i rispettati e cosiddetti liberali, come Vladimir Pozner o Nikolaj Svanidze? Lo fanno perché siamo alle prese con un serio duello esistenziale. Il governo potrebbe arrendersi sotto il peso di questo ricatto globale iniziato dalle Pussy Riot, e allora tutto sarà permesso, e questo genere di manifestazioni diventerà la norma: la penitenza e l’umiliazione delle istituzioni tradizionali travolte da questi gruppi liberali, postmoderni, aggressivi e nichilisti servirà come precedente. Di conseguenza, a chiunque sarà permesso fare ciò che vuole. Dopo di che, la Russia non esisterà ancora per molto tempo, perché le ultime vestigia di moralità, spiritualità, disciplina e ordine saranno semplicemente spazzate via. Questo avrà come risultato il caos globale. In alternativa, la Russia può resistere a questo assalto furioso, mantenendo un certo orientamento verso l’ordine, la statalità, l’etica, la moralità, la religione e la sacralità. Tuttavia, in questo caso, cosa rimarrà per personaggi come Pozner, Svanidze e molti liberali che siedono nel governo pronti all’imboscata? Questi ultimi non hanno tanta solidarietà per le Pussy Riot in sé, ma per l’incidente stesso, per l’altro lato, che sta sostenendo le Pussy Riot, mentre entrano in questa guerra ed esasperano come risultato la situazione. Le nuove forze del nichilismo, del caos, e quanto meno l’onda sonora della decomposizione, se non della rivoluzione, si stanno accumulando tra l’elite politica e l’intelligentsia urbana in Russia. In termini precisi, questo è stato il caso dei primi anni ’90, che ha portato al collasso del nostro stato. Questa “onda” è ora in fase di piena. Ha il proprio sostegno tra le elite economiche, politiche e mediatiche. È un vero e proprio esercito, che si è sollevato contro questo vago e appena visibile bizantinismo, contro questi deboli germogli di rinnovamento spirituale, ai quali non si permette di crescere, e contro ai deboli tentativi di costituire uno stato forte, potente, sovrano, incarnato nelle autorità secolari. Di conseguenza, considero questa manifestazione una sfida molto seria. Dobbiamo trattarla con tutta la nostra attenzione e cura e capire che le maschere sono cadute. Di fatto, se non esistessero queste Pussy Riot, ce ne sarebbero delle altre. Gli stessi Pozner e Svanidze si metterebbero la calzamaglia per andare a danzare da qualche parte in una chiesa russa. Tutto questo è irrilevante, e può continuare per un tempo indefinito. La questione reale è che un segmento della popolazione della Russia (naturalmente, un’assoluta minoranza) ha essenzialmente dichiarato guerra alla statalità della Russia. Questo è il segmento liberale e occidentale, che contava sul secondo mandato di Dmitrij Medvedev e sulla possibilità di seguire gradualmente la strada dell’Occidente. Il ritorno di Putin ha generato in loro un tale shock isterico che si sono riversati sulle strade e hanno lanciato lo scenario di un’opposizione controllata da Washington. Questa è una guerra: una guerra contro la Russia, una guerra con ogni mezzo. Una guerra di sterminio. La quinta colonna sta operando all’interno della nostra società e del nostro stato. Chi è questa quinta colonna? Sono quelli che hanno firmato petizioni di sostegno alle Pussy Riot. Non c’è dubbio, dato che queste persone hanno deciso di sostenere un affare così disastroso, che sono assolutamente capaci di ogni cosa.

La formazione dell’anima – spirito, anima e corpo

La formazione dell’anima e corpo. Ieromonaco Seraphim (Rose)
La formazione dell’anima – spirito, anima e corpo
Nella foto: padre Seraphim con il vescovo Nektary dopo la sua ordinazione sacerdotale, 11/24 Aprile 1977 

L’anima che viene oggi all’Ortodossia si ritrova spesso in uno stato di svantaggio o addirittura paralizzata. Spesso si sente dire da convertiti, dopo alcuni anni di lotte apparentemente infruttuose, “non sapevo quello in cui stavo entrando quando sono diventato ortodosso”. Alcuni percepiscono queste cose alla loro prima esposizione alla fede ortodossa, e questo può far rinviare il loro incontro con l’Ortodossia o anche farli fuggire del tutto da essa. Una cosa simile accade spesso a quelli che sono stati battezzati nell’infanzia quando raggiungono la maturità e devono scegliere se impegnarsi per la loro fede dell’infanzia.

Da un certo punto di vista, questo è il risultato del profondo impegno richiesto a coloro che prendono sul serio la fede ortodossa – un impegno che è molto diverso in natura da quello di coloro che si limitano a partecipare a una nuova denominazione o setta. Ci sono molte denominazioni con le loro diverse interpretazioni della vita cristiana, ma una sola Chiesa di Cristo, che vive la vera vita in Cristo e l’insegnamento e la pratica immutata degli Apostoli e dei Padri della Chiesa.

Ma da un punto di vista più pratico, il problema sta nella povertà della nostra anima moderna, che non è stata preparata o addestrata a ricevere le profondità della vera esperienza cristiana. Ci sono un aspetto culturale e uno psicologico di questa nostra povertà: l’educazione dei giovani di oggi, soprattutto in America, è notoriamente carente nello sviluppo di una risposta alle migliori espressioni dell’arte, letteratura e musica umana, e a seguito di questa carenza i giovani vengono formati a caso sotto l’influenza della televisione, della musica rock, e si altre manifestazioni della cultura (o meglio, anti-cultura) di oggi e, sia come causa che come risultato di questo – ma soprattutto per l’assenza da parte dei genitori e degli insegnanti di qualsiasi idea consapevole di ciò che è la vita cristiana e di come un giovane dovrebbe essere allevato in essa – l’anima di una persona che è sopravvissuta gli anni della giovinezza è spesso un deserto emotivo, e nella migliore delle ipotesi rivela carenze in quegli atteggiamenti di fondo nei confronti della vita che una volta erano considerati normali e indispensabili.

Pochi sono coloro che oggi possono esprimere chiaramente le loro emozioni e idee e affrontarle in modo maturo, molti non sanno nemmeno cosa sta succedendo dentro di loro. La vita è suddivisa artificialmente in lavoro (e ben pochi ci possono mettere la parte migliore di se stessi, il loro cuore, perché è “solo per i soldi”), gioco (in cui molti vedono il vero significato della loro vita), religione (di solito non più di una o due ore alla settimana), e simili, senza una unità di fondo che dà senso a tutta la propria vita. Molti, trovando la vita quotidiana insoddisfacente, provano a vivere in un mondo fantastico di propria creazione (nel quale provano a far stare anche la religione). E alla base di tutta la cultura moderna c’è il denominatore comune del culto di se stessi e della propria comodità, cosa mortale per qualsiasi idea di vita spirituale.

Ecco qualcosa sullo sfondo, sul “bagaglio culturale”, che una persona porta con sé oggi quando diventa ortodossa. Molti, naturalmente, sopravvivono come ortodossi, nonostante il loro background, alcuni a causa di tale background sperimentano qualche disastro spirituale, ma per un buon numero rimangono storpi o per lo meno spiritualmente sottosviluppati, perché sono semplicemente impreparati e ignari delle reali esigenze della vita spirituale.

Per iniziare a considerare questo problema (e, si spera, per aiutare alcuni di quelli che ne sono turfati), vediamo qui brevemente la dottrina ortodossa sulla natura umana come esposta da un profondo scrittore ortodosso del XIX secolo, un vero Santo Padre di questi ultimi tempi – il vescovo Teofane il Recluso (+1892). Nel suo Libro, La vita spirituale (ristampato a Jordanville nel 1962), egli scrive:

“La vita umana è complessa e multiforme. In essa vi è un lato del corpo, un altro dell’anima, e un altro dello spirito. Ognuno di questi ha le sue facoltà e le sue esigenze, i suoi metodi e il loro esercizio e soddisfazione. Solo quando tutte le nostre facoltà sono in moto e tutti i nostri bisogni sono soddisfatti un uomo vive davvero. Ma quando solo una piccola parte di queste facoltà è in moto e solo una piccola parte dei nostri bisogni è soddisfatta, una vita non è una vita… Un uomo non vive in modo umano se tutto, in lui, non è in moto… Bisogna vivere come Dio ci ha creati, e quando non si vive così si può dire con fiducia che non si vive per niente” (p. 7).

La distinzione fatta qui tra “anima” e “spirito” non vuol dire che si tratta di entità separate all’interno della natura umana, ma piuttosto lo “spirito” è la parte più alta, e l'”anima” la parte inferiore, di una sola parte invisibile dell’uomo (che nel suo insieme è di solito chiamata “l’anima”). All'”anima” in questo senso appartengono quelle idee e sentimenti che non sono occupati direttamente con la vita spirituale, la maggior parte dell’arte umana, della conoscenza e della cultura, mentre allo “spirito” appartengono gli sforzi dell’uomo verso Dio attraverso la preghiera, l’arte sacra, e l’obbedienza alla legge di Dio.

Da queste parole del vescovo Teofane si può già individuare un difetto comune delle persone che oggi sono in cerca di vita spirituale: non tutte le parti della loro natura sono in moto, stanno cercando di soddisfare le esigenze religiose (le esigenze dello spirito) senza aver fatto i conti con alcune delle loro altre esigenze (in particolare, quelle psicologiche ed emotive), o peggio: usano la religione illegittimamente per soddisfare queste esigenze psicologiche. Per tali persone la religione è una cosa artificiale che non ha ancora toccato la loro parte più profonda, e spesso un evento sconvolgente della loro vita, o semplicemente l’attrazione naturale del mondo, è sufficiente a distruggere il loro universo di plastica, allontanandoli dalla religione. A volte queste persone, dopo esperienze amare della vita, ritornano alla religione: ma troppo spesso si perdono, o nel migliore dei cari rimangono paralizzati e senza frutto.

Il vescovo Teofane prosegue nel suo insegnamento: “Un uomo ha tre livelli di vita: dello spirito, dell’anima e del corpo. Ognuno di questi ha la sua somma di bisogni, naturali e appropriati a un uomo. Queste esigenze non sono tutte di uguale valore, ma alcune sono più alte e altre più basse, e la loro soddisfazione equilibrata dà all’uomo la pace. I bisogni spirituali sono i più alti di tutti, e quando sono soddisfatti, allora c’è la pace anche se gli altri non sono soddisfatti, ma quando i bisogni spirituali non sono soddisfatti, allora anche se gli altri sono soddisfatti in abbondanza, non c’è pace. Di conseguenza, la soddisfazione delle esigenze spirituali si chiama la cosa necessaria”.

“Quando i bisogni spirituali sono soddisfatti, essi istruiscono un essere umano a mettere in armonia con loro anche la soddisfazione dei propri altri bisogni, in modo che né ciò che soddisfa l’anima, né ciò che soddisfa il corpo contraddica la vita spirituale, ma l’aiuti, e ci sia quindi una piena armonia in un uomo di tutti i movimenti e le rivelazioni della sua vita, un’armonia di pensieri, sentimenti, desideri, realizzazioni, relazioni, piaceri. E questo è il paradiso! ”

Ai nostri giorni, l’ingrediente principale che manca in questa armonia ideale della vita umana è qualcosa che si potrebbe chiamare lo sviluppo emotivo dell’anima. È qualcosa di non direttamente spirituale, ma che molto spesso ostacola lo sviluppo spirituale. È lo stato di chi, mentre può pensare che ha sete di lotte spirituali e di una vita elevata di preghiera, è scarsamente in grado di rispondere alla normalità dell’amore e dell’amicizia umana, perché se uno dice: Io amo Dio, e odia il suo fratello, è un mentitore, poiché colui che non ama suo fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (1 Giovanni 4:20).

In alcune persone questo difetto esiste in una forma estrema; ma come tendenza è presente in qualche misura in tutti noi che siamo stati cresciuti nel deserto emotivo e spirituale dei nostri tempi.

Stando così le cose, è spesso necessario per noi umiliare i nostri impulsi e sforzi apparentemente spirituali, e mettere alla prova la nostra disponibilità umana ed emotiva. A volte un padre spirituale potrà negare al suo figlio spirituale la lettura di qualche libro spirituale e dargli invece un romanzo di Dostoevskij o di Dickens, o lo incoraggerà a prendere confidenza con un certo tipo di musica classica, non con uno scopo “estetico” in mente, perché si può essere un “esperto” in materia e anche essere “emotivamente ben sviluppati” senza il minimo interesse per la lotta spirituale (e anche questo è uno stato sbilanciato) ma solo per affinare e formare la sua anima e renderla meglio disponibile a capire i genuini testi spirituali.

Il vescovo Teofane, nel suo consiglio a una giovane donna che si stava preparando nel mondo alla vita monastica, le permetteva di leggere (oltre ad altri libri non spirituali) certi romanzi “consigliati da persone ben intenzionate che li hanno letti”: Con questo in mente, la rubrica “Orthodox America” ​​consiglia e introduce alcune opere della letteratura e dell’arte (non escludendo la forma d’arte moderna del film) che possono essere utilizzate nella formazione delle anime, in particolare dei giovani, verso atteggiamenti umani ed emozioni che possono metterli in grado di comprendere e perseguire le mete più alte della vita spirituale.

 

Una parabola – la conversazione di un uomo con Dio
Una parabola – la conversazione di un uomo con Dio
Смысл жизни (Smysl zhizni, “Il senso della vita”)
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Ho chiesto a Dio di togliermi l’orgoglio, e Dio mi ha risposto: “No! Non posso toglierti io l’orgoglio; devi rinunciarvi tu stesso”.

 

Ho chiesto a Dio di donarmi la pazienza, e Dio ha risposto: “No! Non posso darti così semplicemente la pazienza; ti arriverà sopportando le prove.

 

Ho chiesto a Dio di darmi la felicità, e Dio ha detto: “No! Io posso darti una benedizione; ma sta a te decidere te sei felice o no.

 

Ho chiesto a Dio di risparmiarmi il dolore, e Dio ha detto: “No! La sofferenza ti aiuta a ricordarti di Dio, e ad avvicinarti a lui”.

 

Ho chiesto forza, e allora Dio mi ha mandato prove per rafforzarmi.

 

Ho chiesto sapienza, e allora Dio mi ha mandato problemi; ho imparato come risolverli.

 

Ho chiesto a Dio di insegnarmi ad amare gli altri così come egli mi ama. Dio ha detto, “Ora capisci ciò che devi chiedermi”, e mi ha mandato persone che avevano bisogno del mio aiuto.

 

Anche se non ho ricevuto nulla di quel che volevo, ho avuto tutto ciò di cui avevo bisogno!

 

Intervista sul matrimonio

Intervista sul matrimonio a padre Maksim Kozlov
Nella nuova sezione “Famiglia” della nostra rivista, stiamo pubblicando interviste a sacerdoti sul difficile tema delle relazioni familiari. In questo numero, Vinograd intervista il rettore della chiesa di santa Tatiana presso l’Università Statale di Mosca (MGU) e professore all’Accademia teologica di Mosca (MDA), l’arciprete Maksim Kozlov.Padre Maksim ha scritto i libri 400 вопросов и ответов о вере, церкви и христианской жизни(400 Domande e risposte sulla fede, la Chiesa, e la vita cristiana), 200 детских вопросов и недетских ответов о вере, церкви и христианской жизни (200 domande di bambini e risposte ai bambini sulla fede, la Chiesa, e la vita cristiana), Последняя крепость: Беседы о семейной жизни (L’ultima fortezza: conversazioni sulla vita familiare), e Клир и мир: Книга о жизни современного прихода (Il clero e il mondo: un libro sulla vita della parrocchia contemporanea). È autore di oltre 100 articoli e traduzioni (patristica, studi biblici, storia della Chiesa e giornalismo).

 

Aleksandra Vigiljanskaja:

Padre Maksim, purtroppo, oggi, l’attitudine verso il matrimonio sta perdendo il suo significato spirituale e metafisico. Crescono gli appuntamenti online, ci sono tutta una serie di show televisivi come Давай Поженимся (Davaj Pozhenimsja: Sposiamoci). Così, la scelta di un futuro partner è severamente limitata a specifici parametri quali altezza, peso e stato finanziario. La creazione di una famiglia diventa un compito puramente pragmatico, spesso, per raggiungere un certo status sociale, perché si deve compilare la casella dello “stato coniugale”, che completa l’immagine di un prospero uomo moderno “civilizzato”. Perché sta succedendo questo?

 

Padre Maksim Kozlov:

Non c’è da meravigliarsi che queste cose erodano la comprensione della famiglia come l’istituzione fondamentale senza la quale la normale vita sociale è impossibile. Se ritiriamo dalla nostra vita la base della visione religiosa del mondo, il valore del matrimonio esisterà solo per inerzia e solo per un tempo molto breve. Oggi, i processi di cui parla stanno diventando un problema a livello mondiale. Almeno, si tratta di una gran parte della civiltà umana, nei luoghi in cui le basi religiose si sono perdute. Ci sono stati risultati simili nei paesi ex socialisti, in cui lo stato ha mantenuto la religione fuori della società, ma c’è stato un risultato più distruttivo e terribile, molto più rapido, nei cosiddetti paesi occidentali “civili”, in cui la distruzione delle basi religiose ha avuto luogo volontariamente.

In effetti, come si può giustificare la famiglia, se non su principi religiosi? A parte la norma sulla famiglia stabilita da Dio, se non date per scontato che la fedeltà tra i coniugi e l’auto-sacrificio per i propri cari in famiglia hanno una certa priorità per l’eternità, a che pro, davvero, lottare per una famiglia forte e sana? Perché, mentre io sono ancora giovane, non dovrei vivere solo per il piacere, sfruttando l’unica vita che ho per estrarre da esso le massime sensazioni fisiche ed emotive? Perché non dovrei scegliere un “partner” attraverso tentativi ed errori, su una base di “appropriato o non appropriato”: questo ha più soldi, ma questo ha una posizione migliore e il suo futuro sembra più promettente, questo sembra più bello, perché non dovrei cercare qualcuno più giovane e più fresco? E i bambini? Bene, bene, non avere figli forse non è giusto, il prestigio e la posizione sociale ci obbligano a dare alla luce alcuni bambini, ma non dobbiamo caricarci, e se il nostro status sociale lo permette, possiamo affidarli agli operatori sanitari, come si addice a una famiglia “civilizzata”… Questa logica è molto chiara. Non è saggio aspettarsi un altro atteggiamento in una società non religiosa. In questo senso, le richieste di ripristino dei valori della famiglia senza il mantenimento dei fondamenti della ideologia religiosa sono destinate a fallire.

E ‘abbastanza naturale che lo sfondo di questo atteggiamento verso la famiglia attira metodi che facilitano la ricerca di un partner, da un partner per una notte (non sto parlando di servizi per denaro o dei numerosi forum su Internet su cui è possibile trovare facilmente un partner che soddisfa tutti i requisiti) a un partner con cui rimanere per un periodo più lungo. Questa ricerca è ristretta ai suoi elementi di base, i parametri più specifici utilizzati sono l’altezza, il peso, lo status sociale, la ricchezza, il colore degli occhi, l’istruzione, la proprietà di beni immobili… la scelta di un coniuge di oggi è come l’acquisto di un cavallo al mercato o la ricerca di una macchina su internet … non c’è alcuna differenza. Inoltre, lo ripeto, questa applicazione del sentimento dei consumatori alla famiglia non è necessaria. Il problema è come salvare quelle persone che continuano ad aderire ai tradizionali valori spirituali in questo mondo secolare, per dare loro la possibilità di nuotare contro il flusso della marea. Come si fa a sopravvivere in un ambiente ostile, come possiamo proteggere i nostri figli dai suoi effetti dannosi? Non ci sono risposte pronte e chiare a queste domande, ma almeno dovremmo essere consapevoli del fatto che si deve andare contro il flusso generale, che sono richiesti alcuni sforzi spirituali.

 

Aleksandra Vigiljanskaja:

Ci sono situazioni, dopo tutto, che ricordano proverbi popolari come “il cuore non si apre da solo”… Inoltre, per quanto cinici siano i requisiti per la vita futura sui siti di incontri, è chiaro che dovrebbero essere presenti alcune opzioni nella scelta di un coniuge. Sto parlando di quelli che aderiscono ai tradizionali valori spirituali e arrivano al matrimonio in termini cristiani. Quali dovrebbero essere i nostri criteri nella ricerca di un compagno di vita per i credenti? In generale, ci sono modi razionali per intraprendere una tale ricerca?

 

Padre Maksim:

Per fortuna, non ce n’è nessuno. Dico “per fortuna”, perché se potessimo programmarli in modo così preciso, allora saremmo diversi dagli utenti dei siti di incontri solo per i parametri che utilizziamo. Invece di criteri quali “altezza, peso, ricchezza, colore degli occhi”, saremmo interessati a cose come, per esempio, “religione, istruzione, famiglia, tradizione e nazionalità”. È lo stesso tipo di parametri esterni, perché in realtà non conosciamo le qualità che permetteranno anche all’uomo ortodosso più decente, garbato e istruito di diventare un buon marito per una particolare ragazza. Beh, le sue qualità non gli conquisteranno da sole il suo cuore. In questo, esistono leggi molto diverse. Questo non significa che non possiamo impostare in precedenza alcuni segnali interni sulla strada, del genere “strada pericolosa”, “svolta a gomito”, e “strada senza uscita”. È chiaro che ci sono situazioni in cui vi è un pericolo maggiore. Dobbiamo segnalare le più evidenti.

Il matrimonio con le persone di altre fedi è infinitamente rischioso. Direi che un tale matrimonio si può affrontare solo in casi assolutamente eccezionali. È ovvio che la coppia inevitabilmente affronterà non solo il problema delle differenze culturali, ma anche una questione seria, ovvero, in quale religione si educano i figli? Quale delle due? Il primo bambino sarà un cristiano ortodosso, e il secondo un buddista? Oppure la scelta si dovrà basare sul sesso del bambino? Le ragazze saranno cristiane, e i ragazzi musulmani? In alternativa, in generale, si potrebbero allevare al di fuori di ogni tradizione religiosa, con il rischio che i figli crescano atei? Tutte queste minacce saranno presenti sin dal primo istante in un tale matrimonio. Qui, se si dispone di un profondo senso di indiscussa dignità morale e umana, una dignità più forte delle differenze di tradizioni e di fede, sarebbe più saggio, anche prima del matrimonio cercare di trovare un’unità nella fede, se possibile. Se non lo si fa, poi, i rischi sono troppo alti per il futuro di una famiglia del genere. È arrogante di procedere con la presunzione che i sentimenti reciproci col tempo si appianeranno, si riconcilieranno, e tutte le differenze supereranno, perché una tale situazione spesso porta al disastro, soprattutto per i bambini.

Il matrimonio con un non credente è una cosa pericolosa. Non è una minaccia così evidente come il matrimonio con una persona fermamente eterodossa, ma tutti sanno che tali matrimoni sono intrinsecamente rischiosi. Purtroppo, oggi, ci sono molti matrimoni di questo tipo. Anche secondo le statistiche, le donne ortodosse sono una quota sproporzionata dei giovani in chiesa, basta guardare la composizione della congregazione di ogni parrocchia. Per ragioni oggettive, molte ragazze ortodosse sono costrette a sposare uomini molto lontani dalla Chiesa, e non abbiamo il diritto di condannarle, dopo tutto, una famiglia e la maternità sono il desiderio naturale di ogni donna. Cosa possiamo consigliare in questi casi? Se sono uomini onesti, se non sono pronti a professare la fede ortodossa, ma sono pronti a prendere le loro compagne così come sono, se sono a conoscenza delle restrizioni di comportamento insite nel vivere la propria vita secondo i precetti cristiani, allora c’è speranza per il futuro di questo matrimonio. Tuttavia, se c’è qualcosa che li irrita entrambi, che disturba la simpatia reciproca nel loro rapporto, un tale matrimonio è destinato a fallire. Se si riceve un sorriso scontento quando si va alla Veglia al posto della discoteca al sabato sera, se la regola quaresimale che impedisce far visita a un locale diventa un oggetto di scherno o di risentimento, o, se parlare di Dio e della vita spirituale porta a scontri violenti o a esasperazione reciproca, in tal caso aspettatevi che queste differenze persistano durante gli anni della vita di famiglia. Questo è il risultato di irresponsabilità e miopia. Se provate un tale matrimonio, è necessario essere pronti a grandi dolori e prove. Inoltre, dovreste pensarci non sette volte, ma settecento volte sette, prima di creare una famiglia.

Non dobbiamo incoraggiare i non credenti alle cerimonie di matrimonio religioso. Molto sobriamente, sappiamo che le basi della concezione sociale della nostra Chiesa affermano che, nella presente situazione storica, non consideriamo un matrimonio civile come una convivenza lasciva, non è un peccato che impedisce a una persona di ricevere i sacramenti della Chiesa. Naturalmente, non stiamo parlando di unioni non registrate, ma dei “matrimoni civili” e di famiglie riconosciute dalla legge civile che derivano da tali matrimoni. La Chiesa rispetta una tale famiglia. Naturalmente, in un matrimonio in cui uno dei coniugi è credente e l’altro no, è molto più onesto davanti a Dio alla coscienza limitarsi al diritto civile. Anche se il coniuge non credente è pronto a sposarsi in Chiesa per il bene di un altro, non lo si dovrebbe fare. Il matrimonio Chiesa stabilisce una famiglia come una piccola chiesa. Questo richiede un minimo di due persone che desiderano organizzare la loro esistenza successiva per dare le loro vite per Dio, per conformarsi agli ideali di servizio cristiano. È meglio crescere aspettando il momento in cui una famiglia come piccola chiesa diventerà una necessità interna, piuttosto che sposarsi e continuare una vita al di fuori della Chiesa. Vi è un particolare tipo di matrimonio che benedice una coppia che ha vissuto insieme per molti anni.

 

Aleksandra Vigiljanskaja:

Dal momento che stiamo parlando di matrimoni, potrebbe dirci qualcosa di più sul significato di questo sacramento? Che cosa succede esattamente durante la cerimonia di nozze?

 

Padre Maksim:

Ciascuno dei sette sacramenti non è solo una preghiera per qualcosa. Un sacramento è un incontro con Dio, quando Dio con la sua grazia, con la sua azione, entra veramente nella nostra vita. L’unione di due persone che intendono costruire una vita insieme, di amarsi, di aiutarsi a vicenda, rimanere fedeli l’un l’altro, e acquisire tolleranza, dà a un matrimonio una grazia divina. La grazia è sempre qualcosa di più rispetto alle persone, è una forza che ci dà molto più di quanto può dare anche la persona più bella e virtuosa. Nel battesimo, riceviamo ciò che non possiamo ottenere con le nostre forze, il perdono dei peccati da parte di Dio. Nell’Eucaristia, siamo uniti con Dio in un modo impossibile a qualsiasi forza spirituale, speculativa, filosofica o morale. In un matrimonio, il Signore, in un modo misterioso, assimila l’unione a quella tra Cristo e la sua Chiesa; fa della nostra famiglia una parte di un corpo più grande, la Chiesa di Cristo. Ci dà la speranza che quest’unione terrena continuerà in eterno, quindi, possiamo concludere che il matrimonio non è qualcosa di effimero, destinato a durare per circa 10, 20, 50, o 70 anni qui in questa vita terrena, ma vuole essere eterno. Ci rendiamo conto che nessuno può farlo con le proprie forze. La sua grazia è un dono dall’alto. Nel matrimonio, abbiamo un’occasione unica per promuovere il trionfo dell’amore di Dio nelle nostre vite, a dispetto di quelle naturali caratteristiche umane come la crescita reciproca dell’irritazione, del rifiuto, della dipendenza, di sentimenti offuscati, e di perdita di interesse per l’altro.

 

Aleksandra Vigiljanskaja:

I partner devono avere una benedizione per il matrimonio da parte dei genitori o dal loro confessore?

 

Padre Maksim:

Io inizierei con la benedizione dei genitori. La sua importanza è giustificata, ma si presume che ci sia stata una corretta educazione, il che implica una relazione tra genitori e figli che esistevano, per esempio, in una buona famiglia dell’epoca del Domostroj, come la descriveva l’arciprete Silvestr. Da un lato, i bambini devono mostrare volontà di obbedienza, che presuppone una fiducia infinita nei genitori e una piena accettazione della loro volontà. D’altra parte, i genitori devono essere disposti a portare una tale responsabilità per i loro figli. Devono effettuare per il loro bambino scelte che non si basano tanto sulle loro preferenze e priorità, anzi, devono considerare il bene finale dell’anima e la vita terrena dei loro figli. Quante volte vediamo simili relazioni esaltate tra genitori e figli nelle famiglie contemporanee, anche quelle ortodosse? Se siamo onesti, le vediamo raramente. Nell’odierna situazione della vita reale, il ruolo dei genitori è più un ruolo di saggi consigli, suggerimenti, e di correzione del comportamento dei loro figli nella scelta di un compagno di vita, e, a volte, essi cercano di proteggere i loro figli da un passo palesemente sbagliato e disastroso. Ci può essere una grande felicità, se la scelta dei figli coincide con il parere dei genitori, e i bambini ricevono sostegno e approvazione. Già nel 19° secolo, ricordiamo che i genitori non potevano vietare un matrimonio con cui erano in disaccordo. In una decisione, san Filarete disse che l’opposizione dei genitori non è una base per proibire un matrimonio. Pertanto, oggi, avere la benedizione dei genitori per il matrimonio è più un obiettivo e un bene morale, un ideale da raggiungere, ma non è un requisito canonico necessario.

Per quanto riguarda il proprio confessore, la sua partecipazione a una decisione così importante e significativa, ovviamente, tornerà solo a beneficio delle parti coinvolte. Non sto parlando di quei casi eccezionali anziani colmi di spirito, la cui santità è indiscutibile, e che possono guardare nelle nostre vite, nelle nostre anime, e nel nostro destino ben più di quanto può fare la gente comune. Naturalmente, i giovani che intendono sposarsi farebbero bene a cercare consiglio spirituale da un sacerdote, e fare ogni sforzo per far abbinare le proprie decisioni e azioni con i suoi commenti e avvertimenti. Tuttavia, non credo che un prete sarebbe saggio, se, in base alle sue osservazioni, preferenze, gusti, o valutazioni morali, esprimesse un severo divieto per impedire il matrimonio. I suoi consigli o avvertimenti dovrebbero dare un maggiore aiuto spirituale alla coppia. Anche se il sacerdote vede una catastrofe evidente nel matrimonio che viene, la cosa migliore che potrebbe fare sarebbe quella di cercare di ritardare il matrimonio per il tempo più lungo possibile, di allungare il tempo di conoscenza prematrimoniale dei giovani coinvolti. Questo li aiuterà ad adottare una soluzione più sobria, forse per volontà di Dio, come spesso è possibile vedere attraverso le circostanze della vita. Sappiamo quanto tempo distrugga i castelli in aria, e come realizzi il vero bene, a volte, a dispetto di tutta la nostra logica razionale e di tutta l’evidenza empirica.

 

Aleksandra Vigiljanskaja:

Si potrebbe avere un matrimonio prospero e felice senza amore? Per esempio, cosa ne pensa di un’alleanza tra persone che la pensano allo stesso modo, basata sul rispetto reciproco?

 

Padre Maksim:

Che cosa triste sarebbe un matrimonio del genere! Il tuo coniuge… solo un compagno di partito? Un collega? Tali matrimoni spesso si verificano quando una persona ha paura di non avere più tempo per creare una famiglia e ha fretta di trovare almeno qualcuno che le è più o meno vicino, per lo meno, nelle opinioni e credenze. Anche questo, in un certo senso, è un matrimonio di convenienza, l’unico vantaggio reciproco è la prosperità calcolata e gli interessi comuni. Se è così, allora, ci sono pochissime possibilità di una vera felicità. Certo, “i medici sono impotenti di fronte alla grazia di Dio, che offre quello che manca”, e può accadere che da un matrimonio fondato su un amore vuoto basato sulle passioni (страстной) possa germinare un vero amore sacrificale l’uno per l’altro. Quindi, anche da questo campo quasi sterile delle intenzioni cerebrali può crescere qualcosa di buono se costruiscono una vita insieme. Tuttavia, abbiamo bisogno di capire che le condizioni originali e iniziali sono il minimo indispensabile per consentire l’azione della grazia per realizzare un’unione. Una moglie non è solo una compagna di lavoro, e un marito non è solo un amichevole compagno di viaggio, con il quale si fa una piacevole chiacchierata sul treno.

 

Aleksandra Vigiljanskaja:

Alle donne si pensa, in primo luogo, come mogli e madri. È comprensibile che la maggior parte delle ragazze ortodosse desideri formare una famiglia. Allo stesso tempo, nell’ambiente ortodosso, c’è un problema evidente, ci sono nella maggior parte delle nostre parrocchie donne che provano solitudine e si sentono inutili. A causa di ragioni obiettive indipendenti dalla loro volontà, si scopre che queste donne non hanno posto per realizzare il proprio potenziale, per realizzare la loro vocazione alla cura della famiglia e all’educazione dei bambini. Cosa ne pensa, come e in quali settori le donne ortodosse possono mettere a buon frutto il proprio talento? La loro vera vocazione si trova solo nella maternità?

 

Padre Maksim:

Oggi, non direi che “Kinder, Küche und Kirche” (bambini, cucina e chiesa) sia l’unico modo possibile con cui le donne possono trovare compimento nel cristianesimo. Infatti, sappiamo di fatto che non lo è. Molte donne che hanno famiglie forti e crescono i figli con successo sono spesso attive nelle attività pubbliche, nelle arti creative, e anche nel mondo degli affari. Non sono inclini ad abbandonare queste attività, limitandosi solo alle cure domestiche. Si tratta di ben altra cosa, quando la famiglia cessa di essere una priorità importante per le donne. Se fanno una carriera a scapito della educazione dei loro figli e dei valori della famiglia, è chiaro che difficilmente possiamo chiamare questa una scelta cristiana. Fortunatamente, possiamo facilmente evitare tali dure alternative, e, ripeto, ci sono molti esempi in cui una donna è una moglie e madre in alcuni contesti, e in altri settori ha un ruolo professionale e pubblico.

Per quanto riguarda le donne single, che non riescono a creare una famiglia, vi è davvero un grosso problema nel trovare una nicchia che può contenere queste donne. Non tutte le donne sentono una vocazione al monachesimo, e di mandare qualcuno in un monastero con la forza, o fuggivi a causa di fallimenti personali … non è affatto utile. Se una donna non sente una vocazione al monachesimo, se non si impegna in quel tipo di vita, se non sente la chiamata di Dio a essere una sposa di Cristo, che tipo di tipo di monaca sarebbe? Tuttavia, allo stesso tempo, nella moderna pratica ecclesiastica, le donne trovano possibilità limitate di esercitare i propri talenti, e così questo problema non è ancora risolto. Naturalmente, possono realizzarsi nella sfera professionale. Per chi vuole esprimere i suoi sentimenti materni, una donna ontologicamente coerente ha cura dei propri figliocci o aiuta altre famiglie con i loro bambini. Può dare il proprio cuore a un bambino che non ha partorito. In generale, il percorso della singola donna nel cristianesimo è un problema che dobbiamo affrontare a tutti i livelli nella Chiesa. Dobbiamo trovare modi che possano aiutare queste donne a realizzare il loro potenziale; è una necessità. Cosa può offrire la Chiesa a queste donne se non il monachesimo? Potremmo creare nuove istituzioni nelle parrocchie, dove le donne potrebbero trarre beneficio e sentire il calore della cerchia familiare, dove possono sentirsi amate e comprese. Nella vecchia Russia, c’erano bambinaie, donne che assistevano le madri, e anche se non avevano ancora creato la propria famiglia, davano il loro amore e calore in un circolo familiare. A questa domanda non ho una risposta pronta, ma è chiaro che il posto di una donna sola nella Chiesa è un problema che ci sta davanti e richiede una risposta.