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Regola per una vita devota

 

Regole per una vita devota
Di Platone, Arcivescovo di Kostroma
Forzati ad alzarti presto e a un’ora fissa. Appena ti svegli, rivolgi la tua mente a Dio: fai il Segno della Croce, e ringrazialo per la notte che è passata e per tutte le sue misericordie nei tuoi confronti. Chiedigli di guidare ogni tuo pensiero, sensazione e desiderio, in modo che tutto ciò che dici o che fai gli sia gradito.

Quando ti vesti ricorda la presenza del Signore e del tuo Angelo custode. Chiedi al Signore Gesù Cristo di ricoprirti con il manto di salvezza.

Dopo esserti lavato, vai a fare le preghiere del mattino. Prega in ginocchio, con concentrazione, con riverenza e mitezza, come si conviene di fronte agli occhi dell’Onnipotente. Chiedigli di darti fede, speranza e amore, così come una tranquilla forza per accettare tutto ciò che il giorno che viene ti può portare – le sue difficoltà e suoi problemi. Chiedigli di benedire le tue fatiche.

Chiedigli aiuto: per adempiere qualche particolare compito che hai di fronte; per stare alla larga da qualche particolare peccato.

Se puoi, leggi qualcosa dalla Bibbia, soprattutto dal Nuovo Testamento e dai Salmi. Leggi con l’intenzione di ricevere qualche illuminazione spirituale, inclinando il tuo cuore alla compunzione. Dopo avere letto un poco, fermati a riflettere su quanto leggi, e quindi procedi oltre, ascoltando ciò che il Signore suggerisce al tuo cuore.

Cerca di dedicare almeno quindici minuti a contemplare spiritualmente gli insegnamenti della Fede e il profitto della tua anima in quanto hai letto.

Ringrazia sempre il Signore perché non ti ha lasciato perire nei tuoi peccati, ma si preoccupa di te e ti guida in ogni modo possibile al Regno Celeste.

Inizia ogni mattino come se avessi appena deciso di diventare un cristiano e di vivere secondo i comandamenti di Dio.

Andando a fare i tuoi doveri, sforzati di fare tutto alla gloria di Dio. Non iniziare nulla senza preghiera, perché tutto ciò che facciamo senza pregare alla fine si rivela futile o dannoso. Le parole del Signore sono vere: “Senza di me, non potete fare niente.”

Imita il nostro Salvatore, che ha lavorato aiutando Giuseppe e la sua purissima Madre. Mentre lavori, mantieni un buono spirito, affidandoti sempre all’aiuto del Signore. È cosa buona ripetere incessantemente la preghiera: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi misericordia di me peccatore.”

Se i tuoi lavori hanno successo, rendi grazie al Signore; e in caso contrario, affidati alla sua volontà, poiché Egli si prende cura di noi e dirige tutto verso il meglio. Accetta tutte le difficoltà come penitenza per i tuoi peccati – in spirito di obbedienza e di umiltà.

Prima di ogni pasto, prega che Dio benedica il cibo e le bevande; e dopo il pranzo rendi grazie a Dio e chiedigli di non privarti delle sue benedizioni spirituali. È bene lasciare la tavola sentendo un poco di appetito. In ogni cosa, evita gli eccessi. Seguendo l’esempio dei cristiani antichi, digiuna il Mercoledì e il Venerdì.

Non essere avido. Sii contento di avere cibo e vestiti, imitando Cristo che si è impoverito per noi.

Sforzati di compiacere il Signore in tutto, in modo da non essere rimproverato dalla tua coscienza. Ricordati che Dio ti vede sempre, e così sii accuratamente vigilante per quanto riguarda i sentimenti, i pensieri e i desideri del tuo cuore. Evita anche i più piccoli peccati, per non cadere in quelli più grandi. Scaccia dal tuo cuore ogni pensiero o progetto che ti muove lontano dal Signore. Lotta specialmente contro i desideri impuri; scacciali dal tuo cuore come una scintilla di brace che cade sui tuoi vestiti.

Se non vuoi essere turbato da desideri malvagi, accetta mitemente l’umiliazione da parte degli altri.

Non parlare troppo, ricorda che per ogni parola detta dovremo rendere conto a Dio. È meglio ascoltare che parlare: nella verbosità è impossibile evitare il peccato. Non essere curioso di ascoltare novità, che non fanno altro che intrattenere e distrarre lo spirito. Non condannare nessuno, ma considera te stesso peggiore di tutti gli altri. Colui che condanna un altro sta prendendo su di sé i suoi peccati; è meglio lamentarsi per il peccatore, e pregare che Dio lo corregga a modo suo. Se qualcuno non ascolta un tuo consiglio, non discutere con lui. Ma se i suoi atti sono una tentazione per gli altri, prendi misure appropriate, perché il bene di molti deve avere maggior peso di quello di una persona sola.

Non litigare mai, e non cercare scuse. Sii mite, quieto e umile; sopporta tutto, secondo l’esempio di Gesù. Egli non ti caricherà di una croce che eccede le tue forze. Ti aiuterà anche a portare la tua croce.

Chiedi al Signore di darti la grazia di compiere i suoi santi Comandamenti meglio che puoi, anche se sembrano troppo difficili da mantenere. Dopo aver fatto una grande impresa, non aspettarti gratitudine, ma tentazioni: l’amore per Dio è infatti messo alla prova da ostacoli. Non sperare di acquisire qualsiasi virtù senza soffrire amarezza. Nel mezzo delle tentazioni non ti disperare, ma rivolgiti a Dio con brevi preghiere: “Signore, aiuta… Insegnami a… Non lasciarmi… Proteggimi… ” Il Signore permette tentazioni e prove; Egli ci dà anche la forza di superarle.

Chiedi a Dio di allontanare da te tutto ciò che ti riempie di orgoglio, anche se sarà una perdita amara. Cerca di non essere astioso, lugubre, brontolone, diffidente, sospettoso o ipocrita, ed evita la rivalità. Sii sincero e semplice nella tua attitudine.

Accetta umilmente le ammonizioni degli altri, anche se sei più saggio ed esperto.

Ciò che non vuoi che sia fatto a te, non farlo agli altri. Piuttosto, fai loro ciò che desideri che sia fatto a te. Se qualcuno ti visita, sii dolce nei suoi confronti, sii modesto, saggio, e a volte, a seconda delle circostanze, sii anche cieco e sordo.

Quando senti la pigrizia, o una certa freddezza, non lasciare il consueto ordine di preghiera e le pratiche di pietà che hai stabilito. Tutto ciò che fai nel nome del Signore Gesù, anche le cose piccole e imperfette, diventa un atto di pietà.

Se desideri trovare la pace, affidati completamente a Dio. Non troverai pace finché non ti rassereni in Dio, amando solo lui.

Di tanto in tanto isolati, seguendo l’esempio di Gesù, nella preghiera e nella contemplazione di Dio. Contempla l’amore infinito del nostro Signore Gesù Cristo, le sue sofferenze e la sua morte, la sua risurrezione, la sua seconda venuta e il Giudizio finale.

Visita la chiesa quanto più spesso possibile. Confessati più frequentemente e ricevi i Santi Misteri. Facendo così dimorerai in Dio, e questa è la più alta benedizione. Durante la Confessione, pentiti e confessa onestamente e con contrizione tutti i tuoi peccati; il peccato di cui non ci si pente porta infatti alla morte.

Dedica le domeniche a opere di carità e di misericordia; per esempio, visita qualche ammalato, consola qualche afflitto, salva qualche perduto. Se qualcuno aiuterà i perduti a ritornare a Dio, questi riceverà una grande ricompensa in questa vita e nell’era ventura. Incoraggia i tuoi amici a leggere letteratura spirituale cristiana e a partecipare a discussioni su temi spirituali.

Che il Signore Gesù Cristo sia il tuo insegnante in tutto. Fai sempre riferimento a lui rivolgendo a lui la tua mente; chiediti: che cosa farebbe il Signore in simili circostanze?

Prima di andare a dormire, prega apertamente e con tutto il tuo cuore, ricerca e guarda i tuoi peccati del giorno trascorso.

Dovresti sempre spingere te stesso a pentirti con un cuore contrito, con sofferenza e lacrime, per non ripetere i peccati passati.

Andando a letto, fatti il Segno della Croce, bacia la croce, e affidati al Signore Dio, che è il tuo Buon Pastore. Considera che forse questa notte dovrai apparire di fronte a lui.

Ricorda l’amore del Signore nei tuoi confronti e amalo con tutto il tuo cuore, la tua anima e la tua mente.

Agendo in questo modo, raggiungerai la vita beata nel Regno della luce eterna.

La grazia del nostro Signore Gesù Cristo sia con te. Amen.

Regole per una vita devota

 

Regole per una vita devota
Di Platone, Arcivescovo di Kostroma
Forzati ad alzarti presto e a un’ora fissa. Appena ti svegli, rivolgi la tua mente a Dio: fai il Segno della Croce, e ringrazialo per la notte che è passata e per tutte le sue misericordie nei tuoi confronti. Chiedigli di guidare ogni tuo pensiero, sensazione e desiderio, in modo che tutto ciò che dici o che fai gli sia gradito.

Quando ti vesti ricorda la presenza del Signore e del tuo Angelo custode. Chiedi al Signore Gesù Cristo di ricoprirti con il manto di salvezza.

Dopo esserti lavato, vai a fare le preghiere del mattino. Prega in ginocchio, con concentrazione, con riverenza e mitezza, come si conviene di fronte agli occhi dell’Onnipotente. Chiedigli di darti fede, speranza e amore, così come una tranquilla forza per accettare tutto ciò che il giorno che viene ti può portare – le sue difficoltà e suoi problemi. Chiedigli di benedire le tue fatiche.

Chiedigli aiuto: per adempiere qualche particolare compito che hai di fronte; per stare alla larga da qualche particolare peccato.

Se puoi, leggi qualcosa dalla Bibbia, soprattutto dal Nuovo Testamento e dai Salmi. Leggi con l’intenzione di ricevere qualche illuminazione spirituale, inclinando il tuo cuore alla compunzione. Dopo avere letto un poco, fermati a riflettere su quanto leggi, e quindi procedi oltre, ascoltando ciò che il Signore suggerisce al tuo cuore.

Cerca di dedicare almeno quindici minuti a contemplare spiritualmente gli insegnamenti della Fede e il profitto della tua anima in quanto hai letto.

Ringrazia sempre il Signore perché non ti ha lasciato perire nei tuoi peccati, ma si preoccupa di te e ti guida in ogni modo possibile al Regno Celeste.

Inizia ogni mattino come se avessi appena deciso di diventare un cristiano e di vivere secondo i comandamenti di Dio.

Andando a fare i tuoi doveri, sforzati di fare tutto alla gloria di Dio. Non iniziare nulla senza preghiera, perché tutto ciò che facciamo senza pregare alla fine si rivela futile o dannoso. Le parole del Signore sono vere: “Senza di me, non potete fare niente.”

Imita il nostro Salvatore, che ha lavorato aiutando Giuseppe e la sua purissima Madre. Mentre lavori, mantieni un buono spirito, affidandoti sempre all’aiuto del Signore. È cosa buona ripetere incessantemente la preghiera: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi misericordia di me peccatore.”

Se i tuoi lavori hanno successo, rendi grazie al Signore; e in caso contrario, affidati alla sua volontà, poiché Egli si prende cura di noi e dirige tutto verso il meglio. Accetta tutte le difficoltà come penitenza per i tuoi peccati – in spirito di obbedienza e di umiltà.

Prima di ogni pasto, prega che Dio benedica il cibo e le bevande; e dopo il pranzo rendi grazie a Dio e chiedigli di non privarti delle sue benedizioni spirituali. È bene lasciare la tavola sentendo un poco di appetito. In ogni cosa, evita gli eccessi. Seguendo l’esempio dei cristiani antichi, digiuna il Mercoledì e il Venerdì.

Non essere avido. Sii contento di avere cibo e vestiti, imitando Cristo che si è impoverito per noi.

Sforzati di compiacere il Signore in tutto, in modo da non essere rimproverato dalla tua coscienza. Ricordati che Dio ti vede sempre, e così sii accuratamente vigilante per quanto riguarda i sentimenti, i pensieri e i desideri del tuo cuore. Evita anche i più piccoli peccati, per non cadere in quelli più grandi. Scaccia dal tuo cuore ogni pensiero o progetto che ti muove lontano dal Signore. Lotta specialmente contro i desideri impuri; scacciali dal tuo cuore come una scintilla di brace che cade sui tuoi vestiti.

Se non vuoi essere turbato da desideri malvagi, accetta mitemente l’umiliazione da parte degli altri.

Non parlare troppo, ricorda che per ogni parola detta dovremo rendere conto a Dio. È meglio ascoltare che parlare: nella verbosità è impossibile evitare il peccato. Non essere curioso di ascoltare novità, che non fanno altro che intrattenere e distrarre lo spirito. Non condannare nessuno, ma considera te stesso peggiore di tutti gli altri. Colui che condanna un altro sta prendendo su di sé i suoi peccati; è meglio lamentarsi per il peccatore, e pregare che Dio lo corregga a modo suo. Se qualcuno non ascolta un tuo consiglio, non discutere con lui. Ma se i suoi atti sono una tentazione per gli altri, prendi misure appropriate, perché il bene di molti deve avere maggior peso di quello di una persona sola.

Non litigare mai, e non cercare scuse. Sii mite, quieto e umile; sopporta tutto, secondo l’esempio di Gesù. Egli non ti caricherà di una croce che eccede le tue forze. Ti aiuterà anche a portare la tua croce.

Chiedi al Signore di darti la grazia di compiere i suoi santi Comandamenti meglio che puoi, anche se sembrano troppo difficili da mantenere. Dopo aver fatto una grande impresa, non aspettarti gratitudine, ma tentazioni: l’amore per Dio è infatti messo alla prova da ostacoli. Non sperare di acquisire qualsiasi virtù senza soffrire amarezza. Nel mezzo delle tentazioni non ti disperare, ma rivolgiti a Dio con brevi preghiere: “Signore, aiuta… Insegnami a… Non lasciarmi… Proteggimi… ” Il Signore permette tentazioni e prove; Egli ci dà anche la forza di superarle.

Chiedi a Dio di allontanare da te tutto ciò che ti riempie di orgoglio, anche se sarà una perdita amara. Cerca di non essere astioso, lugubre, brontolone, diffidente, sospettoso o ipocrita, ed evita la rivalità. Sii sincero e semplice nella tua attitudine.

Accetta umilmente le ammonizioni degli altri, anche se sei più saggio ed esperto.

Ciò che non vuoi che sia fatto a te, non farlo agli altri. Piuttosto, fai loro ciò che desideri che sia fatto a te. Se qualcuno ti visita, sii dolce nei suoi confronti, sii modesto, saggio, e a volte, a seconda delle circostanze, sii anche cieco e sordo.

Quando senti la pigrizia, o una certa freddezza, non lasciare il consueto ordine di preghiera e le pratiche di pietà che hai stabilito. Tutto ciò che fai nel nome del Signore Gesù, anche le cose piccole e imperfette, diventa un atto di pietà.

Se desideri trovare la pace, affidati completamente a Dio. Non troverai pace finché non ti rassereni in Dio, amando solo lui.

Di tanto in tanto isolati, seguendo l’esempio di Gesù, nella preghiera e nella contemplazione di Dio. Contempla l’amore infinito del nostro Signore Gesù Cristo, le sue sofferenze e la sua morte, la sua risurrezione, la sua seconda venuta e il Giudizio finale.

Visita la chiesa quanto più spesso possibile. Confessati più frequentemente e ricevi i Santi Misteri. Facendo così dimorerai in Dio, e questa è la più alta benedizione. Durante la Confessione, pentiti e confessa onestamente e con contrizione tutti i tuoi peccati; il peccato di cui non ci si pente porta infatti alla morte.

Dedica le domeniche a opere di carità e di misericordia; per esempio, visita qualche ammalato, consola qualche afflitto, salva qualche perduto. Se qualcuno aiuterà i perduti a ritornare a Dio, questi riceverà una grande ricompensa in questa vita e nell’era ventura. Incoraggia i tuoi amici a leggere letteratura spirituale cristiana e a partecipare a discussioni su temi spirituali.

Che il Signore Gesù Cristo sia il tuo insegnante in tutto. Fai sempre riferimento a lui rivolgendo a lui la tua mente; chiediti: che cosa farebbe il Signore in simili circostanze?

Prima di andare a dormire, prega apertamente e con tutto il tuo cuore, ricerca e guarda i tuoi peccati del giorno trascorso.

Dovresti sempre spingere te stesso a pentirti con un cuore contrito, con sofferenza e lacrime, per non ripetere i peccati passati.

Andando a letto, fatti il Segno della Croce, bacia la croce, e affidati al Signore Dio, che è il tuo Buon Pastore. Considera che forse questa notte dovrai apparire di fronte a lui.

Ricorda l’amore del Signore nei tuoi confronti e amalo con tutto il tuo cuore, la tua anima e la tua mente.

Agendo in questo modo, raggiungerai la vita beata nel Regno della luce eterna.

La grazia del nostro Signore Gesù Cristo sia con te. Amen.

La Santa Comunione nella Chiesa Ortodossa

 

La Santa Comunione nella Chiesa Ortodossa
Istruzioni e chiarimenti
La Santa Comunione è il mistero più santo e sublime del culto cristiano: accostandosi al calice eucaristico, i fedeli comunicano al Corpo e al Sangue del Signore Gesù Cristo, e vengono resi partecipi dello Spirito Santo.

Nella Chiesa Ortodossa, la Santa Comunione è circondata da grande riverenza e rispetto, ma talvolta si fa sentire la necessità di una informazione chiara e lineare sulle norme e gli usi che regolano la ricezione di questo sacramento.

Le note che seguono hanno lo scopo di chiarire questi punti, a beneficio sia dei non ortodossi che assistono al rito eucaristico (o Divina Liturgia) della Chiesa Ortodossa, sia degli ortodossi che desiderano approfondire la propria tradizione.

Professione di Fede

Il requisito fondamentale per ricevere la Santa Comunione (che spesso viene dato tanto per scontato da non essere neppure nominato) è quello della fede. Uno può accostarsi al Santo Calice solo se professa la fede ortodossa (o, per la comunione dei bambini, se la professa un genitore o un padrino o tutore).

La stessa ricezione della Comunione, infatti, è di per sé una professione di fede; il comunicante testimonia con il suo atto che nella chiesa che gli offre il Corpo e il Sangue di Cristo è presente la pienezza della fede apostolica. In un senso più profondo, colui che riceve i santi Misteri nella Chiesa Ortodossa denuncia la propria appartenenza a tale Chiesa, impegnandosi a professarne la fede, e a seguirne le norme e la disciplina.

Per questa ragione, ai non ortodossi non è solitamente concesso di ricevere la Comunione. È pur vero che, in casi eccezionali di una certa gravità, a cristiani non ortodossi, interamente tagliati fuori dai ministri di culto della propria Chiesa, viene concesso con permesso speciale il privilegio di accostarsi alla Comunione ortodossa, pur senza diventare di fatto membri della Chiesa Ortodossa. Bisogna ricordare, però, che tale privilegio è di norma riservato al Vescovo del luogo, e che un singolo prete non ha l’autorità di stabilire eccezioni.

Confessione dei peccati

Poiché la singola professione di fede non implica sempre che tale fede venga vissuta in modo ideale, la Chiesa offre, per ritrovare l’equilibrio e l’orientamento della propria vita spirituale, il sacramento della Confessione. La tradizione stabilisce la confessione dei peccati, e la conseguente assoluzione sacramentale, come uno dei requisiti alla ricezione della Santa Comunione.

Poiché la Confessione è un rimedio ai mali specifici di ogni singola anima, non esistono regole generalizzate sulla frequenza della confessione. È sufficiente dire che, per coloro che si comunicano con frequenza (per esempio ogni domenica), non è necessario far precedere ogni comunione da una confessione completa. È bene, in ogni caso, attenersi alle indicazioni del proprio padre spirituale.

È invalso oggi l’uso, dove il tempo dei confessori è limitato, di far precedere la comunione da un’assoluzione sacramentale, che può essere individuale o collettiva. Questo tipo di assoluzione preliminare non è comunque un sostituto della confessione completa dei peccati (soprattutto nel caso di chi abbia colpe gravi sulla coscienza). Dato che si tratta di un sacramento, anche questa assoluzione resta riservata, così come la Comunione, a coloro che professano la fede ortodossa.

Preghiera

È richiesta a ogni partecipante, per quanto possibile, una preparazione di preghiera. Tipicamente, questa preparazione si effettua partecipando alla funzione della Grande Veglia (o quanto meno al Vespro) la sera precedente alla Divina Liturgia. Laddove

questo non sia possibile, chi desidera comunicarsi può supplire con adeguate preghiere preparatorie (per il testo di queste preghiere, che sono obbligatorie per i membri del clero, potete rivolgervi alla vostra parrocchia).

Per favorire un clima di raccoglimento, a chi si accosta alla Santa Comunione è richiesto di astenersi, alla sera precedente, da attività mondane e dispersive (come la danza) o, nel caso di sposi, da rapporti coniugali (questo non per disprezzo verso la sessualità, ma per un senso di priorità del nutrimento dello spirito).

La Santa Comunione si conclude con preghiere di ringraziamento, che dovrebbero essere recitate da un lettore dopo la conclusione della Divina Liturgia.

Digiuno

Nella Chiesa Ortodossa chi desidera ricevere la Santa Comunione non deve mangiare o bere nulla dal momento del risveglio al mattino. Questa regola vale anche nei rari casi di Liturgie vespertine, ma in tali casi è di solito tollerato un digiuno di sei ore.

Il digiuno eucaristico non include le medicine o altre sostanze amministrate a scopo terapeutico, ma include il fumo e altre sostanze assunte a scopo ricreativo.

Non sono infrequenti, nel mondo ortodosso, casi di fedeli particolarmente devoti, che prima di comunicarsi osservano anche uno o più giorni di digiuno totale: queste sono forme di devozione personale (talora legate a usi locali), del tutto rispettabili, ma che non vanno generalizzate: l’unico requisito di tempo comune a tutta la Chiesa Ortodossa è quello del digiuno completo fin dal risveglio al mattino della Comunione.

È sempre buona cosa, comunque, informarsi (v. sotto, “Usi locali”) se nella parrocchia dove ci si comunica vige qualche particolare regime di digiuno, se non altro per evitare equivoci.

In casi di necessità particolari, è possibile ottenere dal sacerdote una dispensa dal digiuno.

L’Antìdoro

Alla conclusione della Divina Liturgia, ai partecipanti viene distribuito l’antìdoro, un pezzo del pane dell’offerta eucaristica, che è stato benedetto durante il rito della Presentazione dei doni, ma non consacrato. Dato il suo nome (anti-doro, ovvero “al posto del dono”), esso viene consumato da coloro che, per diverse ragioni, non hanno ricevuto la Santa Comunione.

La distribuzione dell’antidoro non è regolata ovunque dalle stesse tradizioni (alcuni sostengono che l’antidoro, così come la Santa Comunione, andrebbe consumato a digiuno; gli ortodossi più rigoristi tavolta escludono dall’antidoro i non ortodossi).

In assenza di indicazioni contrarie, comunque, tutti coloro che hanno partecipato alla Divina Liturgia sono invitati a ricevere l’antidoro, e, se lo desiderano, a portarne a casa per consumarlo con i propri cari, come segno di fraternità cristiana.

Usi locali

Vi sono particolari, nell’amministrazione della Santa Comunione, legati a tradizioni locali, che possono variare da una chiesa ortodossa a un’altra. Per fare un esempio, nelle chiese ortodosse romene vi è l’uso, legato simbolicamente alla professione dei voti battesimali, di presentarsi alla comunione reggendo una candela accesa; nelle chiese di tradizione slava, invece, è uso accostarsi alla comunione con le mani incrociate sul petto, nel gesto che simbolizza il ministero degli angeli; in alcune chiese, una volta ricevuta la Comunione, si usa baciare la base del calice, talora la coppa del calice, o la mano del sacerdote, e così via.

Di fronte a usi non conosciuti, il miglior consiglio è quello di adeguarsi alle modalità della chiesa nella quale ci si trova, chiedendo eventualmente informazioni e spiegazioni.

Le candele

Le candele

 

 

Che cosa fa un cristiano ortodosso appena varcata la soglia di una chiesa? In nove casi su dieci, va al banco delle candele. La nostra pratica del cristianesimo, il nostro coinvolgimento nel suo rito, inizia con una piccola candela di cera d’api. È impossibile immaginare una chiesa ortodossa in cui non si accendono candele.

 

Il Beato Simeone di Tessalonica (XV secolo), commentatore della Liturgia, dice che la cera pura simbolizza la purezza e la castità di quanti la offrono. L’offerta è un segno di pentimento per l’ostinazione e la volontà personale. La morbidezza e la flessibilità della cera indicano la nostra prontezza a obbedire a Dio. La candela che brucia rappresenta la deificazione dell’essere umano, il suo divenire creatura nuova attraverso il fuoco dell’amore di Dio.

 

Inoltre, la candela è un testimone della fede, della nostra appartenenza alla luce divina. Esprime la fiamma del nostro amore per il Signore, per la Madre di Dio, per gli angeli e per i santi. Non si deve accendere una candela con il cuore freddo, come mera formalità. L’azione esterna deve avere il supplemento della preghiera, anche la più semplice, usando le proprie parole.

 

Una candela accesa è presente in molte funzioni della chiesa. Ne tengono in mano una i nuovi battezzati, e quanti si uniscono l’uno all’altra nel mistero del Matrimonio. Il rito del funerale si compie in mezzo a una moltitudine di candele accese. Proteggendo dal vento le loro candele accese, i fedeli camminano nelle processioni della Croce. Non vi sono regole assolute su quali e quante candele si devono offrire. Il loro acquisto è un piccolo sacrificio a Dio, volontario e non pesante. Una candela larga e costosa non è portatrice di maggiore grazia rispetto a una piccola.

 

Chi è meticoloso ad andare in chiesa cerca di accendere diverse candele in ogni visita: davanti all’icona della festa al centro della chiesa, all’icona del Salvatore o della Madre di Dio – per la salute dei propri cari, e al candelabro rettangolare (kanun) di fronte alla Croce – per il riposo delle anime dei defunti. Se il cuore lo desidera, si possono accendere candele a qualsiasi santo.

 

Talvolta accade che tutti gli spazi di un candelabro siano pieni, e non c’è posto per accendere un’altra candela. Non si dovrebbe spegnere una candela che sta ancora bruciando per rimpiazzarla con la propria. È meglio chiedere a uno degli attendenti di accenderla al momento appropriato. E nessuno si deve rattristare se, alla fine della funzione, la sua candela viene spenta; il sacrificio è già stato accettato da Dio.

 

Non c’è ragione di credere che si debba accendere una candela solo con la mano destra, che se la candela si spegne da sola questo sia un segno sfortunato, o che bruciacchiare il fondo di una candela per farla meglio aderire al candelabro sia un peccato, etc. Ci sono molte superstizioni simili, e sono tutte prive di senso.

 

La candela di cera che brucia è gradita a Dio, ma Egli gradisce ancor di più l’ardore dei cuori. La nostra vita spirituale, la nostra partecipazione alle funzioni della chiesa, non è limitata alle candele. Le candele non ci liberano dai peccati, non ci uniscono a Dio, e non ci danno il potere di combattere la guerra spirituale. La candela è ricca di significato simbolico, ma noi non siamo salvati dai simboli, bensì dalla piena realtà, la Grazia increata di Dio.

 

Perché usare candele di cera d’api?

La cera pura d’api, così come l’olio d’oliva, il vino, il frumento e altre sostanze naturali e pure, è un elemento essenziale del culto della Chiesa ortodossa. La cera, anche se prodotta dalle api, non contiene materiale di origine animale, e pertanto simbolizza sia la purezza dei doni, sia la sincerità di chi dona.

La cera d’api viene impiegata assieme all’olio per alimentare le luci davanti agli oggetti sacri, ed è stata usata nella pratica costante della Chiesa ortodossa fin dai primi secoli. Purtroppo, a causa della mentalità molto utilitaristica introdotta anche nelle chiese negli ultimi secoli, oggi si fa ricorso in molti luoghi di culto ortodossi a candele composte in quantità più o meno elevata di paraffina.

La paraffina si produce “decerando” i residui del petrolio dall’olio lubrificante. Per fare candele, il petrolio deve essere purificato per mezzo di un’operazione decerante a base di solventi. Il petrolio è trattato con acido solforico seguito dal filtraggio nella creta e dalla deodorazione per rimuovere le impurità. La paraffina di petrolio, di cui sono fatte la maggior parte delle candele commerciali, è anche la base della fabbricazione di etano, propano e butano. La presenza di alcune impurità nella paraffina può dare origine a irritazioni della pelle e in rari casi all’eczema (infiammazione cronica della pelle). Le candele di paraffina producono una fuliggine nera che ricopre gradualmente dipinti, arredi e mura. Talora è visibile sulle candele stesse. Queste tendono anche a gocciolare eccessivamente, lasciando spesso colate mentre bruciano.

La ragione dell’uso della paraffina è esclusivamente di natura economica: mischiando la cera con paraffina – o sostituendola del tutto – si riducono i costi di produzione. Questo atto, però, non resta senza risultati sul piano della pratica della fede cristiana. Se crediamo – e siamo disposti ad ammetterlo con tutta la forza del nostro ragionamento – che “solo il nostro meglio è buono abbastanza per un’offerta al Signore”, allora la trasformazione di un’offerta di prima qualità in un’offerta più scadente equivale simbolicamente a una perdita di fede. Leggiamo a proposito il capitolo 4 della Genesi: Caino fa un’offerta che Dio non gradisce (a differenza di Abele, che offre le primizie del suo gregge), e le conseguenze di questo gesto sono tragiche.

Certo, le condizioni di difficoltà di una chiesa ortodossa che sorge fuori di un proprio ambiente tradizionale – e senza i canali adeguati di rifornimento di materiali – giustificano più che ampiamente il ricorso a forme provvisorie per venire incontro alle necessità immediate (si può ricordare a proposito anche l’uso delle riproduzioni di icone al posto delle vere icone dipinte). Ciò non toglie, tuttavia, che quanto prima possibile una chiesa ortodossa dovrebbe adeguarsi al meglio del proprio ideale di culto, senza rimanere adagiata sui surrogati mondani.

La regola del digiuno nella Chiesa Ortodossa

Le regole del digiuno nella Chiesa Ortodossa
L’insegnamento tradizionale della Chiesa sul digiuno oggi non è ampiamente conosciuto o seguito. Per quei cristiani ortodossi che cercano di tenere un digiuno più disciplinato, le informazioni che seguono possono essere utili.

Anche se le regole possono sembrare molto strette a chi non le ha viste prima, sono state sviluppate tenendo in mente tutti i fedeli, non solo i monaci. (I monaci non mangiano carne, perciò le regole sul consumo della carne non sono state scritte per loro. In maniera simile, le regole sull’astinenza dai rapporti coniugali si applicano solo alle coppie sposate.) Anche se pochi laici sono in grado di mantenere appieno le regole, sembra meglio presentarle senza un giudizio su quale livello sia “appropriato” per i laici, dato che questo è un punto che è meglio che ogni cristiano sviluppi personalmente, sotto la guida del proprio padre spirituale.

Vi sono molte eccezioni alle regole che qui sono date in linee generali: per esempio, quando una festività importante o la festa patronale cadono in un periodo di digiuno. Consultate il vostro prete e un calendario per avere altri dettagli.

 

Periodi liberi dal digiuno

Per il cristiano, non ci sono cibi impuri. Quando non è prescritto un digiuno, non ci sono cibi proibiti.

 

Digiuni durante la settimana

Se non si è in un periodo libero dal digiuno, i cristiani ortodossi sono chiamati a tenere un digiuno stretto ogni mercoledì e venerdì. Si evitano i seguenti cibi:

Carne (incluso il pollame), e ogni prodotto a base di carne, come il lardo e I brodi di carne.

Pesce (si intende pesci con lisca; crostacei e molluschi sono permessi).

Uova e latticini (latte, burro, formaggio, etc.)

Olio d’oliva. Un’interpretazione letterale della regola vieta solo l’olio d’oliva. Soprattutto in quei paesi dove l’olio d’oliva non è una parte principale della dieta, la regola è talvolta estesa a includere tutti i tipi di olio vegetale, e talora anche i sottoprodotti dell’olio come la margarina.

Vino e altre bevande alcoliche. In molte tradizioni la birra è permessa nei giorni di digiuno.

 

Quanto?

Purtroppo, è facile tenere la lettera delle regole di digiuno e continuare a soddisfare la golosità. Quando si digiuna, si dovrebbe mangiare in modo semplice e modesto. I monaci mangiano un solo pasto completo in un giorno di digiuno. I laici non sono incoraggiati a limitare i pasti nello stesso modo: consultate il vostro prete.

 

Eccezioni

La Chiesa ha sempre esentato dal digiuno stretto i bambini piccoli, i malati, gli anziani, le donne in gravidanza e durante l’allattamento. Mentre le persone che ricadono in questi gruppi non dovrebbero limitare seriamente il loro cibo, non c’è alcun male nell’astenersi da alcuni tipi di cibo per due giorni alla settimana, mangiando semplicemente a sufficienza di tutto quanto è permesso. Le eccezioni al digiuno basate su necessità mediche (come nel caso del diabete) sono sempre permesse.

 

Digiuno eucaristico

Perché il Corpo e il Sangue del Signore siano il nostro primo cibo e bevanda nel giorno della comunione, ci asteniamo da ogni cibo e bevanda dal momento in cui andiamo a dormire alla sera precedente (o dalla mezzanotte, se questa viene prima). Le coppie sposate dovrebbero astenersi dalle relazioni coniugali nella notte prima della comunione.

Quando la comunione è alla sera, come nelle Liturgie dei Presantificati durante la Quaresima, questo digiuno dovrebbe se possibile essere esteso per tutto il giorno fino al momento della comunione. Per quelli che non possono mantenere questa disciplina, talvolta si prescrive un digiuno totale a partire da mezzogiorno.

 

La Grande Quaresima

La Grande Quaresima è la più lunga e stretta stagione di digiuno dell’anno.

Nella settimana prima della Grande Quaresima (“Settimana dei Latticini”), la carne e i suoi derivati sono proibiti, ma le uova e I latticini sono permessi anche al mercoledì e al venerdì.

Prima settimana di Quaresima: si fanno solo due pasti completi nei primi cinque giorni, al mercoledì e al venerdì dopo la Liturgia dei Presantificati. Non si mangia nulla dal lunedì mattino al mercoledì sera, il più lungo periodo senza cibo nell’anno ecclesiastico (pochi laici seguono questa regola nella sua pienezza). Per i pasti del mercoledì e del venerdì, come per tutti i giorni infrasettimanali di Quaresima, si evitano carne e derivati, uova, latticini pesce, vino e olio. Al sabato della prima settimana, inizia la consueta regola per i sabati e le domeniche di Quaresima (vedi sotto).

Giorni infrasettimanali dalla seconda alla sesta settimana di Quaresima: la regola stretta di digiuno si segue ogni giorno (si evitano carne e derivati, uova, latticini pesce, vino e olio).

Sabati e domeniche dalla seconda alla sesta settimana di Quaresima: sono permessi vino e olio; altrimenti, si tiene la regola del digiuno stretto.

Settimana Santa: Il pasto della sera del Giovedì Santo è idealmente l’ultimo pasto prima della Pasqua. In questo pasto sono permessi vino e olio; il digiuno del Santo e Grande Venerdì è il più stretto dell’anno: anche a quelli che non hanno tenuto uno stretto digiuno quaresimale è chiesto di non mangiare nulla in questo giorno. Dopo la Liturgia di San Basilio al Sabato Santo, si può prendere un po’ di vino e frutta per sostenersi. Il digiuno si conclude al sabato notte dopo il Mattutino della Risurrezione, o al più tardi dopo la Divina Liturgia di Pasqua.

Vino e olio sono permessi in diversi giorni di festa, se questi cadono in un giorno infrasettimanale di Quaresima. Consultate il vostro calendario parrocchiale. All’Annunciazione e alla Domenica delle Palme, è permesso pure il pesce.

 

Digiuno degli Apostoli

La regola per questo digiuno di lunghezza variabile è meno rigida di quella della Grande Quaresima.

Lunedì, mercoledì, venerdì: digiuno stretto.

Martedì, giovedì: permesso di olio e vino.

Sabato, domenica: permesso di olio, vino e pesce.

Questa è la regola seguita da molti monasteri durante I periodi liberi da digiuno.

 

Digiuno della Dormizione

Il digiuno durante il periodo di due settimane che precede la Dormizione è come quello della maggior parte della Grande Quaresima:

Da lunedì a venerdì: digiuno stretto.

Sabato e domenica: permesso di olio e vino.

 

Digiuno della Natività

Durante la prima parte del digiuno, la regola è identica a quella del Digiuno degli Apostoli. Durante l’ultima parte, non si mangia più il pesce il sabato e la domenica. In differenti tradizioni, questa intensificazione del digiuno avviene o nell’ultima settimana o nelle ultime due settimane.

 

Altri digiuni

La vigilia della Teofania, l’Esaltazione della Croce e la Decapitazione di Giovanni Battista sono giorni di digiuno, con permesso di vino e di olio.

 

Periodi liberi da digiuno

Come complemento delle quattro stagioni di digiuno della Chiesa vi sono quattro settimane libere da digiuno:

Dalla Natività alla vigilia della Teofania.

La settimana dopo la domenica del Pubblicano e del Fariseo.

Settimana Luminosa — la settimana dopo la Pasqua.

Settimana della Trinità — la settimana dopo Pentecoste, che termina con la Domenica di tutti i Santi.

 

Il digiuno coniugale

Alle coppie sposate è richiesto di astenersi dalle relazioni sessuali per tutte le quattro stagioni di digiuno della Chiesa, così come nei digiuni settimanali del mercoledì e del venerdì. Questo aspetto delle regole del digiuno è forse ancor più ampiamente ignorato, e per molti è più difficile di quelli relativi al cibo. In considerazione di questo, alcune fonti suggeriscono una regola più modesta e minimale: le coppie dovrebbero astenersi dalle relazioni sessuali la notte prima di ricevere la Santa Comunione e per tutta la Settimana Santa.

 

Questioni di salute

Durante le stagioni di digiuno, evitare i cibi proibiti non crea rischi per la salute fintanto che si consumano dosi adeguate degli altri cibi.

L’apporto di calcio e un adeguato regime calorico possono essere una preoccupazione per alcune persone. Gli integratori di calcio sono un modo per garantire un apporto significativo di calcio in assenza di prodotti caseari. Noci e frutta secca sono una buona fonte di calorie per chi ha bisogno di mantenere il peso in un periodo di digiuno.

Se il digiuno è per voi una novità, potete trovare stressante l’inizio di sintomi di fame. Questi sintomi non sono dannosi: sono semplicemente una parte del digiuno.

I primi giorni di un lungo periodo di digiuno sono spesso i più difficili. Non fatevi scoraggiare da mal di testa, fatica, e così via, all’inizio di una stagione di digiuno: spariranno presto, o si ridurranno di intensità. Se avete paura del torpore dell’inattività, fate esercizio fisico moderato. Una breve camminata può portare una sorprendente differenza alla vostra energia.

Nei negozi di alimentari, leggete con attenzione le etichette. Spesso si usano burro, derivati del latte, estratti di carne e lardo come additivi.

Se non sapete cosa cucinare durante il digiuno, consultate uno dei numerosi ricettari vegetariani oggi disponibili. Sono in vendita diversi buoni “ricettari quaresimali”.

 

Le regole qui descritte sono naturalmente solo una parte, la più esterna, di un vero digiuno, che includerà preghiere più intense e altre discipline spirituali, e può includere l’impegno di mettere da parte altri aspetti di vita quotidiana (come la caffeina o la televisione), o di intraprendere pratiche come le visite ai malati.

Ovviamente, molti ortodossi non seguono la regola tradizionale. Se la adottate, state attenti a non inorgoglirvi, e non fate attenzione al digiuno degli altri, ma solo al vostro. Come disse un monaco, dobbiamo “tenere gli occhi fissi sul nostro piatto”.

Non sostituite la nozione di “decidere cosa abbandonare per la Quaresima” alla regola che la Chiesa ci ha dato. Prima, mantenete la regola di digiuno della Chiesa per quanto ne siete capaci, poi deciderete riguardo a discipline aggiuntive, consultandovi con il vostro prete.

Ci è sempre consigliato di digiunare secondo le nostre forze, e potete scoprire dall’esperienza che avete bisogno di modificare la regola del digiuno per adattarla alle vostre forze e alla vostra situazione. Ma non considerate dal principio che la regola è troppo difficile per voi. Il Signore è la nostra forza, e ci può sostenere in modi meravigliosi e imprevedibili.

Chi cerca di mantenere il digiuno tradizionale della Chiesa troverà che, anche se le tentazioni di orgoglio e legalismo sono reali, i benefici spirituali sono grandi. Un ritorno a un digiuno più diligente può avere una grande parte nel rinnovamento spirituale delle nostre chiese ortodosse.

 

Detti sul digiuno

San Simeone il Nuovo Teologo: ‘Che ciascuno di noi tenga a mente I benefici del digiuno… Questo guaritore delle nostre anime riesce in un caso a quietare le febbri e gli impulsi della carne, in un altro a mitigare il cattivo temperamento, in un altro ancora a scacciare il sonno, in un altro a risvegliare lo zelo, e in un altro ancora a ridare purezza di mente e a liberare dai cattivi pensieri. In uno controllerà la lingua sciolta, lo custodirà con timor di Dio e lo preverrà dal pronunciare parole vane e corrotte. In un altro custodirà invisibilmente i suoi occhi e li fisserà verso l’alto, invece di permettere loro di vagare qua e là, e così lo farà guardare a se stesso, insegnandogli a essere attento alle proprie colpe e mancanze. Il digiuno disperde e scaccia gradualmente l’oscurità spirituale e il velo del peccato che è steso sull’anima, così come il sole scaccia la nebbia. Il digiuno ci mette in grado di vedere l’aria spirituale in cui Cristo, il sole che non conosce tramonto, non sorge, ma risplende senza fine. Il digiuno, aiutato dalla veglia, penetra e addolcisce la durezza del cuore. Dove un tempo c’erano i vapori dell’ubriachezza, fa sgorgare fontane di compunzione. Vi supplico, fratelli, che ognuno di noi si sforzi perché questo si realizzi in noi! Quando si realizzerà passeremo prontamente, con l’aiuto di Dio, attraverso tutto il mare delle passioni e le onde delle tentazioni inflitte dal crudele tiranno, e arriveremo così a mettere ancora nel porto dell’impassibilità’.

‘Fratelli miei, non è possibile che queste cose si compiano in un giorno o in una settimana! Prenderanno molto tempo, fatica e dolore, secondo l’attitudine e la buona volontà di ciascuno, secondo la misura della fede e il proprio disprezzo per gli oggetti della vista e del pensiero. Inoltre, è anche secondo il fervore della propria incessante penitenza e il suo lavoro incessante nella camera segreta del proprio cuore che ciascuno realizzerà questo compito più velocemente o più lentamente per il dono e la grazia di Dio. Ma senza il digiuno nessuno è mai stato capace di raggiungere qualsiasi virtù, perché il digiuno è l’inizio e il fondamento di ogni attività spirituale.

— Simeone il Nuovo Teologo: I Discorsi.

La Madre Gavrilia di beata memoria passò molto tempo viaggiando al servizio di Cristo in luoghi che la separavano dalla vita liturgica quotidiana della Chiesa. Specialmente durante questi tempi, il consiglio del suo padre spirituale, l’Archimandrita Lazarus Moore, la mise su un buon cammino:

‘Il digiuno è una delle nostre armi più grandi contro il maligno. Ripeterò ciò che Padre Lazarus mi disse una volta. Nel 1962, andai negli Stati Uniti. Vi rimasi per lungo tempo, viaggiando in molti stati. Le lettere di Padre Lazarus erano di grande aiuto… Era solito dire: “Vai dovunque vuoi, fai quello che vuoi, fintanto che osservi il digiuno “… Poiché non una singola freccia del maligno può raggiungerti mentre digiuni. Mai.’

— Asceta dell’amore (la biografia di Madre Gavrilia).

San Serafino di Sarov sul digiuno: ‘Un giorno venne da lui una madre preoccupata di come combinare il miglior matrimonio possibile per la sua giovane figlia. Quando andò da San Serafino a chiedere consiglio, egli le disse: “Prima di tutto, assicurati che colui che tua figlia sceglierà come compagno di vita tenga i digiuni. Se non lo fa, non è un cristiano, qualsiasi cosa ritenga di essere.”‘

— Da un sermone del Metropolita Filaret, citato ne La scala dell’ascesi divina.

Abba Daniel di Scete: ‘Nella proporzione in cui il corpo si ingrassa, l’anima si assottiglia.’

I

La preparazione alla Santa Comunione

La preparazione alla Santa Comunione
Seminario pastorale tenuto presso il monastero di San Daniele a Mosca il 27 dicembre 2006
Una tavola rotonda intitolata «Preparazione alla santa comunione: pratiche storiche e approcci attuali per risolvere il problema» si è tenuta il 27 dicembre 2006 al monastero di San Daniele a Mosca. Alcuni noti preti moscoviti hanno preso parte alla discussione: gli arcipreti Vladislav Sveshnikov, Vladimir Vorobiev, Dimitri Smirnov, Vsevolod Chaplin, Nikolaj Balashov, Aleksij Uminskij. I preti dei villaggi erano rappresentati dall’arciprete Valerian Krechetov. I lavori si sono svolti sotto la presidenza del vescovo Mark (Golovkov) di Yegoriev. La discussione è stata diretta dall’igumeno Petr (Meshcherinov), direttore della scuola di servizio giovanile del Centro patriarcale di sviluppo spirituale dei bambini e dei giovani, e prete di una delle parrocchie della periferia di Mosca.

da sinistra: L’archimandrita Aleksij (Polikarpov), il vescovo Mark (Golovkov), l’igumeno Petr (Meshcherinov).

Prima dell’inizio della conferenza il superiore del monastero di San Daniele, l’archimandrita Aleksij (Polikarpov) ha letto un messaggio ai partecipanti del Patriarca Alessio II, il cui contenuto testimonia l’alta importanza che il primate della Chiesa Ortodossa della Rus’ accorda ai problemi del rinnovamento liturgico e alla formazione di un «approccio sano alle condizioni di preparazione alla comunione». «I preti di parrocchia, i servitori dei luoghi di culto e i padri spirituali hanno un’enorme responsabilità. Da un lato si tratta di non offendere la santità dei sacramenti, dall’altro di non allontanare le persone dalla comunione ecclesiale, dalla vita eucaristica, dalla compartecipazione alla natura divina, dalla stessa salvezza, per mezzo di un rigorismo eccessivo e ingiustificato», dice il messaggio.

I partecipanti sono stati unanimi a osservare che il tema era di un’attualità scottante, che è «di importanza vitale per ogni fedele», che il tempo della discussione «è da lungo maturo», come ha detto il vescovo Mark. Si è proposto di discutere la frequenza alla comunione, del suo legame con la pratica ecclesiale di ciascuno, del digiuno eucaristico e della confessione nei casi di comunione frequente, della regola di preghiera per la preparazione alla comunione e di altre questioni attuali.

All’inizio, l’igumeno Petr (Meshcherinov) ha tentato di dare un carattere concreto alla discussione richiamando esempi di «ciò che ogni pastore si trova di fronte». Secondo lui, nel corso di 10-15 anni di rinnovamento della Chiesa Ortodossa in Russia si è costituita tutta una generazione di parrocchiani che hanno l’abitudine di prendere parte con regolarità e consapevolezza ai sacramenti, ma per i quali le «norme comuni» della preparazione alla comunione ammesse nella nostra Chiesa: un digiuno di tre giorni, una regola di preghiera voluminosa, la confessione individuale obbligatoria, «costituiscono un ostacolo alla comunione frequente». Numerosi padri spirituali potrebbero rilassare i requisiti, ma esitano a farlo per timore di infrangere la tradizione. Secondo l’igumeno Petr, si percepisce molto bene il fenomeno che i fedeli, «una volta passato lo slancio d’entusiasmo del neofita», «si stancano di regole e norme», cosa che li conduce alla tiepidezza, all’indifferenza, e a volte perfino all’allontanamento dalla Chiesa. L’osservazione stretta della regola in vigore costituisce un enorme problema per gli studenti, i viaggiatori, i pellegrini. Non è un segreto che «senza nemmeno parlare delle chiese di provincia, in metà delle chiese di Mosca non si da la comunione ai fedeli nel periodo dopo Natale e nella settimana dopo la Pasqua…»

Se si vede nell’eucaristia «il più grande dono», è inammissibile che la preparazione alla comunione arrivi a sembrare «l’acquisto d’un biglietto», «che si deve meritare con lo sforzo, per cui si deve lavorare». Alcuni preti mettono l’accento sulle regole e le interdizioni piuttosto che sulla morale evangelica. La situazione è ancora complicata dalla manifestazione «d’una forma di clericalismo»: i pastori non digiunano essi stessi prima della comunione, ma esigono che i laici lo facciano, cosa che introduce «un doppio standard nel seno dell’unico Corpo di Cristo».

Il vescovo Mark è d’accordo nel dire che una tale esigenza «favorisce l’ipocrisia» e distrugge «le relazioni tra i pastori e il loro gregge». La tradizione del digiuno di tre giorni e della confessione obbligatoria è un’eredità del periodo sinodale, durante il quale ci si comunicava raramente, una o due volte l’anno. Oggi noi condanniamo quelli che desiderano comunicarsi «a un digiuno perpetuo, un fardello che non tutti possono portare», che «non mancherè di esercitare un’influenza negativa sulla vita spirituale nella Chiesa». «La confessione è una pratica molto importante», ha aggiunto, ricordando che l’Oriente non conosceva la pratica della confessione costante, prima di ogni comunione, e che non tutti i preti sono autorizzati a ricevere confessioni e a pronunciare l’assoluzione. Tuttavia, la Russia ha visto svilupparsi un’altra tradizione, e questa da un lato è molto importante oggi, quando vi sono molte persone che sono «poco istruite in ciò che concerne la Chiesa», ma dall’altro lato trova nella nostra Chiesa «approcci differenti, spesso assai stravaganti». Ecco perché conviene «esaminare e precisare in modo conciliare» la pratica ammessa, evitando al tempo stesso «i movimenti troppo bruschi».

Una nota informativa sulle principali tappe storiche che ha conosciuto la preparazione alla comunione è stata presentata da Alexandr Bozhenov, collaboratore del Centro patriarcale di sviluppo spirituale dei bambini e dei giovani. Come si sa, la Chiesa antica conosceva la pratica della comunione settimanale, che aveva per esigenza principale la vita secondo il Vangelo e la riconciliazione con il prossimo. Il «digiuno eucaristico» era ridotto a ricevere la comunione in  stato di digiuno, cosa che non era neppure obbligatoria durante i tempi apostolici. Nei primi secoli del cristianesimo non si conosceva la confession individuale, con l’eccezione dei casi di peccato mortale, che davano luogo a una penitenza pubblica seguita frequentemente da una interdizione di comunicarsi per un certo lasso di tempo. Si stimava che accostandosi al calice, «ciascuno dovesse esaminare la propria coscienza». Alla questione della purezza corporea (sioprattutto nei casi che riguardavano le donne durante il loro ciclo o nel periodo post-natale) diverse risposte sono state date da diversi ierarchi. A partire dal periodo costantiniano la situazione cambia: i Padri della Chiesa si lamentano della pratica della comunione poco frequente (annuale), l’abitudine monastica della confessione dei pensieri è portata tra i laici.

In Russia, la confessione segreta rimpiazza la confessione pubblica nel corso dei secoli X-XII. Nel XII secolo s’impone l’abitudine di confessarsi obbligatoriamente durante la grande Quaresima, e di seguire le indicazioni di un padre spirituale. A partire dal XIV secolo ci si confessa quattro volte l’anno, nel corso delle principali quaresime: la grande Quaresima, la quaresima del Natale, dei santi Pietro e Paolo, della Dormizione. Nel XVI secolo s’impone la regola delle preghiere preparatorie alla comunione, molto vicina a quella che è tuttora in vigore oggi, così come l’usanza di prepararsi durante un’intera settimana al sacramento (govenie).

Per quanto concerne il periodo sinodale, l’intervento ha sottolineato il ruolo particolare di san Giovanni di Kronstadt, le cui confessioni collettive erano conosciute in tutta la Russia, e che accordava più importanza «al cambiamento del interiore, alla preparazione del cuore, ppiuttosto che all’applicazione meccanica d’una regola di preghiera». A. Bozhenov ha stimato che questa pratica abbia portato i suoi frutti durante il periodo di persecuzioni contro la Chiesa nel XX secolo.

i sacerdoti Vsevolod Chaplin, Nikolaj Balashov, Aleksandr Marchenkov 

I partecipanti hanno quindi ascoltato con un’attenzione tutta particolare la nota d’informazione preparata dall’arciprete Nikolaj Balashov concernente le pratiche ammesse in certe Chiese locali. Queste tradizioni non sono solamente differenti a seconda delle Chiese, ma possono essere diverse in seno a una stessa Chiesa. Così nella Chiesa greca, la frequenza della comunione è «variabile». Quelli che si comunicano raramente, possono osservare periodi variabili di digiuno, secondo il loro stato di salute, mentre a quelli che si comunicano frequentemente non è raccomandato altro che di osservare i periodi di digiuno abituali. La confessione non è associata alla liturgia eucaristica e non costituisce un preliminare alla comunione. Un giorno della settimana è generalmente fissato per le confessioni. I sacramenti della comunione e della penitenza sono separati, talvolta fino al punto che i pellegrini che vanno a un monastero possono prima comuncarsi e in seguito «andarsene in cella aspettando la confessione». La regola è che i laici sono ammessi alla comunione salvo in caso di peccato grave. La regola di preghiera per i laici comprende il canone penitenziale e le preghiere preparatorie alla comunione. La lettura degli altri canoni si esige solo dai monaci. Non è raccomandato alle donne di comuncarsi nei giorni del loro ciclo, ma questa è la sola restrizione alla loro partecipazione all’officio: esse possono, anche durante i giorni del ciclo, venerare le icone, ricevere il pane benedetto (antidoro) o l’acqua santificata…

Il patriarca serbo Pavle esprime le stesse opinioni riguardo alle donne. Per il resto, non c’è uniformità nella Chiesa serba tutto dipende dal paese in cui si è formato il prete della parrocchia. I diplomati nelle scuole greche adottano le tradizioni della Chiesa di Grecia, mentre i preti che si sono formati nelle scuole russe considerano la confessione un preliminare alla comunione e molti di loro sconsigliano la comunione al di fuori dei periodi di quaresima.

In Bulgaria i laici avevano fino a un periodo recente l’uso di comunicarsi raramente, generalmente durante i periodi di digiuno prolungato. I partecipanti sono stati sorpresi dalla «tabella abituale» che ha loro descritto padre Nikolaj Balashov. Il prete pronuncia le parole «Con timor di Dio e con fede avvicinatevi», esce con il calice, lo mostra alla congregazione e lo riporta nel santuario, mentre i rari comuncanti ricevono i santi doni dopo il congedo dell’officio. Ma la Bulgaria conosce attualmente un rinnovamento liturgico. Il numero dei comunicanti non cessa d’aumentare e i padri spirituali vengono incontro a questo movimento.

Nella Chiesa Ortodossa in America (O.C.A.), i preti fino a un periodo recente si sono fondati sulle raccomandazioni del rapporto «Confessione e comunione» del padre Aleksandr Schmemann al sinodo dell’O.C.A. nel 1972. Ma oggi, secondo padre Balashov, le raccomandazioni di questo rapporto (comunicarsi una volta la mese, e chiedere un’autorizzazione speciale del padre spirituale per una comunione più frequente) sono «una sorta d’anacronismo sia per l’O.C.A. che per noi». Sul sito ufficiale dell’O.C.A., padre Balashov ha trovato la seguente raccomandazione: «ci si metta d’accordo con il padre spirituale quanto alla periodicità della comunione così come sul legame tra la confessione e la comunione». Con la benedizione del padre spirituale, ci si può comunicare a ogni liturgia. Tali comunicanti possono accontentarsi dei periodi di digiuno comuni. Per i comunicanti occasionali il digiuno è di una settimana o di tre giorni.

In seguito ogni partecipante ha fatto il punto della pratica ammessa nella parrocchia da lui diretta. Ma prima il rettore dell’Università di San Tikhon, l’arciprete Vladimir Vorobiev, ha proposto di esaminare la questione di sapere chi possa essere ammesso alla comunione e con quale grado di preparazione nel quadro della comunità eucaristica, la cui rigenerazione richiede tutti gli sforzi. Per una tale comunità, «dove esiste un padre spirituale che deve conoscere da vicino i problemi della vita spirituale dei membri della comunità», «gli approcci che sono stati elaborati in passato in una condizione di vita completamente differente, quando la comunità eucaristica ha cessato di essere una realtà ecclesiale vivente» non sono accettabili. Ma non si può nemmeno prendere meccanicamente in prestito la pratica delle Chiese orientali, dove, per cominciare, la tradizione non è stata interrotta, e dove questa tradizione ha avuto per quadro dei piccoli paesi. Per esempio, attualmente in Grecia ci sono 9 milioni e mezzo di abitanti, più di 1000 monasteri, parrocchie molto numerose, 70 vescovi. «Tale è la vita normale di una Chiesa in Oriente.» La particolarità della Russia è che è «troppo grande». Noi abbiamo un singolo vescovo per moltissime migliaia di fedeli. «L’inevitabile rottura tra il vescovo e il popolo ecclesiale è un assoluto non-senso dal punto di vista della Chiesa antica» e noi dobbiamo tenerne conto nelle nostre nuove condizioni. Secondo padre Vladimir, la via retta deve essere mostrata attraverso un Concilio, che «rimetta ordine nella nostra vita ecclesiale». Purtroppo, il Concilio non si riunisce e non si può senza dubbio riunire, perché noi non siamo pronti. Ogni decisione deve fondarsi sull’esperienza della Chiesa.» Ecco perché noi abbiamo attualmente un’epoca di pluralismo inevitabile, quando «ciascun padre spirituale deve trovare la proprie risposta». «Noi dobbiamo ammettere questo pluralismo, non ci devono essere interdizioni strette sul modello: le cose stanno così, e non altrimenti. Ora è tempo di ricerca» ha sottolineato per concludere il sacerdote.

I risultati delle ricerche possono essere presentati secondo due questioni fondamentali sollevate nel corso della tavola rotonda.

i sacerdoti Vladimir Vorobiev e Dimitrij Smirnov 

Frequenza della comunione, preparazione alla comunione e digiuno eucaristico

Nella comunità di padre Vladimir Vorobiev, la pratica corrente della comunione risale alla tradizione instaurata da padre Vsevolod Spiller. «Se un fedele osserva i comandamenti di Dio, le quaresime, le feste, se prega – non ha alcun ostacolo alla comunione settimanale. Noi abbiamo modalità di preparazione alleggerite per tali parrocchiani: non si chiede loro che di osservare i digiuni ordinari e di astenersi dalla carne al sabato. Noi non esigiamo più la lettura di tutti i canoni, ma solamente quella delle preghiere prima della comunione», ha raccontato padre Vladimir, che ha sottolineato la necessità di una approccio individualizzato da parte del prete, che conosce nella sua comunità eucaristica i membri «maturi» e i neofiti. Per questi ultimi la preparazione alla comunione si deve fare altrimenti, perché la comunione non diventi una formalità o qualcosa di simile a un «medicamento». Un’attenzione particolare è accordata alle famiglie con molti bambini, cosa che è un caso frequente nella parrocchia. Esigere l’osservazione di tutte le regole da parte di una donna che compie un verso sforzo ascetico «portando in braccio i suoi bambini» sarebbe «disumano». Il rettore sarebbe pronto a dare la comunione a tali madri «senza tener conto di alcuna regola».

p. Aleksij Uminskij, Alexandr Bozhenov

In seguito ha portato la sua testimonianza padre Aleksij Uminskij. «Io chiamo la gente a comunicarsi con frequenza, ma senza farne un obbligo per alcuno, per non limitare lo spirito della libertà. I nuovi venuti non costituiscono un’eccezione in materia.» Per i parrocchiani regolari non si raccomanda alcun digiuno particolare al di fuori dei periodi di digiuno ordinari. «Non chiedo neppure di escludere la carne al sabato. È meglio astenersi dal guardare la televisione.» Bisogna facilitare l’accesso alla comunione, ritiene padre  Aleksij, altrimenti si mette alla comunione un numero troppo grande di ostacoli «infondati», mentre il battesimo e il matrimonio sono trattati con troppa leggerezza. Là ci vorrebbe giustamente una preparazione coerente e obbligatoria. La comunione familiare è necessaria per la famiglia in quanto «micro-chiesa», anche quando la gente non arriva all’inizio dell’officio.

L’arciprete Dimitri Smirnov ha proposto il seguente schema per il digiuno eucaristico: un mese di digiuno per chi si comunica una volta all’anno, una settimana per chi si comunica una volta al mese e le sole quaresime ordinarie per chi pratica la comunione settimanale, oltre all’astinenza dalla carne al sabato «per tener conto dell’attitudine verso la carne nel popolo e non turbare il costume». Le stesse esigenze devono valere per la settimana di Pasqua, «nel corso della quale la comunione è obbligatoria secondo i canoni della Chiesa», ha sottolineato padre Dimitri. È importante che i padri spirituali siano informati che assumere medicinali (ma non vitamine) non è un ostacolo alla comunione. Padre Dimitri ammette l’interdizione temporanea dalla comunione come uno «strumento pastorale» per chi ha l’abitudine di comunicarsi frequentemente, ma non per chi si comunica una volta all’anno. «A questi, e sono circa il 15%, bisognerebbe sforzarsi di chiedere la massima partecipazione», soprattutto a chi si accosta per la prima volta con un pentimento sincero. «A tali persone non solamente si può, ma si deve dare la comunione, anche se vengono senza preparazione e non sanno nulla». Tuttavia si deve spiegare in dettaglio a tali persone come si devono preparare ulteriormente, e che la chiesa li riceve per la loro prima volta come bambini piccoli. Padre Dimitri rifiuta di dare la comunione a chi è sposato solo civilmente, ma motiva il suo rifiuto con benevolenza, spiegando l’aspetto spirituale della situazione a seconda che essi pensino o no a un matrimonio religioso.

La confessione

Nella chiesa di padre Aleksij Uminskij, per quelli che «si reggono saldamente sulle proprie gambe», la confessione prima di ogni comunione non è affatto obbligatoria. Una benedizione del prete è sufficiente. I nuovi venuti sono incitati a confessarsi più spesso, in quanto «per loro, la confessione individuale e le istruzioni del prete hanno un grande vallore catechetico». La confessione ha luogo in chiesa una volta alla settimana, dopo l’officio della sera, «secondo il bisogno interiore» del fedele.

Padre Dimitri Smirnov ritiene che sia sufficiente confessarsi prima delle grandi feste, nel corso della settimana, e di non venire a confessarsi più spesso «se in quel periodo non hai ucciso nessuno». La confessione scritta è di grande aiuto, soprattutto per i parrocchiani permanenti. Padre Dimitri non vede alcun inconveniente a confessarsi presso un altro prete, per esempio durante un pellegrinaggio. In cambio vieta talvolta ai suoi fedeli di confessarsi nei monasteri: secondo le sue osservazioni la frequentazione di certi «anziani giovanotti» (mladostartsy) comporta conseguenze pesanti.

Padre Vsevolod Chaplin ritiene che «finiremo per far sparire le idee false sul legame tra confessione e comunione», ma la confessione «non deve per questo sparire, deve essere regolata, perché non si arrivi a ciò che avviene presso i cattolici, dove la gran massa di fedeli si confessa nell’infanzia e prima della morte». Un altro estremo è «l’abuso della confessione», quando alcuni vogliono confessarsi troppo frequentemente e con troppi dettagli: è «un terreno propizio all’illusione spirituale». Padre Vsevolod ritiene che sia possibile elaborare «istruzioni pastorali» sulla pratica della comunione di differenti categorie di parrocchiani: così, i parrocchiani permanenti e «coscienti» potranno essere ammessi alla comunione dopo la benedizione che conclude una confessione collettiva e la preghiera d’assoluzione. Tuttavia, in una grande città è difficile che un prete conosca tutti i suoi parrocchiani.

L’essenziale è che la confessione non divenga una formalità: essa deve essere il cardine principale dello stato spirituale del fedele. «Bisogna parlare di meno della confessione in termini di lista di peccati, e di più in termini di disposizione spirituale, di purezza di cuore, di riconciliazione con il prossimo, di decisione cosciente di riparare i propri peccati, invece che di elencarli soltanto », ha detto padre Vsevolod.

La sua esperienza pastorale ha convinto padre Vladimir Vorobiev che «se si obbliga la gente alla pratica settimanale del sacramento della penitenza, questo porta a perversioni spirituali». Una tale pratica non è mai esistita da alcuna parte nel corso della storia, ha affermato. Inoltre, è fisicamente impossibile confessare tutti i fedeli di comunità che contano più di mille persone. Per di più «l’esigenza formale della confessione obbligatoria prima della comunione è irrealizzabile». La confessione collettiva non è la migliore soluzione: oggi «se non si conducono le confessioni collettive come le faceva padre Giovanni di Kronstadt», la confessione collettiva si riduce, generalmente, alla lettura formale di una lista di peccati e «il sacramento della penitenza non ha luogo». Tuttavia non si può nemmeno senza rischio di sacrilegio lasciare senza controllo che qualunque persona «appena arrivata dalla stazione» si accosti al calice.

Padre Vladimir ha preconizzato il ritorno alla «pratica antica» della benedizione preliminare: il prete della parrocchia sa a chi può donare la benedizione sotto forma della preghiera di assoluzione. Quanto a chi viene per la prima volta o con delle colpe gravi, li si deve incitare a prendere parte al sacremento della penitenza, senza fare corrispondere il tempo della confessione con quello della liturgia eucaristica.

I sacerdoti Valerian Krechetov e Vladislav Sveshnikov

Padre Valerian Krechetov, nel corso di uno scambio di opinioni con padre Vladimir, ha rimarcato che «la confessione collettiva può essere a volte molto efficiente». Ha espresso la sua apprensione riguardo al rischio di scandalo che può comportare la distinzione tra chi deve digiunare prima della comunione e chi è dispensato dal digiuno. Ci vogliono delle regole, senza regole tutto si distrugge, ma non si deve dimenticare l’essenziale; si deve chiedere che la grazia di Dio orienti i pastori nella via della fede, ha sottolineato il prete. Padre Vladislav Sveshnikov ha espresso la sua inquietudine di fronte «all’alterazione del sacramento della penitenza che diventa un saggio psicologico» o una confessione «di tipo legalista». Padre Vladimir Vorobiev ha ugualmente richiamato l’alterazione del sacramento della penitenza sostituito da «un incontro con il prete», per il quale si dovrebbe riservare un altro momento.

Facendo il bilancio del seminario, numerosi partecipanti hanno notato la ricchezza della discussione, che si è svolta «in uno spirito fraterno». Il vescovo Mark ha giudicato importante che «questo tema essenziale abbia incominciato a essere discusso in un forum che nessuno potrebbe accusare di modernismo». Una tale discussione, a suo parere, risponde al «principio reale di conciliarità». L’archimandrita Aleksij Polikarpov  ha proposto di formulare le conclusioni di questa discussione per uso dei vescovi, «che sono ben coscienti del problema».  Si è deciso di elaborare un progetto di «Guida per il cristiano che desidera accostarsi al santo calice per comunicare al corpo e al sangue vivifico di Cristo sovrano» e di sottomettere questo testo ai vescovi. Padre Nikolaj Balashov sostiene che si deve continuare la discussione delle questioni sollevate durante il seminario. Il vescovo Mark ha espresso la speranza che questa discussione «possa divenire un momento fondamentale nella vita della nostra Chiesa».