“Noi non siamo nemici…”

“Pravaya.ru ” – Arciprete Maksim Kozlov: “Noi non siamo nemici…”
 

 

Conversazione con l’arciprete Maksim Kozlov, professore all’Accademia Teologica di Mosca, autore di uno studio sull’Ortodossia e il cristianesimo occidentale, rettore della chiesa della santa martire Tatiana all’Università statale di Mosca.

– Padre Maksim, i rapporti tra la Chiesa ortodossa e il Cattolicesimo sono diventati tesi di recente a causa della dichiarazione del metropolita Tadeusz Kondrusiewicz, secondo cui non è auspicabile introdurre i “fondamenti della cultura ortodossa” nelle scuole russe. Dopo la dichiarazione, vescovi delle due Chiese hanno avuto un intenso scambio epistolare che ha portato all’arrivo del cardinale Kasper a Mosca. Come commenta questo episodio?

– L’incidente provocato dalla dichiarazione di Tadeusz Kondrusiewicz è piuttosto caratteristico nella situazione attuale, sia all’interno della stessa Chiesa cattolica e nelle relazioni tra ortodossi e cattolici. Chiaramente, stiamo assistendo a un certo voltafaccia, anche nelle personalità, dall’amministrazione vaticana fino alle amministrazioni locali cattoliche.

Tadeusz Kondrusiewicz è un chiaro protégé del precedente pontificato. L’uomo è, senza dubbio, personalmente dedicato a Giovanni Paolo II e rientra nello schema di come la Chiesa cattolica dovrebbe agire in Russia, ad esempio, la parte da leone è stata assegnata al clero polacco o al clero vicino alla tradizione polacca. Anche se Tadeusz Kondrusiewicz è formalmente bielorusso, l’orientamento è chiaramente verso il cattolicesimo polacco. Vi è una certa dissonanza tra queste persone e le nuove persone e l’atteggiamento da loro espresso, per esempio, nelle dichiarazioni del Cardinale Kasper o del nunzio Antonio Mennini, che ci danno speranza per un miglioramento delle relazioni tra cattolici e ortodossi. Può essere considerato positivo in ogni caso che ad oggi l’amministrazione vaticana ha rifiutato di difendere Kondrusiewicz a ogni costo e per spirito di corpo. E in risposta alla lettera molto attuale e corretta del vice-presidente del DECR (1), il vescovo Mark, al nunzio Antonio Mennini, che chiedeva se Kondrusiewicz esprime la posizione della Chiesa cattolica, Mennini, con una diplomazia sofisticata, in realtà ha denunciato la dichiarazione di Kodrusiewicz e ha dichiarato ufficialmente la sua convinzione che la Chiesa cattolica ha sempre sostenuto e sosterrà gli sforzi della Chiesa ortodossa russa per l’istruzione religiosa nel nostro paese e si è sempre distinta per l’insegnamento della religione nella scuola nei paesi a maggioranza cattolica. Tadeusz Kondrusiewicz non è stato menzionato per nome, ma di fatto è stato messo in una situazione in cui la sua dichiarazione è ridotta a un parere privato che non riflette la posizione ufficiale della Chiesa.

Penso che questo sia un momento importante, e forse la nostra linea di comunicazione con il Vaticano e il clero cattolico e l’amministrazione della Chiesa cattolica dovrebbe essere quella di sviluppare alcuni principi positivi che si possono vedere nel nuovo pontificato e di tenere aperta la porta alla comunicazione in tal senso. Tanto più che le prime dichiarazioni fatte da Papa Benedetto XVI ha aperto un vero e proprio campo di uno sforzo comune, che non sarà per l’ecumenismo nel senso negativo del termine, ma che è richiesto dalla fase attuale dello sviluppo dell’Occidente e, in misura considerevole, della civiltà russa. Questo sforzo comune consiste nel contrastare l’ideologia moderna del secolarismo umanista, che è essenzialmente una nuova ideologia totalitaria ufficiale della società liberale occidentale. Le prime serie dichiarazioni fatte da Benedetto XVI contenevano una critica di questa ideologia, in quanto una grave crisi vi sta maturando, come la crisi provocata dalla proposta di legittimare i matrimoni omosessuali in Spagna e altre situazioni altrettanto dolorose. Se Benedetto XVI concentra in realtà gli sforzi del suo pontificato sul chiamare a raccolta le forze della Chiesa cattolica per opporsi al secolarismo, prima di tutto nei territori storicamente appartenuti ai cattolici, qui non saremo reciproci avversari ma alleati, perché in questo c’è qualcosa in cui siamo in grado di aiutarci a vicenda e di imparare gli uni dagli altri. Dio voglia che questa tendenza prevalga. Tra l’altro, sarà una cosa molto rivelatrice, perché tutta la precedente vita del cardinale Joseph Ratzinger è stata la vita di un teologo di mentalità cattolica perfettamente tradizionale. In larga misura, era più tradizionalista di Giovanni Paolo II. Non è un caso che il suo ufficio stesso di presidente della Congregazione per la Dottrina della Fede, una successione dell’Inquisizione, è l’ufficio in cui ha dovuto lottare con le deviazioni dalla dottrina cattolica ufficiale. Sappiamo che si è adoperato molto e  risolutamente sia per quanto riguarda i liberali del tipo di Hans Kung sia gli iper-tradizionalisti, come Marcel Lefevbre o, ancora, i teologi della liberazione in America Latina, che cercavano di coniugare il cristianesimo con la partecipazione al movimento rivoluzionario. E se ora riesce a mantenere questa sua posizione come papa, ciò indica che forze sane e sani principi hanno ancora la possibilità di prevalere nella Chiesa cattolica. Se ora, all’età di 76, dopo il passaggio da cardinale a pontefice, dovrà effettuare dei voltafaccia, ci sarà chiaro che anche la personalità del Papa nella Chiesa cattolica non determina nulla. Significa che è coinvolto in alcuni processi globali tanto da non essere più in grado di resistere loro. Così i prossimi mesi o i primi uno o due anni saranno molto indicativi.

– Padre Maxim, lei ha descritto Benedetto XVI come diretto successore di Giovanni Paolo II. Questa successione può essere applicata anche al proselitismo cattolico sul territorio russo?

– Certo, se guardiamo indietro alla storia della Chiesa cattolica nella seconda metà del XIX secolo nelle sue relazioni con la Russia, vediamo come le due tendenze si alternavano. Una tendenza – psicologicamente comprensibile, ma ecclesiasticamente e politicamente molto superficiale – è quella di giocare scherzi meschini alla Russia come potere ortodosso, difendendo i polacchi (come avvenne durante le ribellioni polacche nel XIX secolo), e facendo altri piccoli giochi sporchi di natura diplomatica e politica (come, per esempio, durante la guerra russo-turca). Un’altra tendenza – più saggia – è quella di raggiungere un accordo con l’amministrazione suprema russa nella consapevolezza che non siamo nemici, in linea di principio, nel contesto in cui ora l’Europa si sta sviluppando.

Giovanni Paolo II, come uomo sopravvissuto al confronto tra Oriente e Occidente quale confronto tra sistemi capitalisti e socialisti e come uomo che ha attraversato un sistema ateo come vescovo, era certamente spinto a prendere la prima strada in tutto. E l’ha presa. Forse ora esprimerò un punto di vista paradossale, ma per noi è stato un atto di autorizzazione provvidenziale da Dio, in qualche modo, perché scommettere sul cattolicesimo polacco in Russia è sempre, in ultima analisi, un vicolo cieco. È stato anche provvidenziale che nel corso degli anni della nostra debolezza come Stato e Chiesa nei primi anni ’90, quando la crescita iniziale della nostra vita ecclesiale era solo istintiva, i cattolici in Russia fossero guidati da Tadeusz Kondrusiewicz e la maggior parte del clero fosse composta da sacerdoti polacchi non del miglior tipo, non molto desiderati nella stessa Polonia e arrivati qui per stare il più lontano possibile dall’autorità episcopale (o forse fu tale autorità a mandarli via prontamente dal suo territorio). Hanno portato in gran parte uno snobismo tradizionale verso i locali ricercatori di Dio, e sono stati accolti soprattutto da alcuni intellettuali russi che per qualche motivo ritengono il cattolicesimo una sorta di cristianesimo liberale. Hanno respinto più gente di quanta ne abbiano accettata. E tutti quei passi estremamente sfortunati che hanno fatto per creare diocesi al posto delle amministrazioni apostoliche … Cosa hanno acquisito i cattolici ad eccezione di un peggioramento radicale nei rapporti con la Chiesa ortodossa russa e lo Stato russo? Beh, niente, tranne che per presunte intenzioni che hanno avvicinato Kondrusiewicz a un berretto da cardinale. Non ci sono altri motivi razionali visibili dietro queste azioni.

Penso che Benedetto XVI sia un uomo libero da questi stereotipi. E per lui, i rapporti con la Russia non sono gravati da complessi problemi nazionali, problemi di una piccola nazione inclusa negli ultimi secoli nel complesso nodo di rapporti con l’impero russo, come le relazioni russo-polacche sono percepite da ogni polacco. Di conseguenza, questa misura di libertà ci fa sperare che la Chiesa cattolica in Russia ora ascolterà in una misura molto maggiore ciò che pensa la Chiesa ortodossa. E l’attività in corso – la visita di Walter Kasper, il suo incontro con il metropolita Kirill, la dichiarazione di Mennini in risposta alla lettera del Vescovo Mark – dà una certa speranza in uno sviluppo in questa direzione. Non tutto però è così inequivocabilmente sereno. Uno di questi, direi, sviluppi dolorosi del primo pontificato di Benedetto XVII è l’isteria, da lui sostenuta, in merito a una rapida beatificazione di Giovanni Paolo II. È vero, il Papa di Roma nella Chiesa cattolica è di sopra di ogni istituzione e può infrangere tutte le regole stabilite da altri papi. In questo caso, il punto è un’evidente rottura della regola secondo la quale la procedura di beatificazione dovrebbe iniziare almeno cinque anni dopo la morte di una persona. Ma qui egli sembra cedere a una certa pressione di relazioni pubbliche per quanto riguarda il nome di Giovanni Paolo II, che non era in alcun modo una personalità così brillante, neanche nella Chiesa cattolica, e il cui pontificato non è stato contrassegnato solo da tratti luminosi. Come ha detto uno dei partecipanti al recente conclave, che ha voluto rimanere anonimo, ‘È stato un papa sotto il quale si sono riempiti gli stadi, ma si sono svuotate le chiese’. E così è stato davvero. Quando ha viaggiato in tutto il mondo, si sono riuniti a centinaia di migliaia o addirittura a milioni, ma lo svuotamento delle chiese è sempre continuato, almeno in Europa e in America del Nord e, in misura considerevole, in America Latina. Quindi non bisogna essere affascinati dall’immagine creata da Giovanni Paolo II. Infatti, è successa una cosa evidente, a cui, tra l’altro, si deve pensare quando affrontiamo le tecnologie dei mass media. Anche se il rating personale e la popolarità personale di Giovanni Paolo II erano molto alti ed egli è stato più volte riconosciuto come uomo dell’anno, la sua popolarità personale non ha contribuito in nessun modo a consolidare la posizione del cristianesimo in gran parte dei paesi, fatta forse eccezione per la Polonia, e anche lì solo in un certo arco cronologico. Ovunque è continuato lo stesso ritiro, visibile nelle leggi adottate e nelle tendenze in costante aumento nella coscienza pubblica in tutto il suo pontificato. Non è stato probabilmente senza il permesso di Dio che il pontificato di Giovanni Paolo II si è concluso con un famigerato scandalo pedofilo negli Stati Uniti d’America, alimentato naturalmente dai mass media. Ma non è stato casuale che sia accaduto proprio in quel paese.

– E che cosa, in generale, ha portato tale straordinaria popolarità a Giovanni Paolo II? Ricordiamo la recente agitazione intorno alla morte del pontefice nei mass media russi.

– Ebbene, Giovanni Paolo II ha certamente rivelato un certo volto nuovo di un’istituzione molto tradizionale, e questo attira sempre la gente. Non è diventato come erano in realtà tutti i suoi predecessori: nessun papa ha viaggiato così tanto in tutto il mondo, nessun papa ha comunicato così tanto e così liberamente con la gente intorno a lui, nessun papa ha lavorato così a fondo sulla propria immagine nei mass media. Questo è, tra l’altro, un buon tema su cui riflettere, vale a dire, come i mass media moderni formano la percezione di un particolare fenomeno o di una particolare persona. Allo stesso tempo, se si chiede alla stragrande maggioranza, il cui atteggiamento su Giovanni Paolo II è positivo, se ricorda qualcosa del suo insegnamento o delle sue ammonizioni o se ha letto qualcuno dei suoi libri, risponderà in senso negativo. Pertanto, parlando oggettivamente, Giovanni Paolo II non era un teologo di qualche importanza. I suoi trattati di etica, che ha scritto prima della sua elezione e poi ha sviluppato in numerose encicliche, non rappresentano nulla di originale o di interessante. La sua poesia lo mette nel rango dei poeti secondari dell’Europa orientale nel periodo che va dagli anni ’60 agli anni ’80, le sue opere teatrali avrebbero difficilmente suscitato un interesse, se non fosse stato il Papa di Roma. In larga misura è un’immagine televisiva più che una realtà.

Per quanto riguarda l’attitudine verso Giovanni Paolo II in Russia – nei mass media o all’interno della cerchia dei cattolici di lingua russa, statisticamente minuscola e che chiaramente non si avvicina nemmeno alle cifre fantastiche di seicentomila o di un milione e mezzo date da Kondrusiewicz – vi è una classica illusione degli intellettuali russi che il Cattolicesimo, rispetto all’Ortodossia, sia una replica civilizzata occidental-democratica o liberal-democratica del cristianesimo. Non è affatto così. Questa è un’immagine assolutamente falsa tratta solo da alcuni aspetti esterni, quali la disponibilità di banchi nelle chiese, un codice di abbigliamento meno formale in chiesa, una più libera partecipazione alla liturgia di quanto ci sia nella Chiesa ortodossa. Ma dottrinalmente, dal punto di vista della libertà interna di un credente nel suo atteggiamento verso Dio, la sua coscienza, la fede e canoni della chiesa, non è affatto così! La rigidità della dottrina cattolica diventa chiara a chiunque apra almeno il nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica, adottato sotto Giovanni Paolo II nel 1992. Il problema è che questi libri nessuno li leggerà mai. L’immagine è creata solo sulla base di fattori e di idee puramente esterni. Nello svolgimento del mio dovere professionale devo leggere ogni tanto gli spazi di forum dei cattolici russi. Periodicamente si chiedono che cosa li ha attirati alla Chiesa cattolica. Ebbene, solo uno o due tra tutti hanno scritto che sono venuti alla Chiesa cattolica per una scelta consapevole di fede. Attraverso lo studio delle Scritture e delle tradizioni della Chiesa sono giunti alla convinzione che San Pietro è stato la pietra angolare della Chiesa e che avevano bisogno del suo successore, il Papa di Roma, per mantenere la comunione eucaristica con la Chiesa e per essere nella pienezza della Chiesa. Per il resto, funzionavano un sacco di altri impulsi: alcuni sono giunti ad apprezzare Giovanni Paolo II, alcuni si sono scontrati con alcune nonne malevole in una chiesa ortodossa, alcuni hanno studiato cultura spagnola e hanno letto alcuni mistici, mentre ad altri piaceva Merezhkovskij, ad altri ancora Vladimir Solov’ev, ma nulla di realmente profondo per determinare la propria scelta di fede.

– Il venerabile Justin Popovich, nel suo libro “Dostoevskij sull’Europa e gli slavi”, ha scritto che il cattolicesimo ha in gran parte provocato la natura individualistica e umanistica dei diritti europei, di tutto il mondo occidentale, in confronto con le prospettive ortodosse della presenza nel mondo…

– L’Occidente umanistico contemporaneo nacque, se non altro, sul rifiuto del cattolicesimo tradizionale, ma certamente non ne fu il frutto. Se mai possiamo dire che con il rifiuto dell’Ortodossia sono venute tutte le brutture della Rivoluzione d’Ottobre, e tutto ciò che ha avuto luogo dieci anni dopo di essa, allora la cultura occidentale può dire lo stesso. Fu una reazione a una parte di rigidità estrema, senza compromessi e con autocoscienza di un singolo possibile punto di vista. E l’attuale relativismo dilagante è determinato dalla repulsione della chiusura assoluta della Chiesa cattolica verso ogni altro parere – almeno, quasi fino alla fine del XIX secolo. Per quanto riguarda ciò che unisce e divide, bisogna sapere come non esagerare né minimizzare le differenze. Da una parte, in realtà ci dividono, almeno, due punti importanti dottrinali. Questa comprensione della Chiesa – due ecclesiologie molto diverse – ecclesiologia conciliare ed ecclesiologia papista, che vede la presenza di un centro amministrativo e istruttivo ecclesiastico come un criterio necessario per una vera vita ecclesiale. Nell’Ortodossia invece né l’unità amministrativa né l’identità dottrinale dipendono da alcuna cattedra o centro amministrativo. E il secondo punto – è, naturalmente, la dottrina della Trinità, lo Spirito Santo procede dal Padre oppure dal Padre e dal Figlio. Ci sono altre differenze notevoli, ma queste, forse, sono le due fondamentali divisioni. Ma, nondimeno, se non sorvoliamo su di loro, dobbiamo sobriamente riconoscere qualcos’altro: la Chiesa cattolica è una chiesa che ha conservato la successione della gerarchia apostolica, che ha conservato il sacerdozio, che ha conservato molto più di ogni altra comunità cristiana, tranne forse gli antico-orientali – copti, etiopi e altri, i fondamenti della fede cristiana. Oggi nel mondo cristiano, tra le confessioni più importanti, nessuno è più vicino all’Ortodossia dei cattolici. Per un certo tempo lo erano anche gli anglicani, ma con la loro introduzione dell’episcopato femminile, la giustificazione dell’omosessualità, naturalmente, l’anglicanesimo si è più avvicinato al resto del mondo “cristiano”. E questo si deve comprendere. Di qui, tra l’altro, tutto il dolore e l’aggravamento della nostra reazione a un proselitismo cattolico. Certo, quando sei offeso da qualcuno che ti è ovviamente estraneo o si pone deliberatamente come avversario o nemico, questo lo puoi prevedere. Ma puoi essere offeso da un parente, quando non agisce come un fratello, e al tempo stesso si definisce “chiesa sorella” – non tanto per l’offesa, quanto per la tragedia del cristianesimo che si vede nella nostra dissonanza, in assenza di un singolo modo di agire reciproco – e si può capire molto chiaramente, dal punto di vista psicologico e dottrinale, il perché del nostro atteggiamento verso i cattolici.

– Padre, qual è la differenza fondamentale tra gli ortodossi e i cattolici; quale è stata la causa principale della nostra rottura?

– Possiamo dire che la cristianità occidentale, la Sede di Roma, durante alcuni secoli della sua esistenza, ha deviato e in ultima analisi si è sviata dal peso estremamente duro di responsabilità e di libertà di Cristo, che dovrebbe essere assunto da ogni cristiano, non solo dal vescovo supremo. È molto comprensibile religiosamente e psicologicamente che si desideri spostare questa religiosità su qualcun altro. Ecco il Papa di Roma, è sufficiente aggrapparvi a lui e non sbaglierete mai. È molto più difficile vivere in una situazione in cui si sa che il Patriarca di Costantinopoli può anche dimostrare di essere un eretico, e il Patriarca di Alessandria uno scismatico, e il Patriarca di Gerusalemme qualunque cosa, e il metropolita di Kiev può improvvisamente rivelarsi un monaco spretato scomunicato dalla Chiesa, e nessuno ti garantisce niente, in quanto c’è solo la tua responsabilità davanti a Dio e alla Chiesa e la tua fedeltà alla Verità. E questa tentazione di spostare in modo pusillanime la responsabilità su un anziano ha prevalso una volta nella cristianità occidentale, nella Sede Cattolica di Roma. Di qui le conseguenze che possono essere lunghe e da esaminare in dettaglio nella storia.

– A questo proposito, probabilmente non si può parlare di una possibile unificazione tra Ortodossia e Cattolicesimo?

– Penso che fare congetture sul futuro sia qualcosa di astratto, ma sono profondamente convinto che, anche se tale unificazione del Cattolicesimo con la pienezza della Chiesa universale (anzi, è doveroso parlare in termini strettamente dogmatici della unificazione della Sede di Roma con la pienezza della Chiesa universale) avrà luogo, non sarà effettuata attraverso un dialogo teologico, né attraverso relazioni ecumeniche, ma attraverso un’azione della divina Provvidenza nella storia umana in cui, secondo San Paolo, quello che ora vediamo come attraverso un vetro oscurato sarà infine chiaro come vedersi faccia a faccia. E se mai accadrà, si verificherà vicino agli ultimi tempi. Una immagine molto letteraria ma ancora molto vitale di una tale unificazione è stata tracciata da Vladimir Solov’ev nelle sue Tre conversazioni, un libro assolutamente non ecumenico, ma profetico sulla fine della storia del mondo.

– Com’è che un cristiano ortodosso russo dovrebbe percepire il cattolicesimo?

– Si dovrebbe capire che la Chiesa ortodossa non può fare a meno dei cattolici. Siamo in grado di vivere senza pentecostali o battisti (beh, i battisti russi sono troppi ora per essere ignorati) o alcuni metodisti o altri. Se ci sono o non ci sono è lo stesso. Ora, uno di loro viene, fa un po’ di cenni di assenso, dà un po’ di aiuti umanitari, va tutto bene. Se comincia a fare qualcosa di male, ci si allontaneremo da lui. Ora c’è il Consiglio Ecumenico delle Chiese. Abbiamo partecipato in esso, e alla fine? – Non ne è venuto fuori niente, e possiamo partecipare a qualcos’altro. Ci uniremo con la Chiesa Russa all’Estero e ce ne tireremo fuori, e non rimarrà traccia della nostra presenza in esso. Ma nel caso dei cattolici è impossibile chiuderci in noi stessi o dichiarare guerra, perché dobbiamo vivere con loro e compatire i loro mali. Quando si riprenderanno, quando saranno più forti, quando avranno un uomo ragionevole come papa, tutto sommato, sarà un bene per noi.

 

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