Note di viaggio di una coppia italorussa
Febbraio 2015
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La scorsa estate, io e mia moglie abbiamo avuto la fortuna di trascorrere una lunga vacanza nella Russia occidentale. In poco più di due settimane, abbiamo visitato Mosca e gran parte dell’Anello d’Oro, la cerchia di antiche città ad est della capitale che custodisce alcuni fra i monumenti più antichi del Paese. Mia moglie è ortodossa, così il nostro viaggio, a metà fra la scoperta di tesori d’arte ed il pellegrinaggio, ci ha portato vicino al cuore della religiosità russa. Un aspetto poco conosciuto in Occidente, dove sono molto più noti gli stereotipi del periodo comunista e dell’ateismo di stato. Eppure la recente epoca sovietica non è durata che 70 anni, mentre la storia della Russia cristiana affonda sino a dieci secoli fa, ed ha molto da raccontarci. Le righe che seguono non pretendono di essere una guida turistica: chiunque può trovare di molto meglio in qualunque libreria. Si tratta piuttosto di una raccolta delle sensazioni che ci siamo portati a casa dai nostri giorni in Russia, e che speriamo facciano nascere anche in altre persone il desiderio di scoprire questo immenso ed affascinante Paese, ed il suo popolo.

Visitando Mosca, uno dei primi aspetti che ci ha colpito è la difficoltà di trovare le sue chiese nel paesaggio urbano. Ci sono, ma è difficile coglierle con lo sguardo, sentire il suono delle loro campane, perché spesso sono strette fra grattacieli di 20 o 30 piani. È una sensazione strana soprattutto per noi italiani, abituati a vedere, nelle grandi metropoli come nei piccoli centri, le cupole ed i campanili delle chiese svettare più in alto di tutti gli edifici e definire il profilo della città. A Mosca, i giganti di calcestruzzo sono spesso costruiti a pochi metri dagli edifici sacri, in un modo che farebbe rabbrividire qualunque urbanista, ma forse non casuale: forse i pianificatori edilizi sovietici, costruendo questi edifici enormi proprio davanti alle chiese, piccole e raccolte, volevano dimostrare in modo visivo il trionfo dell’uomo “nuovo” sovietico e della sua tecnica sui vecchi culti ereditati dal passato. Eppure a tratti queste chiese dalle cupole sgargianti ci sono sembrate come piccoli organismi, ma vivaci e pulsanti, che sapranno sopravvivere ai secoli meglio dei grigi giganti che le circondano.

Fig. 1: grattacielo costruito dirimpetto ad un’antica chiesa a Mosca, via Novij Arbat.

Ma anche se immerse nella “giungla” urbana di cemento, queste chiese sono state le più fortunate. Visitando il centro storico di Mosca, come delle altre principali città russe, è facile imbattersi in targhe o piccoli monumenti che commemorano altre chiese un tempo edificate in quei luoghi, che oggi non esistono più perché distrutte dal regime comunista. Nella sola zona centrale di Suzdal’, che ha subito meno di altri luoghi la furia demolitrice, nel 1917 esistevano oltre sessanta chiese: solo 45 sono giunte sino a noi. Il piccolo monumento in cui ci siamo imbattuti, mentre ci recavamo a piedi al Cremlino, ricorda una chiesa che si trovava nei pressi dell’attuale stazione Arbatskaja della metropolitana di Mosca.

Fig. 2: una volta, al posto della stazione “Arbatskaja” della Metropolitana di Mosca, esisteva una chiesa.

Molto spesso, quando non sono state completamente demolite, le chiese hanno comunque subito danni gravissimi all’iconostasi, agli affreschi ed alle altre decorazioni interne. Non in pochi casi, i luoghi di culto sono stati profanati con le destinazioni d’uso più disparate, dalle autorimesse ai granai, dai penitenziari ai teatri-cinema, fino ai “musei dell’ateismo”.

La demolizione e la profanazione delle chiese, dalle grandi cattedrali alle piccole parrocchie di campagna, sono state autentiche ferite nel tessuto storico della Russia: come sempre succede quando un potere dispotico cerca di cancellare il passato, considerato “scomodo”, distruggendone i simboli tangibili. Ma i monumenti e la storia che essi raccontano sono una parte fondamentale che le generazioni precedenti lasciano alle successive, un patrimonio che aiuta i popoli ad identificarsi ed a rispondere alla domanda: “Chi siamo”? Così, una volta caduto il regime comunista, la Russia ha iniziato a recuperare i legami col passato pre-rivoluzionario e molte chiese distrutte durante il periodo sovietico siano state ricostruite: a Mosca ne sono esempi eclatanti la Cattedrale di Cristo Salvatore e la Cattedrale dell’icona di Kazan della Madre di Dio, ma la ricostruzione di edifici di culto distrutti o danneggiati ha riguardato quasi ogni città del Paese.

Fig. 3: cattedrale dell’icona di Kazan della Madre di Dio, Mosca, Piazza Rossa.

Nel recupero dei luoghi sacri sopravvissuti al periodo comunista, si è operato in modo che gli affreschi e l’iconostasi somigliassero il più possibile agli antichi originali, andati perduti. Ma anche laddove nuove chiese sono state edificate senza che vi fosse uno specifico edificio preesistente da ripristinare, sono sempre stati fedelmente seguiti modelli architettonici e decorativi tradizionali. In poche parole, è impossibile trovare in Russia una chiesa ortodossa volutamente costruita con uno stile architettonico e decorativo “contemporaneo”, stile che, semplicemente, non esiste. Ciò nonostante, in mille anni di cristianesimo, l’arte di edificare chiese in Russia ha conosciuto tendenze diverse, dai primi edifici vicinissimi al modello bizantino, al barocco, al neoclassico, ed altri ancora: un’ipotesi è che in questi anni il popolo russo stia ancora attraversando una fase di “ricucitura” con la sua storia, dopo lo strappo dei decenni sovietici; le scelte architettoniche “prudenti” nell’edificazione delle chiese, il più possibili simili ai modelli dei secoli passati, potrebbero essere espressione proprio del desiderio di recuperare una tradizione che sembrava persa per sempre.

Rimane comunque la curiosità di vedere, un giorno, scelte architettoniche nuove ed originali nella costruzione dei luoghi di culto: un auspicio che ha recentemente manifestato l’arcivescovo Mark, commentando lo stato di avanzamento del programma di costruzione di nuove chiese nella città di Mosca.

Fig. 4: cattedrale di Cristo Salvatore, Mosca, sulla sponda della Moscova.

Fig. 5: cattedrale della Dormizione della Madre di Dio, Lavra della Trinità di San Sergio, Sergiev Posad.

Un aspetto di notevole fascino è la continua commistione fra i segni della riscoperta tradizione cristiana da un lato, e dall’altro i lasciti del passato comunista. Questi contrasti si possono osservare in qualunque città: a Murom i due principali monasteri, uno maschile ed uno femminile, si trovano all’angolo con la via dedicata a Vladimir Il’ič Ul’janov, più noto come Lenin. Ed in nessuna metropoli, come nei piccoli centri, manca una via o una piazza dedicata al leader della rivoluzione d’Ottobre, così come non mancano le sue statue. Anche appena saliti in aeroplano, falce e martello fanno capolino al centro del simbolo dell’Aeroflot: tutto questo, magari, dopo aver sostato presso la cappella di San Nicola, inaugurata da pochi anni nell’aeroporto di Sheremetyevo. Ed è naturalmente Mosca il luogo in cui tali contrasti si fanno più forti, dove nel giro di un isolato ci si può imbattere in un monastero appena restaurato, e nelle targhe dedicate a Gramsci o ad Ho Chi Min. È notevole veder risorgere i luoghi di culto lungo le vie dedicate agli uomini ed all’ideologia che hanno speso decenni a sradicare la religione, lasciandosi purtroppo alle spalle innumerevoli martiri: se ne ricava una sensazione strana, come se in Italia un monumento ai partigiani fosse  edificato in una piazza dedicata a Mussolini.

Fig. 6: iconostasi nella chiesa del  profeta Elia, Yaroslavl’.

Il rapporto del popolo russo con la religione difficilmente conosce mezze misure: si incontrano fedeli devoti e ferventi, che credono in un modo molto difficile da riscontrare in Europa occidentale; oppure persone che sono indifferenti alla religione, quando non ostili. Questo è molto diverso dalla realtà cui siamo abituati in Italia, dove da un lato (per ora) si può trovare almeno un tenue sentimento religioso in larga parte della popolazione; mentre dall’altro il rapporto con il sacro è generalmente più distaccato e “freddo”.

I fedeli russi vivono la fede in modo incredibilmente forte e partecipano con tutti loro stessi alle preghiere ed alle liturgie; si potrebbe dire che “si abbandonano” a Dio, dimenticano gli orari, i ritmi e gli impegni della vita di tutti i giorni, dedicandosi con tutto il cuore alla preghiera. Ci è capitato di partecipare a funzioni in cui le persone non sapevano quanto sarebbero durate, ma nessuno sembrava preoccuparsene. È un atteggiamento che deve essere visto di persona, e l’ideale è sperimentarlo visitando i luoghi di pellegrinaggio, ad esempio i monasteri.

Ci sono sicuramente molte spiegazioni in merito alla grande forza di attrazione che la Chiesa è tornata ad esercitare sul popolo russo negli ultimi decenni. Si potrebbe dire che la capacità di vivere la propria fede “credendoci” fino in fondo, senza cinismo, senza ipocrisia, sia una caratteristica propria dell’anima russa. Sarebbe anche possibile ricordare che l’anno 0 della storia russa è per molti versi il 988, anno del Battesimo della Rus’: un popolo ed una nazione che sono entrati nella Storia, sono iniziati ad “esistere”, nel momento in cui hanno ricevuto la fede cristiana.

Un ulteriore elemento, che si coglie facilmente visitando il Paese, non va tuttavia trascurato: una serie di circostanze – l’emergenza abitativa provocata dalle immani distruzioni della Seconda Guerra Mondiale, la scarsità di risorse, un clima decisamente non facile – hanno lasciato poco spazio alla fantasia ed al bello fine a sé stesso nella pianificazione urbana. Sono così sorti i grandi palazzi di dieci o venti piani, essenziali, spesso con scarsa manutenzione esteriore, tutti uguali gli uni agli altri, che nell’immaginario occidentale richiamano le città dell’ex blocco comunista. C’è ovviamente un po’ di generalizzazione in questo discorso (ad esempio le città russe, grazie agli ampi spazi disponibili, sono spesso ricche di parchi, giardini e boschi rigogliosi ed estesi che la maggior parte delle città italiane si sognano); ma nell’urgenza di dare un tetto ad ogni famiglia, “l’arredo urbano” è ridotto ai minimi termini, un lusso che solo le città più grandi ed i quartieri più eleganti possono permettersi.

Fig. 7: cappella presso il pozzo del monastero di Tolga, lungo il fiume Volga, presso Yaroslavl’

Rispetto a questo contesto, la Chiesa ed i suoi luoghi sacri rappresentano un contrasto notevole. Nelle grandi città, le parrocchie sono oasi di armonia e di pace, curatissime, quasi sempre circondate da un piccolo giardino con alberi ed aiuole meravigliosamente fiorite. L’effetto è ancora più forte quando si visita un monastero: che si tratti di una Lavra o di una meta di pellegrinaggio meno nota, il pellegrino sarà accolto da costruzioni graziose, giardini, stagni e frutteti curati, vialetti che si snodano sotto l’ombra di grandi alberi, piccole cappelle circondate da fiori. Non ultimo, il pellegrino sarà accolto dalla gentilezza e dal calore di altri fedeli come lui, che hanno scelto di trascorrere parte del loro tempo libero o delle loro vacanze presso il monastero svolgendo le mansioni più disparate, dalla cucina, alla pulizia, alla cura dei giardini. Nel complesso, un contesto armonioso, “a misura d’uomo”, che tocca le corde del cuore dei russi. I fedeli si prendono cura amorevole delle loro parrocchie e dei loro monasteri: in Italia siamo abituati a pensare alla cura delle chiese come alla cura di una delle tante parti del nostro patrimonio storico ed artistico, cui partecipiamo come contribuenti, e di cui per conseguenza si occupa lo Stato, nel rispetto delle norme per la conservazione dei beni architettonici, eccetera eccetera. In Russia la maggior parte degli edifici sacri, fuori dai luoghi più importanti e conosciuti, è stato restituito dallo Stato alla Chiesa meno di trent’anni fa, spesso in condizioni disastrose. Solo la fatica di tanti semplici sacerdoti, monaci e normali fedeli hanno riportato questi luoghi all’antico splendore.

Fig. 8: monastero Pokrovskij, Suzdal’.

Inizialmente, quando leggendo le note di viaggio sono emerse queste considerazioni, non le avevamo prese in considerazione. Ma qualche settimana fa abbiamo ascoltato un’intervista all’Arcivescovo Mark, ancora circa il programma di costruzione di nuove chiese a Mosca: con sorpresa, ha espresso più o meno gli stessi concetti, spiegando quanto era importante per la gente di un quartiere, che ogni giorno vede attorno a sé colossi di cemento tutti uguali che “opprimono l’uomo”, la propria parrocchia, un luogo di preghiera curato ed accogliente. Nei riti religiosi così come nella cura dei luoghi di culto, l’attenzione che i russi riservano al “bello”, alla perfezione formale ci ha molto colpito e dice molto sull’importanza che la fede riveste nelle loro vite.

Vi sono alcuni monumenti, come le cattedrali del Cremlino, che per la loro fama attirano non solo fedeli, ma turisti e appassionati d’arte, più o meno consapevoli, da tutto il mondo. Chi è nato e cresciuto in Italia, è abituato all’idea che una chiesa è sì un edificio sacro, ma anche un bene architettonico, spesso un vero e proprio capolavoro, che come tale è meta di preghiera, ma anche turistica e culturale. Per mia moglie ortodossa, invece, questo “doppio registro” non era affatto scontato: faticavo a suscitare il suo entusiasmo per i meravigliosi affreschi e le iconostasi senza tempo, mentre una miriade di turisti vocianti sciamava attorno alle icone che mia moglie era abituata a venerare in silenzio: per le opere d’arte, in questo caso di arte sacra, ecco il prezzo della “notorietà”. Qualche giorno più tardi, tuttavia, le considerazioni di Padre Arsenij, un sacerdote di Vladimir che ci ha gentilmente accompagnato nella visita delle numerose chiese in quella zona, hanno significativamente cambiato il giudizio sull’utilizzo “turistico” degli edifici sacri: le chiese ed i monasteri che in epoca sovietica sono stati considerati come importante attrattiva turistica sono stati infatti non solo risparmiati dalla distruzione, ma anche oggetto di manutenzione e restauro. Solo grazie a questo oggi li possiamo ancora ammirare in tutto il loro originario splendore.

Fig. 9: interno della cattedrale della Dormizione della Madre di Dio, Cremlino di Mosca. Per la preghiera individuale meglio scegliere destinazioni meno “blasonate”.

Vi sono quindi luoghi che ci ricordano come fino a pochi decenni fa in Russia fosse stato imposto l’ateismo di stato, come l’ex monastero della Trinità a Suzdal (che ora sta rinascendo come convento femminile), o l’ex monastero della Trasfigurazione del Salvatore a Jaroslavl’. Soprattutto dopo aver visitato monasteri pieni di vita e rinascita religiosa, questi luoghi, dentro ai quali può capitare di imbattersi in una palestra o in squallidi venditori automatici di souvenir, mettono davvero nostalgia e ricordano in che stato decenni di persecuzioni avevano ridotto la Chiesa in Russia.

Fig. 10: ex monastero della Trinità, Suzdal’. “Lavori in corso”.

Infine, ci sono gli innumerevoli luoghi di culto fuori dai flussi turistici principali, sparsi in tutto il Paese, ed è qui che si può entrare veramente in contatto con il sentimento religioso dei russi, che vi si manifesta all’improvviso come un fiume carsico, mentre fuori, come in ogni parte del mondo, il traffico e la città sembrano parlare di tutt’altro. Questi luoghi possono essere normali parrocchie di quartiere, spesso recentemente restaurate. Oppure i monasteri, dai più piccoli e raccolti, ai più grandi, dove migliaia di pellegrini accorrono per venerare i santi più importanti della fede ortodossa, spesso trascorrendovi diversi giorni. Diveevo appartiene a quest’ultima categoria, e ci ha lasciato un’impressione molto profonda, un’immersione nella spiritualità russa che non dimenticheremo facilmente; sicuramente anche il modo in cui siamo riusciti a raggiungere questa destinazione così remota ha contribuito a lasciarci un ricordo indelebile.

Fig. 11: parrocchia a Jaroslavl’, lungo il fiume Kotorosl poco prima della confluenza nel Volga.

Persino molti russi non hanno idea di dove sia Diveevo e quali possano essere le buone ragioni per recarvisi: si tratta di un minuscolo villaggio, una manciata di case in mezzo alla sterminata pianura russa, circa 350 km a est di Vladimir. Ma soprattutto è il luogo dove sono conservate le spoglie di San Serafino di Sarov, figura tra le più venerate dell’Ortodossia, soprattutto in Russia. Per raggiungere questo luogo, nelle vicinanze del quale San Serafino ha trascorso la maggior parte della sua vita, i pellegrini percorrono migliaia di chilometri. E noi nel nostro piccolo abbiamo fatto altrettanto.

Trattandosi di un centro così piccolo, non vi sono ferrovie che raggiungono Diveevo direttamente, e la complessità nel mettere insieme coincidenze ferroviarie e collegamenti in autobus ci ha del tutto dissuaso a tentare di raggiungere il santuario con i mezzi pubblici: non restava che noleggiare una macchina. Da Suzdal, la precedente tappa del nostro viaggio, abbiamo quindi raggiunto Vladimir, la città dell’Anello d’Oro più vicina a Diveevo: lì contavamo di noleggiare una piccola automobile, illudendoci che la cosa richiedesse il quarto d’ora scarso cui eravamo abituati in Italia e dintorni.

Fig. 12: cattedrale della Dormizione a Vladimir. Con le sue cupole a forma di elmo, è stilisticamente fra le capostipiti delle cattedrali russe. L’interno conserva alcuni affreschi di Andrej Rublev, ma purtroppo non l’iconostasi, che fu rifatta in stile barocco per ordine di Caterina la Grande. Quando l’abilità politica ed il gusto artistico non vanno a braccetto.

Quest’assunzione si rivelò presto sbagliata: a Vladimir, come nella maggior parte delle città russe all’infuori di Mosca e San Pietroburgo, non operano grandi catene di noleggio auto, ma solo piccoli noleggiatori con un parco veicoli molto limitato, anche solo 3 o 4; comprensibilmente, anche a causa di un quadro normativo ancora poco chiaro in materia, non erano entusiasti di noleggiare una macchina a due stranieri sconosciuti: in un modo o nell’altro, due noleggi su due a cui ci siamo rivolti ci hanno gentilmente consigliato di trovare un altro modo di raggiungere Diveevo. Ma proprio quando il nostro morale era finito sotto i tacchi, mia moglie avanza una proposta che si rivelerà risolutiva: chiedere aiuto al centro pellegrinaggi dell’Eparchia di Vladimir, a poche fermate di filobus da lì.

Sapevamo dell’esistenza del centro pellegrinaggi, anche perché avevamo prenotato una camera proprio presso di loro per fermarci alcuni giorni a visitare Vladimir e dintorni, una volta rientrati da Diveevo: ma non contavamo potesse aiutarci a raggiungere questa destinazione, perché non c’erano pellegrinaggi in programma per quelle settimane. Invece accadde l’impensabile, o forse quello che avremmo sin dal principio dovuto cercare, se non avessimo voluto risolvere tutto da soli: il responsabile del centro pellegrinaggi, un gentile sacerdote parroco della limitrofa chiesa di San Michele Arcangelo, si fa immediatamente in quattro per aiutarci. Prima, con l’aiuto di alcune ragazze che nelle vacanze scolastiche danno una mano ad organizzare i pellegrinaggi, trova un noleggio con un’automobile libera per i prossimi giorni; quindi si attacca alla cornetta con loro, spiegando affabilmente che i due stranieri davanti a lui (che aveva visto per la prima volta in vita sua, 10 minuti prima) altro non erano che due onesti pellegrini, solo non russi ma italiani, desiderosi di raggiungere Diveevo, ma – disdetta! – nessuno voleva noleggiar loro un’auto. I proprietari del noleggio accettano allora di aiutarci, ed il sacerdote chiede ad uno dei suoi collaboratori, il gentilissimo Aleksej, di accompagnarci con la sua auto al noleggio, valige al seguito. Aleksej non solo ci accompagna, ma attende insieme a noi (senza dare il minimo segno di impazienza) per tutte le circa 2 ore e mezza di documenti da fotocopiare, moduli da compilare e fogli da firmare, fino a che non saliamo a bordo del bolide e ci mettiamo in strada verso Diveevo, verso le tre del pomeriggio. Il modo in cui il sacerdote ed i suoi collaboratori ci hanno aiutato sono stati spesso oggetto delle nostre conversazioni nei giorni successivi, si sono messi a nostra disposizione come se non ci fosse urgenza più importante della nostra partenza per Diveevo! Questo episodio racconta molto dell’importanza che ha l’esperienza del pellegrinaggio nella religiosità russa, e nella solidarietà che scatta automatica fra i fedeli verso chi si mette in viaggio verso uno dei luoghi santi di questo sterminato Paese.

Fig. 13: un tratto della strada fra Murom e Diveevo, immersa nei boschi di conifere.

La strada da Vladimir a Diveevo è una bella immersione nel paesaggio russo. Se fossimo stati in Europa, percorrendo gli stessi chilometri avremmo potuto andare dalla Svizzera al Mar Ligure, attraverso Alpi ed Appennini. Qui invece abbiamo guidato per ore in un paesaggio immutabile, campi e boschi leggermente ondulati, punteggiati da piccoli insediamenti agricoli e da poche grandi strutture industriali. Finché, al calar della sera, iniziamo a scorgere in lontananza le grandi cattedrali e l’altissimo campanile di Diveevo che si stagliavano illuminati nella notte, unico elemento verticale in un paesaggio a due dimensioni: eravamo arrivati a destinazione.

Fig. 14: “Ulitsa Sovetskaja”, non proprio l’indirizzo a cui si penserebbe di trovare uno dei più grandi monasteri femminili al mondo.

Fig. 15: il complesso di edifici sacri di Diveevo.

Diveevo è un luogo con molti significati. Meta di pellegrinaggio fra le principali, in Russia, luogo consacrato alla Madonna (che secondo la tradizione lo visita ogni giorno), indissolubilmente legato alla figura del veneratissimo san Serafino di Sarov, ma anche monastero femminile fra i più grandi al mondo. Un luogo su cui si potrebbero scrivere fiumi d’inchiostro, ma con alcuni aspetti speciali che ricorderemo a lungo.

Anzitutto, le reliquie di san Serafino di Sarov: sono ospitate in una delle due grandi cattedrali del complesso sacro. A tutte le ore vengono cantati gli acatisti in onore del santo, e due suore stazionano permanentemente nei pressi dell’urna ove sono conservate le reliquie. Poco lontano da esse, nella stessa cattedrale, sono conservati alcuni degli oggetti di uso quotidiano appartenuti a san Serafino, anch’essi oggetto di estrema attenzione da parte dei fedeli. Per descrivere l’effetto attrattore che la figura di san Serafino esercita sugli ortodossi russi, basti pensare che in un normale giorno infrasettimanale, in questo luogo distante oltre mille chilometri da Mosca, San Pietroburgo ed altre metropoli, la coda per venerare le reliquie durava oltre mezz’ora.

Il secondo aspetto che affascina sono le sorgenti sacre che si trovano nei dintorni di Diveevo, anch’esse legate alla figura di san Serafino ed in particolare al periodo da lui trascorso in solitudine nei boschi. Anche queste sorgenti sono forte oggetto di venerazione, che si esprime in due modi: attingendo alla sorgente litri e litri d’acqua da portare via con sé, a casa (e la strada era disseminata di rivenditori di taniche di plastica di ogni forma e dimensione), ed effettuando ripetute immersioni nei piccoli laghi limitrofi alle sorgenti stesse.

Fig. 16: una delle principali sorgenti sacre nei dintorni di Diveevo.

Il rito dell’immersione in particolare incuriosisce il visitatore straniero, e forse anche qualche russo poco pratico con la vita religiosa ortodossa. Una numerosa folla di fedeli attendeva pacificamente il suo turno per immergersi, malgrado la temperatura dell’acqua non particolarmente invitante (5-7 °C). Gli uomini in costume da bagno, le donne con indosso abiti lunghi. Per i bambini, numerosi ed impazienti che arrivasse il loro turno, erano a disposizione anche un paio di scivoli!

Normalmente le immersioni, complete, sono tre, oppure nove (tre volte tre), ciascuna seguita da un segno della croce. Abbiamo scambiato qualche parola con alcune signore di San Pietroburgo, che si recano presso queste sorgenti ogni anno e tornano a casa come rigenerate.

Il terzo aspetto riguarda infine un percorso, chiamato “Sviataja Kanavka” (Fossato Sacro, in russo) che si trova nelle immediate vicinanze del monastero. All’apparenza, è solo un bel vialetto, pavimentato con ciottoli ed affiancato da curate ringhiere, che cinge ad anello alcuni edifici del monastero femminile, snodandosi su un terrapieno alto un paio di metri fra meravigliosi giardini fioriti, silenziosi gruppi di betulle, orti e frutteti ben tenuti. In realtà, si tratta di uno dei principali luoghi di venerazione della Vergine Maria in tutta la Russa: si racconta infatti che fu San Serafino, ispirato dalla Madre di Dio, a chiedere che questo sentiero fosse costruito. La Vergine avrebbe protetto questo perimetro con la sua grazia (l’anticristo stesso non riuscirebbe ad attraversare il terrapieno). I pellegrini percorrono in modo lento ed ordinato questo sentiero, ripetendo 150 volte una preghiera molto simile alla nostra Ave Maria (“Canto alla Tuttasanta Madre di Dio”): alcuni sgranando i loro rosari, i più piccoli leggendo la preghiera appuntata su un foglietto. L’affollamento non è mai eccessivo, eppure ogni fedele, pur circondato dal molte persone come lui, è solo nella sua preghiera durante quel percorso (noi un po’ meno soli di altri, visto che un micio tutto bianco ci ha fatto compagnia per gli ultimi 50 metri e sembrava determinato a farsi portare a casa a suon di fusa). Ad accrescere il fascino di questo sentiero, il fatto che dall’alba alla piena notte, continuamente si potevano vedere fedeli che lo percorrevano lentamente, in preghiera, a qualsiasi ora. È forse l’aspetto che mi ha maggiormente colpito e coinvolto a Diveevo.

Fig. 17: la “Kanavka” a Diveevo.

Dopo alcuni giorni trascorsi a Diveevo, abbiamo dedicato gli ultimi momenti del nostro viaggio alla visita di Vladimir e delle sue bellissime chiese. Poi, valige al seguito, siamo tornati a Mosca, e da lì in Italia.

Se si lasciano un momento da parte i monumenti, le opere d’arte ed il contesto sicuramente “diverso” da quello cui siamo abituati in Italia, forse non è strettamente necessario fare tutti questi chilometri per vivere un’esperienza spirituale molto diversa da quella cui noi cattolici siamo abituati “a casa”: basta entrare in una delle chiese ortodosse che ormai si trovano in quasi tutte le nostre città, e seguire la Divina Liturgia. In Russia, però, questa esperienza si rende straordinaria proprio perché “normale”: è il normale modo in cui i cristiani di quel Paese si rivolgono a Dio, vivono le celebrazioni, pregano. Da secoli, è il normale modo di credere per un popolo intero. Immergersi in un’esperienza collettiva così diversa dal “conosciuto” porta inevitabilmente a guardare dentro sé stessi ed al proprio rapporto con la fede, con esiti diversi per ciascuno: un viaggio da consigliare, almeno una volta nella vita, a chiunque si dica cristiano.

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