Il Donbass

Il Donbass al centro di un conflitto di civiltà… e di fede

 Mentre le guardie di frontiera di Lugansk abbandonano i loro posti e si parla di 150 chilometri di confine aperto tra Ucraina e Russia, attraverso i quali poter portare a termine operazioni umanitarie, come l’evacuazione dei bambini di Slavjansk, vediamo il primo “successo” militare dell’Ucraina indipendente: la prima cattura di una cittadina di meno di 30.000 abitanti, Krasnij Liman. Risultato: esecuzione immediata sul posto di 37 tra combattenti feriti e civili ricoverati nell’ospedale ferroviario locale, oltre ad almeno una persona del personale ospedaliero. La democrazia e l’integrazione europea avanzano di pari passo con il nobile concetto di tutela dell’integrità territoriale, di fronte ai quali evidentemente anche crimini di guerra di questa portata sono poca cosa. Cosa succederà alle altre città se faranno la stessa fine? A Krasnij Liman si sono già visti: irruzioni in case civili, confische di beni privati, uccisioni e stupri a caso,  deportazione di tutti gli uomini in età militare… la strada verso la “democrazia” non si cura di simili ostacoli.

Forse la notizia più sconvolgente (e che per questo NON vi sarà data dai media asserviti) è che è finita anche la pazienza dei minatori del Donbass. La marcia di 3000 manifestanti a Donetsk mercoledì 4 giugno segna la fine della neutralità dei lavoratori del bacino minerario, che fino a questo punto avevano scelto di non partecipare ad azioni antigovernative.

Ma la cosa che meglio sottolinea la portata epocale di questo conflitto di civiltà è il suo carattere di guerra di religione, o forse meglio, di guerra alla religione (e ovviamente, scordatevi pure un cenno a questa notizia sui media dell’Occidente libero…). Il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov (nella foto) ha accennato in un articolo di Sedmitza.ru che la Russia sta tornando ai valori spirituali tradizionali, radicati nell’Ortodossia, e questo è uno dei motivi per cui l’Occidente si sta allontanando da lei, e cerca di imporre una scala occidentale di valori, sempre più distaccata dalle proprie radici cristiane e sempre meno sensibile ai sentimenti religiosi delle persone di altre fedi.

Messaggio Pasquale di sua Santità il Patriarca Kirill

Messaggio pasquale di sua Santità il Patriarca Kirill, agli arcipastori, pastori, diaconi, monaci e tutti i figli fedeli della Chiesa ortodossa russa

Pubblicato : Padre Ambrogio / Vedi >  Blog
 http://www.patriarchia.ru/db/text/3625847.html

14 aprile 2014

Il Patriarca di Mosca e di tutta la Rus’ Kirill si rivolge agli arcipastori, pastori, diaconi, monaci e tutti i fedeli della Chiesa ortodossa russa con il tradizionale messaggio di Pasqua.

Amati nel Signore, sacratissimi arcipastori, eminenti pastori e diaconi, monaci e monache amati da Dio, cari fratelli e sorelle!

In questo giorno promesso e santo, quando tutto il mondo, visibile e invisibile (cfr. canone della Santa Pasqua), glorifica l’autore della vita e vincitore della morte, saluto di cuore tutti voi con l’esclamazione pasquale:

CRISTO È RISORTO!

Di anno in anno l’annuncio beato della risurrezione risuona trionfalmente, ci spinge a lodare Dio il Salvatore, che ha vinto la morte con la morte, e ci ha resi partecipi della vita eterna a venire.

Celebrando questa festa delle feste e solennità delle solennità, ricordiamo con un particolare sentimento spirituale l’impresa redentrice del Salvatore del mondo, le sue sofferenze sulla croce e la luminosa Risurrezione. La Pasqua non è una bella leggenda, non è una teologia teorica e non è un tributo a tradizioni popolari stabilite nel lontano passato. È l’essenza e il nucleo del cristianesimo. È la vittoria a noi concessa da Dio.

Dai tempi degli apostoli fino ai nostri giorni la Chiesa predica la risurrezione di Cristo come il più grande miracolo nella storia dell’umanità. Parla di questo miracolo non solo come di un fatto del Vangelo, ma – cosa ben più importante – come di un evento fatale per tutti coloro che ricevono l’annuncio pasquale. Questa festa ha la più immediata rilevanza per ciascuno di noi, poiché la risurrezione di Cristo, la perfetta redenzione del mondo caduto operata dal Signore, è la gioia più grande che un essere umano può sperimentare. Non importa quanto sia difficile la nostra vita, quali avversità della vita ci abbiano assaliti, quali afflizioni ci vengano dalle persone e quali imperfezioni del mondo circostante dobbiamo sopportare – tutto questo è nulla in confronto alla gioia spirituale, alla speranza di salvezza eterna, che Dio ci dona.

Secondo l’apostolo Paolo, Cristo risorto dai morti darà la vita anche ai nostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in noi (cfr. Rm. 8:11).

Nel giorno luminoso della Risurrezione di Cristo le anime di milioni di fedeli si colmano di gratitudine verso il Creatore, e la nostra esistenza terrena acquista un autentico significato. La Pasqua di Cristo è un grande trionfo della vita, un trionfo della vittoria sulla morte, che porta amore, pace e trasfigurazione spirituale.

Con la celebrazione della Pasqua ogni volta è come se ci si aprisse un nuovo periodo della nostra vita, perché il Signore risorto rinnova la natura umana, la rafforza nelle prove, le dà la forza di compiere buone azioni.

Il messaggio di Pasqua che ha cambiato il corso successivo della storia del mondo ci spinge alla trasformazione morale e al rinnovamento spirituale, che sono così essenziali per la società moderna. Ricorda a tutte le persone le origini del cristianesimo, e anche il futuro regno eterno, dove “Dio sarà tutto in tutti” (1 Cor 15,28).

Nei giorni luminosi della celebrazione pasquale, siamo chiamati a condividere la nostra gioia con i nostri familiari e vicini, a mostrare loro amore fattivo e misericordia. Questa è la tradizione santificata nei secoli, in seguito alla quale, testimoniamo il nostro coinvolgimento nell’eredità di Cristo e la fede nel fatto che il Signore è veramente risorto.

Ora, come un tempo, la Chiesa ortodossa russa compie con diligenza la sua missione di salvezza, proclamando costantemente la verità di Dio, sostenendo la continua importanza dei comandamenti del Vangelo, richiamando alla pace e all’armonia, servendo l’unità spirituale dei popoli che vivono nelle terre sotto la responsabilità pastorale del Patriarcato di Mosca.

La nostra preghiera speciale di oggi è per i popoli della Russia e dell’Ucraina, perché regni la pace nelle menti e nei cuori dei fratelli e sorelle di sangue e di fede, perché siano ripristinati i collegamenti persi e la tanto necessaria cooperazione.

Proclamando l’amore di Dio che supera ogni comprensione (cf. Ef 3,19), il cristianesimo unisce le persone superando i confini nazionali, culturali e nazionali, perché la luce di Cristo illumina tutti (cf. Gv 1:9).

Il Signore risorto conceda a tutti noi di continuare il pellegrinaggio terreno nel bene delle anime, ricordando l’alta responsabilità cristiana e la chiamata a costruire in sé e negli altri una forte fede, un amore sincero e una speranza incrollabile. Possa la gioia di questa festa rafforzarci e ispirarci a compiere buone azioni, darci coraggio e forza di mantenere la moderazione e la calma in mezzo alle onde in crescita del mare della vita, di resistere alle seduzioni e alle tentazioni, di superare, secondo le parole di san Sergio di Radonezh, la lotta odiosa di questo mondo.

La luce della gloria di Cristo che risplende dal sepolcro vivificante sia con noi e illumini i nostri cuori, estendendosi vicino e lontano, a tutti coloro che hanno bisogno della nostra attenzione e del nostro sostegno.

Congratulandomi con tutti voi nella grande festa della Santa Pasqua, auguro in preghiera generosi doni spirituali, forza fisica e soccorso di grazia divina nella marcia vittoriosa verso Cristo. Amen.

Mosca

Pasqua 2014

“La pietrificazione di Zoja”

“La pietrificazione di Zoja”
 

Samara. La casa dove ha vissuto Zoja

Nel 1956 a Kujbyshev (oggi la città ha riacquisito il nome autentico – Samara) è accaduto un fatto che ha scosso l’intero mondo ortodosso – la famosa “pietrificazione di Zoja”.

Zoja prende dalla parete l’immagine di San Nicola e comincia a ballare con lei

Una certa Zoja, operaia in una fabbrica di tubature, decise di festeggiare il Capodanno con i propri amici. Sua madre, essendo credente, era contraria ai festeggiamenti allegri durante il digiuno prenatalizio, ma Zoja non la ascoltò. Tutti gli invitati giunsero alla festa, solo il fidanzato di Zoja (Nikolaj) non arrivava. La musica suonava, i giovani ballavano e Zoja era l’unica in disparte. Offesa con il fidanzato, prese dalla parete l’icona di san Nicola e disse: “Se non c’è il mio fidanzato, allora ballo con san Nicola”. A un’amica che l’ammoniva di non compiere quel gesto, lei rispose: “Se Dio esiste, che mi punisca lui”. Con queste parole cominciò il suo ballo. Al terzo giro la stanza all’improvviso fu avvolta da un forte rumore, vento e lampi scossero i presenti, tutti corsero via terrorizzati. Solo Zoja rimase ferma con l’icona incollata al petto, pietrificata, fredda come il marmo.

Zoja rimane immobile incollata al pavimento

Non riuscirono a spostarla, le sue gambe sembravano fuse con il pavimento. Zoja non dava segni di vita, ma non era morta: il suo cuore batteva. Da quel momento non mangiò e non bevve. I dottori fecero di tutto e di più, ma non riuscirono ad aiutarla.

I compagni chiamano la polizia e il pronto soccorso, ma i dottori non riescono a dare aiuto

La notizia di questo miracolo si sparse velocemente in tutta la città, molti vennero a vedere “Zoja di pietra”. Dopo un po’ le autorità della città si risvegliarono: il passaggio verso la casa fu chiuso e sorvegliato dalla polizia, ai visitatori arrivati da fuori e ai curiosi locali si rispondeva che non era avvenuto alcun miracolo.

Lo ieromonaco Serafim, a cui è consentito l’accesso alla casa, serve un moleben di benedizione delle acque, riesce a prendere l’icona dalle mani della ragazza e la ricolloca al suo posto

Le guardie in servizio di notte vicino alla dimora di Zoja sentivano la ragazza urlare: “Mamma! Prega! Stiamo morendo nei peccati! Prega!” L’esame medico confermò che il battito cardiaco della ragazza non si era fermato, nonostante i tessuti fossero duri come pietra (non riuscirono nemmeno a farle un’iniezione, perché gli aghi si rompevano). I sacerdoti invitati a casa intonarono preghiere, ma non riuscirono a prendere l’icona dalle mani congelate di Zoja. Il giorno di Natale arrivò padre Dimitrij Tjapochkin (il futuro ieromonaco Serafim), servì un moleben e benedisse tutta la casa. Quindi prese l’icona dalla mani di Zoja e disse: “Ora bisogna aspettare un segno nel Grande Giorno (Pasqua)”.

San Nicola stesso arriva da Zoja e la libera

Prima della festa dell’Annunciazione un vecchio chiese alle guardie di farlo entrare, ma venne respinto. Il giorno dopo tornò nuovamente, e nemmeno questa volta le guardie lo fecero entrare. Alla terza volta, proprio nel giorno dell’Annunciazione, le guardie non lo fermarono. I testimoni sentirono il vecchio dire a Zoja: “Allora, sei stanca di stare ferma?”. Passò del tempo, ma il vecchio non usciva. Quando entrarono nella stanza, non trovarono traccia di lui (tutti i testimoni si convinsero che fosse venuto san Nicola stesso).

Zoja prova grande sofferenza, si pente e arriva alla fede

Zoja rimase ferma in piedi per 4 mesi fino a Pasqua. Nella notte della santa Resurrezione di Cristo Zoja gridò a gran voce: “Pregate! È spaventoso, la terra sta bruciando! Il mondo intero sta morendo nel peccato! Pregate!” Da questo momento tornò alla vita, i suoi muscoli si ammorbidirono, tornarono vivi. Zoja fu messa a letto, ma continuava a chiamare tutti a pregare per il mondo, che sta morendo nei peccati, e per la terra, che sta bruciando nelle iniquità.

Per le preghiere di san Nicola il Signore ebbe misericordia di lei, accettò la sua penitenza e perdonò i suoi peccati… questi avvenimenti colpirono terribilmente gli abitanti di Kujbyshev e dei dintorni, molte persone si rivolsero alla fede. Tanti corsero verso la chiesa per pentirsi, i non battezzati si fecero battezzare, chi non portava una croce cominciò a indossarla (non bastavano le croci per tutti quelli che le chiedevano).

A padre Dimitrij proibirono di raccontare come aveva preso l’icona da Zoja e lo inviarono a prestare servizio in un paesino lontano. Nonostante questo la gente cercava padre Dimitrij e ciò non piacque affatto alle autorità.

Il 26 ottobre del 1960 a Solovka il vescovo di Kursk e Belgorod Leonid tonsurò al monachesimo l’arciprete Dimitrij con il nome di Serafim.

Dal 14 ottobre del 1961 e fino alla fine dei suoi giorni padre Serafim fu il rettore della chiesa di san Nicola nel paese di Rakitnoe nella regione di Belgorod. Padre Serafim diede tutto sé stesso al prossimo per “salvare almeno alcuni” (1 Cor. 9 22) di quelli che sentono la voce della Chiesa e si pentono dei loro peccati.

Film: “Чудо” (“Il miracolo”, di Aleksandr Proshkin, 2009)

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