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MESSAGIO DI NATALE DI SUA SANTITà IL PATRIARCA KIRILL DI MOSCA E DI TUTTA LA RUSSIA

 

 

Pubblicato : Padre Ambrogio / Vedi >  Blog
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Messaggio di Natale di sua Santità il Patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Rus’ agli arcipastori, pastori, monaci e a tutti i fedeli figli della Chiesa Ortodossa Russa.

Amati nel Signore, sacratissimi arcipastori, reverendi presbiteri e diaconi, monaci e monache amati da Dio, cari fratelli e sorelle!

Oggi le nostre chiese si riempiono di persone, venute a glorificare il divino neonato – Cristo il Salvatore, e la sua purissima Madre – la Vergine Maria.

La Natività di Cristo è l’avvenimento centrale di tutta la storia umana. L’uomo ha sempre cercato Dio: eppure in tutta la sua pienezza Dio ha dischiuso se stesso all’uomo solo nell’incarnazione del suo Figlio unigenito. Con la venuta del Figlio di Dio – e Figlio dell’uomo – il mondo ha conosciuto che Dio è amore, e non solo il supremo potere, Dio è misericordia – e non solo il datore della giusta ricompensa, Dio è la fonte della vita e della gioia, e non solo il tremendo giudice; Dio è la santa Trinità, la cui vita per legge interna è lo stesso amore – e non il solitario sovrano del mondo.

Oggi noi celebriamo un avvenimento che ha cambiato in modo radicale tutto il corso della storia umana. Dio entra nella profondità della vita umana, diviene uno di noi, prende su di sé tutto il peso dei nostri peccati, delle incapacità e debolezze umane – e le porta sul Golgota, per liberare gli esseri umani da un fardello insopportabile. Dio da ora non è più in qualche cielo inaccessibile, ma qui, con noi, in mezzo a noi. Ogni volta che durante la celebrazione della Divina Liturgia si pronunciano le parole “Cristo è in mezzo a noi!” – e la risposta “Lo è, e lo sarà”, questa è una viva testimonianza della presenza dello stesso Dio incarnato – Cristo il Salvatore – in mezzo ai suoi fedeli. Ricevendo regolarmente la comunione al suo santo corpo e sangue, sforzandoci di adempiere i suoi comandamenti, noi entriamo in una reale comunicazione con lui, con il nostro Salvatore, e otteniamo la remissione dei peccati.

I credenti in Cristo e i suoi discepoli fedeli sono chiamati a essere testimoni del regno di Dio manifestato in Cristo già nel tempo della vita terrena. Ci è stato affidato un grande onore – di procedere in questo mondo così come ha proceduto il nostro Maestro e Dio, di essere irremovibili, con la potenza di Cristo, nella lotta contro il peccato e il male, di non indebolirci nel compimento zelante di opere buone, di non disperarci nello sforzo quotidiano di trasfigurazione della nostra natura peccatrice nel nuovo uomo di grazia.

Per mezzo di Cristo il Salvatore è stato stabilito un criterio incrollabile, assoluto, di relazione autentica con Dio – il nostro prossimo. Prendendo su di noi le incapacità altrui, condividendo i loro dolori e tristezze, partecipando alla sofferenza di chi è nelle sventure e nelle necessità, adempiamo la legge di Cristo (Gal 6:2) e diveniamo simili al Salvatore, che ha preso su di sé i nostri dolori e ha sopportato le nostre sofferenze (Is 53:4).

È impossibile dimenticarci degli altri in questo giorno pieno di gioia e portatore di luce della Natività di Cristo, quando tutta la creazione viene con meraviglia alla mangiatoia del bimbo divino. Quella grande grazia, che oggi noi riceviamo nelle nostre chiese, deve riversarsi anche su quelli che si trovano fuori dei confini della Chiesa e conducono una vita conforme ai criteri di questo mondo, e non secondo Cristo (Col 2:8) Ma se noi e voi non andiamo loro incontro – questa Buona Novella potrebbe non arrivare a loro; se noi e voi non apriamo il nostro cuore, per condividere la gioia che ci circonda – questa potrebbe non raggiungere mai quelli che non la possiedono, ma che sono pronti a riceverla.

Per mezzo dell’incarnazione del Figlio di Dio la natura umana è innalzata a un livello mai prima raggiunto. Ciascuno di noi non solo è creato “a immagine e somiglianza di Dio”, ma per mezzo di Cristo è pure adottato da Dio: siamo “concittadini dei santi e della famiglia di Dio” (Ef. 2:19). Di questa vicinanza e familiarità con Dio parla anche la preghiera del Signore, in cui ci rivolgiamo al Creatore come al nostro Padre celeste.

Ogni vita umana è senza prezzo: solo per essa è stato pagato il prezzo dell’incarnazione, vita, morte e risurrezione dell’unigenito Figlio di Dio. Tutto ciò ci esorta ancor di più ad avere un’attitudine devota e attenta verso ogni persona, a prescindere da quanto sia diversa da noi. Nel pensiero del santo ierarca Filarete (Drozdov) di Mosca, “L’amore è una partecipazione viva e attiva nella creazione del benessere del prossimo”. A questo amore espresso nei fatti vorrei chiamarvi tutti in questi giorni pieni di gioia della Natività di Cristo: ad amarci, secondo le parole dell’apostolo Paolo, gli uni gli altri di amore fraterno, ad anticipare gli uni gli altri nella stima, a non essere deboli nello zelo, a essere ferventi nello spirito, a servire il Signore! (Rom 12:10-11, Eb 13:16).

Mi congratulo cordialmente con voi nell’occasione della grande festa della Natività di Cristo. Il Dio dell’amore e della pace (2 Cor 13:11) dia al nostro popolo e a ciascuno di noi pace e prosperità nell’anno nuovo.

+ KIRILL, PATRIARCA DI MOSCA E DI TUTTA LA RUS’

Natività di Cristo

2013/2014

Mosca

“Gesu ci ha detto come digiunare: con gioia e senza orgoglio”

Intervista allo ieromonaco Petru (Pruteanu): “Gesù ci ha detto come digiunare: con gioia e senza orgoglio”
 

28 novembre 2013

I cristiani ortodossi di vecchio calendario entrano oggi nel digiuno della Natività del Signore, un periodo che durerà 40 giorni, fino al 6 gennaio. Sul significato di questo periodo della vita di un credente e su come è giusto digiunare ci parla lo ieromonaco Petru (Pruteanu), dottore in teologia ortodossa e sacerdote missionario in Portogallo.

“Adevărul”: Padre, ci spieghi perché è importante mantenere il digiuno e come dovrebbe rispettarlo in modo corretto un buon cristiano.

Ieromonaco Petru (Pruteanu): Digiunare significa riposizionare gli accenti e stabilire un nuovo ordine di priorità nella nostra vita, almeno per brevi periodi di tempo. L’uomo moderno ha una tendenza permantente a preoccuparsi del corpo e a dimenticarsi dell’anima, e il digiuno significa la riduzione delle preoccupazioni per il corpo e una più intensa preoccupazione per l’anima. Alcuni percepiscono il digiuno solo come un regime alimentare più speciale, altri lo considerano una sorta di dieta. La Bibbia e la Chiesa non approvano questo approccio. Il regime alimentare è molto importante e comprende benefici medici e curativi, ma non è un fine in sé. Il digiuno significa astenersi non solo dal cibo, ma anche dalle cattive azioni, dal parlare eccessivo, da ogni tipo di distrazione e piacere, dando più importanza alla preghiera, alla lettura della Bibbia, alla carità e ad altre buone azioni. Senza queste cose, il digiuno è privato di valore e di efficienza.

Che cosa dice la Scrittura a proposito del digiuno? È obbligatorio?

L’idea del digiuno si ritrova spesso nella Scrittura. Anche i primi esseri umani hanno ricevuto nel paradiso un comandamento di digiuno, e sua la violazione ha avuto conseguenze particolarmente gravi per tutta l’umanità. Nell’Antico Testamento, vediamo digiunare Mosè, Elia, Davide e altri profeti, mentre nel Nuovo Testamento Gesù Cristo stesso ci dà l’ esempio del digiuno, che i suoi discepoli seguirono. Nel sesto capitolo del Vangelo di Matteo, Gesù ci dice come digiunare: con gioia e senza orgoglio. Nessuno tra quelli che digiunano ha diritto a condannare coloro che non digiunano, soprattutto perché non conosciamo le cause esatte della mancanza di digiuno del nostro fratello. Ma allo stesso tempo, è particolarmente importante che, oltre agli digiuni volontari e personali che ciascuno può fare nella sua vita (con la benedizione del suo confessore), tutti coloro che sono membri della Chiesa di Cristo (dal battesimo) cerchino di superare le difficoltà e di essere uniti in questo lavoro spirituale comune, e di seguire, in particolare, i digiuni stabiliti dalla Chiesa: la Grande Quaresima, i digiuni della Natività, della Dormizione e dei santi Apostoli oltre ai mercoledì e ai venerdì di tutto l’anno.

In che cosa si distingue dagli altri il digiuno della Natività?

Il digiuno della Natività o “del Natale” si tiene per 40 giorni prima della grande festa della Natività del Signore. Ci ricorda il digiuno dei profeti e dei giusti dell’Antico Testamento, che aspettavano la venuta del Messia, ma prepara anche noi a una più intensa esperienza spirituale di questo evento. Tenendo conto della stagione fredda e del fatto che siamo in attesa di un momento gioioso, il Tipico della Chiesa ha ordinato che questo digiuno sia meno severo, soprattutto per le persone che vivono nel mondo (nei monasteri, tuttavia, è più rigoroso). Non sono proibiti i cibi con olio, tranne il mercoledì e il venerdì (se lo si desidera), e si mangia pesce in tutti i sabati e le domeniche, e nei giorni festivi (come l’Ingresso della Madre di Dio nel tempio, e le feste di sant’Andrea, san Nicola, san Spiridione, ecc.) Quindi è un digiuno più leggero in termini di cibo, ma serve al suo scopo se è completato da un lavoro spirituale adeguato.

Cosa vorrebbe dire a chi teme di ammalarsi a causa di un regime alimentare restrittivo?

Dico loro di non avere paura e di cercare di digiunare. Non dobbiamo temere le prime vertigini che vengono all’inizio del digiuno, perché sono una tentazione del maligno che ha paura del digiuno, ma anche una mancanza di assuefazione dell’organismo. Allo stesso tempo, dobbiamo avere un approccio equilibrato al digiuno alimentare. I bambini, le donne incinte e che allattano, le persone affette da determinate malattie o che lavorano in situazioni particolarmente difficili possono essere esentate parzialmente o totalmente dal digiuno, cercando di astenersi almeno dal mangiare carne. Ma sarebbe bene decidere insieme con il sacerdote, non in base alla loro comprensione. Tenimao a mente che Dio e la Chiesa non vogliono uccidere il corpo umano, ma le sue passioni! Se, per esempio, siamo bramosi di carne e cerchiamo durante il digiuno di sostituirla con salsicce di soia, non abbiamo superato la passione, ma siamo solo divenuti ipocriti. Sei malato e non puoi digiunare secondo tutte le regole? Rinuncia magari a quello che ti piace di più!

Come mangiare in caso di ospitalità, feste di compleanno o eventi sociali per non essere derisi dai non credenti?

In primo luogo, durante il digiuno si dovrebbero evitare i banchetti. La società occidentale ha fatto ammalare anche i moldavi del virus delle feste di compleanno e dei banchetti, per qualsiasi motivo o senza alcun motivo, mentre un cristiano che al battesimo “ha rinunciato a Satana e si è unito a Cristo” dovrebbe essere più attento a ciò che sta accadendo nella sua vita e a come comportarsi in ogni situazione. Se io faccio un determinato digiuno e vado a farmi ospitare da qualcuno che non sa e magari non dovrebbe nemmeno sapere del mio digiuno, allora mangio tutto quello che mi viene messo davanti. Ma se colui che mi ha invitato è un cristiano ortodosso e sa che è un periodo di digiuno, ma lo viola consapevolmente, allora non devo farmi partecipe della sua violazione, e devo o astenermi o non accettare tali inviti. E se ci prendono in giro, dovremmo esserne felici. Vuol dire che siamo sulla strada giusta, perché Cristo ci ha promesso che saremo derisi e disprezzati per il suo nome. Il problema è che la maggior parte dei nostri ortodossi si preoccupa di più di quel che dirà la gente rispetto a quel che dice Dio…

Cosa fare se il nostro partner non mostra comprensione dell’astinenza nel periodo di digiuno? I rapporti sessuali durante questo periodo sono un peccato maggiore rispetto, per esempio, a mangiare cibo non di digiuno o a insultare qualcuno?

In primo luogo, dobbiamo essere chiari con i termini. Il concetto di “partner” non è cristiano e spesso non significa necessariamente un coniuge legittimo, ma piuttosto un amante. Quindi, qualsiasi relazione al di fuori del matrimonio è proibita da Dio, sia che abbia luogo in un periodo di digiuno, sia al di fuori, e due che vivono in questo stato non possono comunicarsi. Ma quando si tratta di rapporti tra i coniugi, dobbiamo procedere con molta saggezza, perché il digiuno coniugale che deve accompagnare quello alimentare è speciale, in quanto coinvolge due persone, e non una sola. San Paolo dice che il digiuno matrimoniale deve essere tenuto “con una buona comprensione di entrambi” e “per un tempo determinato”, e se uno dei coniugi non è d’accordo, l’altro deve essere umile e colmare questa lacuna con altre forme di digiuno. L’ideale sarebbe, comunque, che entrambi i coniugi cerchino di digiunare anche sotto questo punto di vista, e se inciampano, non significa che si tratti di un peccato, ma piuttosto una debolezza su cui devono ancora lavorare spiritualmente…

Molti cristiani da noi sono abituati a digiunare una settimana prima della comunione. Quanto è corretta questa pratica e quanto spesso dobbiamo comunicarci in un periodo di digiuno?

In generale, la comunione non è legata ai periodi di digiuno. Un buon cristiano dovrebbe comunicarsi ogni settimana o almeno una volta al mese. E per comunicarsi al di fuori dei quattro periodi di digiuno è sufficiente digiunare il mercoledì e il venerdì, che sono comunque giorni di digiuno. La raccomandazione della Chiesa a comunicarsi in ogni periodo di digiuno è in realtà un minimo, che a torto è stato visto come una regola. E se qualcuno ancora non lo ha capito o non si sente pronto a comunicarsi fuori dai periodi di digiuno, almeno durante questi periodi dovrebbe farlo più spesso: in ogni domenica, oppure all’inizio, a metà e alla fine. Purtroppo, non ogni parrocchia e ogni prete offrono l’insegnamento e il tempo necessario per preparare le persone a ricevere il corpo e il sangue del Signore. Ma viviamo in tempi in cui dobbiamo lottare e cercare quella chiesa e quel prete a cui possiamo correttamente confessarci e che ci possa consigliare in una vita in cui Cristo è presente in ogni momento, non uno che appare e scompare tre o quattro volte all’anno. Così come noi non mangiamo quattro volte l’anno, allo stesso modo non è sufficiente comunicarsi solo quattro volte all’anno. Così il digiuno dovrebbe essere tenuto integralmente e la comunione dovrebbe essere fatto quanto più frequentemente, sia durante i periodi di digiuno, sia al di fuori di essi. Auguro a tutti voi un digiuno benedetto con molti frutti spirituali!

“Acquisisce lo spirito di pace e migliaia intorno a te saranno salvati”

Che cosa voleva dire san Serafino di Sarov
di padre Stephen Freeman

da pravoslavie.ru

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“Acquisisci lo spirito di pace e a migliaia intorno a te saranno salvati”. Questa è forse la più famosa citazione del grande santo russo, Serafino di Sarov. Molte delle sue icone hanno su di loro questo detto. Non ho mai incontrato nessuno a cui non sia piaciuto. D’altra parte, penso che ci siano molti che non lo capiscono. E capire quello che voleva dire può portarti al cuore stesso dell’Ortodossia.

“Acquisire lo spirito di pace”, suona in modo meraviglioso, e la maggior parte di noi suppone che questo è il frutto dei lunghi anni di rigorosa pratica monastica del grande santo. Senza dubbio molti dei doni di san Serafino si manifestarono in un tal modo potente a causa dei suoi anni di silenzio e di preghiera.

Ma la sua dichiarazione sull’acquisizione dello spirito di pace non è così complicata o misteriosa come qualcuno potrebbe pensare.

Per molti versi si tratta semplicemente di un ampliamento della parabola evangelica dei talenti :

“Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro. Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque. Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due. Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; per paura andai a nascondere il tuo talento sotterra; ecco qui il tuo. Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti” (Mt 25,14-30).

Questa parabola molto familiare è abbastanza strana. Cristo allude a qualcosa, nell’immaginario dei “talenti” d’argento (o d’oro). Qualunque cosa sia, è stato dato liberamente da amministrare – ma gli amministratori sono tenuti a fare qualcosa con il dono. E’ da restituire, con un profitto.

In primo luogo, la parabola non parla di “talenti” umano come suonare il piano o cose simili. Né si tratta di parlare in pubblico, o anche essere un buon insegnante per i bambini. Non si tratta di capacità. Si tratta di una somma di denaro – ma non è una parabola “finanziaria”, nel senso che Cristo non sta cercando di dirci di essere sicuri e fare soldi.

Si tratta di una parabola sulla grazia, sullo Spirito Santo.

San Serafino, nel suo insegnamento, era quasi grossolano. Diceva ai suoi discepoli di “acquisire lo Spirito Santo”, e usava i paragoni grossolani di un imprenditore che investe il suo denaro per farne di più. Suo padre era un commerciante. Sapeva di cosa stava parlando – ma il suo immaginario era trasposto alla vita spirituale – e descriveva sommamente l’obiettivo come “l’acquisizione dello Spirito Santo. ”

Il problema più grande (che si applica pure alla parabola) allora è: Come possiamo acquisire la grazia – o lo Spirito Santo?

Vi prego di notare che non sto parlando di guadagnare più grazia o di compiere opere al fine di ottenere lo Spirito Santo.

La grazia non è altro che la Vita di Dio. Nei termini teologici adeguati (della Chiesa d’Oriente) la grazia è l’energia divina increata. Ma questo termine, se non è correttamente inteso, può essere del tutto confuso. Preferisco parlare della grazia o della vita stessa di Dio, liberamente data a noi.

In primo luogo, la grazia è un dono. Non devi andare da nessuna parte per ottenere quello che ti è già stato dato. Quello che dobbiamo fare è permettere alla grazia di Dio di operare in noi quello che Dio vuole.

San Paolo esortava: “Vi supplichiamo di non ricevere la grazia di Dio invano!” (2 Corinzi 6:1)

A ognuno di noi (sicuramente al nostro battesimo e alla cresima) è stata data la grazia di Dio per la nostra salvezza – cioè di portare i ​​frutti dello Spirito e per conformarci a immagine di Dio in Cristo. La domanda è: che cosa ne facciamo di questa grazia?

Questa è una domanda particolarmente importante nelle piccole cose della giornata. Preghiamo? Cominciamo la giornata facendoci il segno della Croce prima che i nostri piedi tocchino il pavimento? Quando ci viene la tentazione di brontolare ci asteniamo e invece rendiamo grazie? Condanniamo gli altri, anche se avremmo potuto stare in silenzio? Perdoniamo, anche quando avremmo potuto covare un rancore?

C’è grazia in ciascuna di queste cose e in migliaia di altre. Siamo in grado di acquisirla, perché Dio ce ne ha resi capaci. La grazia che è messa a frutto nella nostra vita produce interessi di grazia. San Serafino non è diventato quello che era attraverso un dono momentaneo, ma attraverso una vita di ascesi e “reinvestendo” la grazia a lui data.

Alcune parole dal grande santo per le piccole cose della giornata :

Non puoi essere troppo cortese, troppo gentile. Evita anche di apparire duro nel tuo trattamento degli altri. Gioia, gioia radiosa, scorre dal volto di colui che dà e suscita gioia nel cuore di chi la riceve.

Ogni condanna viene dal diavolo. Non condannare gli altri… invece di condannare gli altri, sforzati di raggiungere la pace interiore.

Taci, astieniti dal giudizio. Ciò ti farà salire al di sopra delle frecce mortali di calunnie, ingiurie e indignazione e proteggerà il tuo cuore contro ogni male.

Ecco che cosa voleva dire san Serafino.

Uno squardo dall’altra parte dell’oceano

Uno sguardo dall’altra parte dell’oceano
Vladimir Ivanov

pravmir.com, 5 novembre 2013

Intervista con l’arciprete Alexis Duncan, Rettore della Chiesa della Natività della Madre di Dio a Albany, NY, durante la sua visita in Russia nel settembre 2013.

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Circa cinque anni fa, la Chiesa ortodossa russa e la Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia si sono riunificate. È difficile immaginare cosa ci fosse dietro la cronaca ufficiale di questo evento. Eravamo davvero separati? Ci siamo davvero uniti? L’arciprete Alexis Duncan, rettore della chiesa della Natività della Madre di Dio a Albany, NY, è in visita in Russia con una delegazione di giovani. Abbiamo discusso il punto di vista degli affari russi visti da oltre oceano con padre Alexis.

La riunificazione delle Chiese ha incontrato molti ostacoli: il nostro passato sovietico, le differenze teologiche, i conflitti sulla proprietà. Forse ci siamo riunificati troppo presto?

Sì, ricordiamo il danno che l’Unione Sovietica ha fatto alla Chiesa per molti, molti anni. Non è possibile cancellare tutti i problemi e portare guarigione in tutto. Ma a poco a poco, questo si sta verificando… penso che l’unificazione sia stata spiritualmente benefica per entrambe le Chiese. Noi vediamo i progressi nel vostro paese nel suo atteggiamento verso la Chiesa in questi ultimi anni. Ma i problemi restano. Per esempio, notiamo migliaia e migliaia di persone in chiesa durante le festività. Ma nelle piccole chiese, dove probabilmente c’è bisogno di aiuto, ce ne sono molto poche. Abbiamo lo stesso problema all’estero, e questo è un problema per la società. Penso che abbiamo bisogno di cooperare su questo. Abbiamo buoni dipartimenti missionari sia in Russia sia nella Chiesa all’estero.

Molti sono scettici circa le prospettive di sviluppo russo nel XXI secolo. Cosa ne pensa?

A mio parere, la caduta dell’Unione Sovietica, la divisione del mondo ortodosso, è stata una provocazione da parte dell’Occidente. Noi siamo tutti cristiani ortodossi slavi – ucraini, bielorussi, russi, e non vi è alcuna differenza tra noi. La ricostruzione sta cominciando solo ora. Forse con il tempo saremo guariti, coprendo ogni ferita con amore e pazienza. Questo è ciò che speriamo. Il nostro Patriarca Kirill è un uomo molto saggio, per esempio, le sue visite in Ucraina uniscono i cristiani ortodossi, lì è ricevuto come un patriarca. Spero che con l’aiuto di Dio possiamo diventare un mondo ortodosso unificato, passo dopo passo.

Cosa pensa la ROCOR del fatto che gli USA equiparano le unioni omosessuali con i normali matrimoni, e qual è la sua opinione personale come cittadino americano?

Abbiamo ricevuto un decreto ufficiale dal nostro primo ierarca che discute l’impossibilità di riconoscimento di questa legislazione, da un punto di vista umano, e che questo è un atto di sfida al Vangelo. Come pastori, se un uomo o una donna soffrono di questo disturbo, non dobbiamo evitarli, ma essere comprensivi e misericordiosi. Se poi si pentono, noi, come Chiesa, li accettiamo e cerchiamo di aiutarli: questo è un segno di amore divino. Ma, in generale, si tratta di una domanda difficile. Quando ero giovane, mi sentivo di dire di vivere in una nazione cristiana. Ma ora non posso più dirlo. Forse questo è il post-cristianesimo, non so, Dio lo sa. Questo non è un problema specifico per quanto riguarda il riconoscimento del matrimonio omosessuale o qualcosa del genere. È un segno di apostasia da Dio in generale.

Ha mai riflettuto su quanto sono simili e quanto sono diversi americani e russi?

Sono cresciuto durante la guerra fredda tra persone molto religiose. Ora l’America è un mondo diverso. Speravamo che dopo la caduta dell’Unione Sovietica, solo il meglio di ciò che si trova in Occidente sarebbe apparso in Russia. Purtroppo, la Russia ha adottato alcune tra le cose peggiori. In America, mi sembra, non vi è quasi nessuna cultura. Abbiamo buone persone, individualmente, ma l’intera società si comporta a volte terribilmente. Le cose che vediamo in TV… Naturalmente, questo ha un grande effetto sui giovani. Quando ero giovane, la morale esisteva ancora nella società. Ora vivono senza morale. Vediamo lo stesso in Russia. L’ influenza del mondo è molto potente… ci sono tentazioni ovunque. Camminando per le strade di San Pietroburgo, abbiamo visto alcune cose vergognose.

Com’è che lei e i suoi parrocchiani vi sentite con la nuova legge “Dima Jakovlev” della Russia?

Questa per me è una domanda complessa. Sono sempre stato contrario personalmente, penso che sia un grande peccato portare i bambini fuori della Russia: hanno radici ortodosse, ma in America, Francia, Italia, ecc, saranno allevati protestanti o cattolici… Per questo motivo sento che i bambini non dovrebbero essere regalati ad altri paesi. Ma se i bambini sono affidati a una famiglia ortodossa, allora nessuna obiezione…

Molti dicono che la Chiesa dovrebbe cambiare ora per adeguarsi ai tempi. Pensa che la Chiesa abbia bisogno di riforme?

Penso che sarebbe un errore permettere cambiamenti nella Chiesa. La gente cerca coerenza, che è molto importante. Non abbiamo bisogno di modernizzare i nostri insegnamenti. Abbiamo eroi della fede come san Giovanni di Kronstadt, gli anziani di Optina, sant’Ignazio Brjanchaninov, tutti brillanti teologi. Sappiamo che non c’è la fede al di fuori dell’Ortodossia, questo è qualcosa che dovremmo dire chiaramente.

Ci parli dei suoi parrocchiani. Lei è un discendente della prima ondata di immigrati, quelli che sono fuggiti subito dopo la Rivoluzione?

In realtà io non sono russo, sono un vero americano; sono venuto all’Ortodossia per conto mio. Abbiamo molti immigrati recenti dalla Russia nella nostra parrocchia, ma ci sono anche persone della generazione dopo la guerra. Ci sono molti americani, come me, che si sono convertiti all’Ortodossia. I nostri servizi divini sono in lingua slavonica e inglese. Ma ci consideriamo parte della Chiesa ortodossa russa, e cerchiamo di preservare le tradizioni della Russia: i servizi divini e le regole.

La vostra comunità è di grandi dimensioni? Qual è l’età media dei suoi parrocchiani?

Per gli standard americani abbiamo una grande parrocchia, ma per gli standard russi è piccola. La domenica abbiamo circa un centinaio di persone. Teniamo molti servizi divini: i giorni di festa, feste dei grandi santi, durante la Quaresima. Siamo una parrocchia molto attiva. La domenica dopo la Liturgia dobbiamo nella trapeza pranzi aperti a tutti ed eventi giovanili. La nostra parrocchia è come una grande famiglia, siamo tutti molto vicini. Non vi è alcuna differenza tra i vecchi e nuovi immigrati, tra americani e greci, che abbiamo anche nella nostra parrocchia. Questo è un grande dono di Dio.

Qual è il suo rapporto con gli immigrati recenti? Li aiuta ad adattarsi al loro nuovo ambiente?

Certo, noi cerchiamo di aiutare. Se non hanno abbastanza soldi per il cibo, per un appartamento, li aiuteremo in ogni modo possibile. Ma la cosa più importante per loro è far loro sentire che sono amati. A questo proposito non vi è alcuna differenza tra i nuovi immigrati e gli americani. Noi tutti cerchiamo Dio. Certo, abbiamo dei problemi a volte, ma io non percepisco alcuna differenza tra i tipi di parrocchiani.

Che lingua usa per le sue prediche?

L’inglese e il russo. Naturalmente, mi è difficile formulare idee complesse in russo a causa della mia mancanza di conoscenza della lingua, ma cerco di prepararmi in anticipo.

Lei è coinvolto con il progetto conosciuto come Progetto Tikhvin. Come è nata questa idea?

Abbiamo un campo scout dedicato a san Serafino, organizzato 25 anni fa con la benedizione del nostro compianto Metropolita Lavr (che ha lavorato per la riunificazione delle Chiese). Ci sono circa 50 persone nel campo ora. Una volta una ragazza mi ha chiamato da San Pietroburgo e mi ha parlato di un campo giovanile nella città di Tikhvin, forse ci sarebbe piaciuto entrare in contatto con loro? L’idea ci è piaciuta, così l’anno scorso ho portato alcuni giovani al monastero Vvedenskij, sotto la badessa Tavifa, e lì abbiamo fatto dei lavori. Questo ha lasciato una grande impressione sui ragazzi, e penso che sia stato un bene per tutti noi. In America, i bambini vivono nel benessere materiale, quindi è importante per loro vedere un altro mondo. Stavamo in spazi ristretti, e questo è stato un brusco risveglio per tutti. Ma tutti lavoravano, pregavano, ed è diventato un evento spiritualmente benefico. Se è la volontà di Dio, andremo lì ogni anno. Tikhvin è una città antica. Quest’anno abbiamo avuto la fortuna di assistere alla celebrazione dell’icona della Madre di Dio di Tikhvin, insieme con il vescovo Mstislav, il vescovo Nazarij e il vescovo Markell. È stato splendido. Vladyka Mstislav ha servito al Monastero Vvedenskij. È una persona gentile, calorosa. I ragazzi sentivano il suo amore. Quando eravamo insieme in chiesa, ci sentivamo a casa. Questo è molto importante nel far crescere i bambini.

Quando è stato il suo primo viaggio in Russia?

Sette anni fa. Sono andato a San Pietroburgo, Tikhvin, Lodejnoe Pole. Mi sono subito innamorato di San Pietroburgo, e ora la sento come la mia seconda casa.

Che cosa l’ha colpita più di tutto a San Pietroburgo?

La sua bellezza. Amo l’arte e l’architettura, che lì sono meravigliose. Ci sono tanti buoni musei. La città è pulita, si può camminare sicuri, godere dei meravigliosi fiumi e canali. Chiese magnifiche, buoni cori, in generale la cultura della Chiesa viene ristabilita…

Come è arrivato alla fede ortodossa?

La storia è interessante. Immaginate, ero un giovane studente, e sapete che gli studenti sono sempre affamati. Il mio amico era un direttore di coro e mi invitava spesso a partecipare alle funzioni. Ma non avevo alcun interesse, quindi rifiutavo. Una volta mi ha detto che stavano progettando una Liturgia dei Doni Presantificati, e dopo c’era un pranzo libero. Ho accettato, sperando di ottenere un pasto gratuito. Durante la Liturgia ho guardato l’icona di san Giovanni il Precursore e improvvisamente ho sentito il suo sguardo su di me. È stata una sensazione straordinaria. Da allora sono stato un membro della Chiesa. Chiunque mi chiede perché mi sono convertito all’Ortodossia specificamente, in attesa di sentire una storia di ricerca della verità, di lettura di opere teologiche, e io che cosa dico? È divertente…

Come hanno reagito i suoi amici alla sua decisione?

Hanno pensato che fossi pazzo. L’Ortodossia non è una religione facile, si deve applicare un certo ascetismo, digiunare due volte alla settimana e per metà dell’anno. Ma i miei veri amici hanno compreso. Anche mia madre e mio padre sono divenuti ortodossi, ma purtroppo sono morti, e non ho altri parenti in vita, tranne la mia matushka, naturalmente. Ho trovato fraternità spirituale in Russia.

Ci parli di sua moglie. Come vi siete conosciuti? Com’è diventata ortodossa?

Ci siamo incontrati a Chicago; Anja era già ortodossa e cantava nella cattedrale della Protezione della santa Vergine. Io ero uno studente al seminario della santa Trinità. Ci siamo incontrati e presto ci siamo sposati.

Che libri ha letto in gioventù, che possono essere stati d’aiuto nella sua ricerca spirituale, o ha avuto guide spirituali?

La teologia è certamente importante. Ma ho sempre amato leggere le vite dei santi della Russia settentrionale. Un attendente di cella di nome Costantino era vissuto a Londra molto tempo fa, e aveva raccomandato la lettura delle vite dei santi ogni giorno. Penso che questo sia molto importante. È importante leggere La mia vita in Cristo di san Giovanni di Kronstadt. Ricordo un vescovo della Chiesa all’estero che chiedeva a un altro vescovo: se ti trovassi su un’isola deserta, e potessi portarti un solo libro, quale sarebbe? Questi rispose: “La mia vita in Cristo”.

“Noi non siamo nemici…”

“Pravaya.ru ” – Arciprete Maksim Kozlov: “Noi non siamo nemici…”
 

 

Conversazione con l’arciprete Maksim Kozlov, professore all’Accademia Teologica di Mosca, autore di uno studio sull’Ortodossia e il cristianesimo occidentale, rettore della chiesa della santa martire Tatiana all’Università statale di Mosca.

– Padre Maksim, i rapporti tra la Chiesa ortodossa e il Cattolicesimo sono diventati tesi di recente a causa della dichiarazione del metropolita Tadeusz Kondrusiewicz, secondo cui non è auspicabile introdurre i “fondamenti della cultura ortodossa” nelle scuole russe. Dopo la dichiarazione, vescovi delle due Chiese hanno avuto un intenso scambio epistolare che ha portato all’arrivo del cardinale Kasper a Mosca. Come commenta questo episodio?

– L’incidente provocato dalla dichiarazione di Tadeusz Kondrusiewicz è piuttosto caratteristico nella situazione attuale, sia all’interno della stessa Chiesa cattolica e nelle relazioni tra ortodossi e cattolici. Chiaramente, stiamo assistendo a un certo voltafaccia, anche nelle personalità, dall’amministrazione vaticana fino alle amministrazioni locali cattoliche.

Tadeusz Kondrusiewicz è un chiaro protégé del precedente pontificato. L’uomo è, senza dubbio, personalmente dedicato a Giovanni Paolo II e rientra nello schema di come la Chiesa cattolica dovrebbe agire in Russia, ad esempio, la parte da leone è stata assegnata al clero polacco o al clero vicino alla tradizione polacca. Anche se Tadeusz Kondrusiewicz è formalmente bielorusso, l’orientamento è chiaramente verso il cattolicesimo polacco. Vi è una certa dissonanza tra queste persone e le nuove persone e l’atteggiamento da loro espresso, per esempio, nelle dichiarazioni del Cardinale Kasper o del nunzio Antonio Mennini, che ci danno speranza per un miglioramento delle relazioni tra cattolici e ortodossi. Può essere considerato positivo in ogni caso che ad oggi l’amministrazione vaticana ha rifiutato di difendere Kondrusiewicz a ogni costo e per spirito di corpo. E in risposta alla lettera molto attuale e corretta del vice-presidente del DECR (1), il vescovo Mark, al nunzio Antonio Mennini, che chiedeva se Kondrusiewicz esprime la posizione della Chiesa cattolica, Mennini, con una diplomazia sofisticata, in realtà ha denunciato la dichiarazione di Kodrusiewicz e ha dichiarato ufficialmente la sua convinzione che la Chiesa cattolica ha sempre sostenuto e sosterrà gli sforzi della Chiesa ortodossa russa per l’istruzione religiosa nel nostro paese e si è sempre distinta per l’insegnamento della religione nella scuola nei paesi a maggioranza cattolica. Tadeusz Kondrusiewicz non è stato menzionato per nome, ma di fatto è stato messo in una situazione in cui la sua dichiarazione è ridotta a un parere privato che non riflette la posizione ufficiale della Chiesa.

Penso che questo sia un momento importante, e forse la nostra linea di comunicazione con il Vaticano e il clero cattolico e l’amministrazione della Chiesa cattolica dovrebbe essere quella di sviluppare alcuni principi positivi che si possono vedere nel nuovo pontificato e di tenere aperta la porta alla comunicazione in tal senso. Tanto più che le prime dichiarazioni fatte da Papa Benedetto XVI ha aperto un vero e proprio campo di uno sforzo comune, che non sarà per l’ecumenismo nel senso negativo del termine, ma che è richiesto dalla fase attuale dello sviluppo dell’Occidente e, in misura considerevole, della civiltà russa. Questo sforzo comune consiste nel contrastare l’ideologia moderna del secolarismo umanista, che è essenzialmente una nuova ideologia totalitaria ufficiale della società liberale occidentale. Le prime serie dichiarazioni fatte da Benedetto XVI contenevano una critica di questa ideologia, in quanto una grave crisi vi sta maturando, come la crisi provocata dalla proposta di legittimare i matrimoni omosessuali in Spagna e altre situazioni altrettanto dolorose. Se Benedetto XVI concentra in realtà gli sforzi del suo pontificato sul chiamare a raccolta le forze della Chiesa cattolica per opporsi al secolarismo, prima di tutto nei territori storicamente appartenuti ai cattolici, qui non saremo reciproci avversari ma alleati, perché in questo c’è qualcosa in cui siamo in grado di aiutarci a vicenda e di imparare gli uni dagli altri. Dio voglia che questa tendenza prevalga. Tra l’altro, sarà una cosa molto rivelatrice, perché tutta la precedente vita del cardinale Joseph Ratzinger è stata la vita di un teologo di mentalità cattolica perfettamente tradizionale. In larga misura, era più tradizionalista di Giovanni Paolo II. Non è un caso che il suo ufficio stesso di presidente della Congregazione per la Dottrina della Fede, una successione dell’Inquisizione, è l’ufficio in cui ha dovuto lottare con le deviazioni dalla dottrina cattolica ufficiale. Sappiamo che si è adoperato molto e  risolutamente sia per quanto riguarda i liberali del tipo di Hans Kung sia gli iper-tradizionalisti, come Marcel Lefevbre o, ancora, i teologi della liberazione in America Latina, che cercavano di coniugare il cristianesimo con la partecipazione al movimento rivoluzionario. E se ora riesce a mantenere questa sua posizione come papa, ciò indica che forze sane e sani principi hanno ancora la possibilità di prevalere nella Chiesa cattolica. Se ora, all’età di 76, dopo il passaggio da cardinale a pontefice, dovrà effettuare dei voltafaccia, ci sarà chiaro che anche la personalità del Papa nella Chiesa cattolica non determina nulla. Significa che è coinvolto in alcuni processi globali tanto da non essere più in grado di resistere loro. Così i prossimi mesi o i primi uno o due anni saranno molto indicativi.

– Padre Maxim, lei ha descritto Benedetto XVI come diretto successore di Giovanni Paolo II. Questa successione può essere applicata anche al proselitismo cattolico sul territorio russo?

– Certo, se guardiamo indietro alla storia della Chiesa cattolica nella seconda metà del XIX secolo nelle sue relazioni con la Russia, vediamo come le due tendenze si alternavano. Una tendenza – psicologicamente comprensibile, ma ecclesiasticamente e politicamente molto superficiale – è quella di giocare scherzi meschini alla Russia come potere ortodosso, difendendo i polacchi (come avvenne durante le ribellioni polacche nel XIX secolo), e facendo altri piccoli giochi sporchi di natura diplomatica e politica (come, per esempio, durante la guerra russo-turca). Un’altra tendenza – più saggia – è quella di raggiungere un accordo con l’amministrazione suprema russa nella consapevolezza che non siamo nemici, in linea di principio, nel contesto in cui ora l’Europa si sta sviluppando.

Giovanni Paolo II, come uomo sopravvissuto al confronto tra Oriente e Occidente quale confronto tra sistemi capitalisti e socialisti e come uomo che ha attraversato un sistema ateo come vescovo, era certamente spinto a prendere la prima strada in tutto. E l’ha presa. Forse ora esprimerò un punto di vista paradossale, ma per noi è stato un atto di autorizzazione provvidenziale da Dio, in qualche modo, perché scommettere sul cattolicesimo polacco in Russia è sempre, in ultima analisi, un vicolo cieco. È stato anche provvidenziale che nel corso degli anni della nostra debolezza come Stato e Chiesa nei primi anni ’90, quando la crescita iniziale della nostra vita ecclesiale era solo istintiva, i cattolici in Russia fossero guidati da Tadeusz Kondrusiewicz e la maggior parte del clero fosse composta da sacerdoti polacchi non del miglior tipo, non molto desiderati nella stessa Polonia e arrivati qui per stare il più lontano possibile dall’autorità episcopale (o forse fu tale autorità a mandarli via prontamente dal suo territorio). Hanno portato in gran parte uno snobismo tradizionale verso i locali ricercatori di Dio, e sono stati accolti soprattutto da alcuni intellettuali russi che per qualche motivo ritengono il cattolicesimo una sorta di cristianesimo liberale. Hanno respinto più gente di quanta ne abbiano accettata. E tutti quei passi estremamente sfortunati che hanno fatto per creare diocesi al posto delle amministrazioni apostoliche … Cosa hanno acquisito i cattolici ad eccezione di un peggioramento radicale nei rapporti con la Chiesa ortodossa russa e lo Stato russo? Beh, niente, tranne che per presunte intenzioni che hanno avvicinato Kondrusiewicz a un berretto da cardinale. Non ci sono altri motivi razionali visibili dietro queste azioni.

Penso che Benedetto XVI sia un uomo libero da questi stereotipi. E per lui, i rapporti con la Russia non sono gravati da complessi problemi nazionali, problemi di una piccola nazione inclusa negli ultimi secoli nel complesso nodo di rapporti con l’impero russo, come le relazioni russo-polacche sono percepite da ogni polacco. Di conseguenza, questa misura di libertà ci fa sperare che la Chiesa cattolica in Russia ora ascolterà in una misura molto maggiore ciò che pensa la Chiesa ortodossa. E l’attività in corso – la visita di Walter Kasper, il suo incontro con il metropolita Kirill, la dichiarazione di Mennini in risposta alla lettera del Vescovo Mark – dà una certa speranza in uno sviluppo in questa direzione. Non tutto però è così inequivocabilmente sereno. Uno di questi, direi, sviluppi dolorosi del primo pontificato di Benedetto XVII è l’isteria, da lui sostenuta, in merito a una rapida beatificazione di Giovanni Paolo II. È vero, il Papa di Roma nella Chiesa cattolica è di sopra di ogni istituzione e può infrangere tutte le regole stabilite da altri papi. In questo caso, il punto è un’evidente rottura della regola secondo la quale la procedura di beatificazione dovrebbe iniziare almeno cinque anni dopo la morte di una persona. Ma qui egli sembra cedere a una certa pressione di relazioni pubbliche per quanto riguarda il nome di Giovanni Paolo II, che non era in alcun modo una personalità così brillante, neanche nella Chiesa cattolica, e il cui pontificato non è stato contrassegnato solo da tratti luminosi. Come ha detto uno dei partecipanti al recente conclave, che ha voluto rimanere anonimo, ‘È stato un papa sotto il quale si sono riempiti gli stadi, ma si sono svuotate le chiese’. E così è stato davvero. Quando ha viaggiato in tutto il mondo, si sono riuniti a centinaia di migliaia o addirittura a milioni, ma lo svuotamento delle chiese è sempre continuato, almeno in Europa e in America del Nord e, in misura considerevole, in America Latina. Quindi non bisogna essere affascinati dall’immagine creata da Giovanni Paolo II. Infatti, è successa una cosa evidente, a cui, tra l’altro, si deve pensare quando affrontiamo le tecnologie dei mass media. Anche se il rating personale e la popolarità personale di Giovanni Paolo II erano molto alti ed egli è stato più volte riconosciuto come uomo dell’anno, la sua popolarità personale non ha contribuito in nessun modo a consolidare la posizione del cristianesimo in gran parte dei paesi, fatta forse eccezione per la Polonia, e anche lì solo in un certo arco cronologico. Ovunque è continuato lo stesso ritiro, visibile nelle leggi adottate e nelle tendenze in costante aumento nella coscienza pubblica in tutto il suo pontificato. Non è stato probabilmente senza il permesso di Dio che il pontificato di Giovanni Paolo II si è concluso con un famigerato scandalo pedofilo negli Stati Uniti d’America, alimentato naturalmente dai mass media. Ma non è stato casuale che sia accaduto proprio in quel paese.

– E che cosa, in generale, ha portato tale straordinaria popolarità a Giovanni Paolo II? Ricordiamo la recente agitazione intorno alla morte del pontefice nei mass media russi.

– Ebbene, Giovanni Paolo II ha certamente rivelato un certo volto nuovo di un’istituzione molto tradizionale, e questo attira sempre la gente. Non è diventato come erano in realtà tutti i suoi predecessori: nessun papa ha viaggiato così tanto in tutto il mondo, nessun papa ha comunicato così tanto e così liberamente con la gente intorno a lui, nessun papa ha lavorato così a fondo sulla propria immagine nei mass media. Questo è, tra l’altro, un buon tema su cui riflettere, vale a dire, come i mass media moderni formano la percezione di un particolare fenomeno o di una particolare persona. Allo stesso tempo, se si chiede alla stragrande maggioranza, il cui atteggiamento su Giovanni Paolo II è positivo, se ricorda qualcosa del suo insegnamento o delle sue ammonizioni o se ha letto qualcuno dei suoi libri, risponderà in senso negativo. Pertanto, parlando oggettivamente, Giovanni Paolo II non era un teologo di qualche importanza. I suoi trattati di etica, che ha scritto prima della sua elezione e poi ha sviluppato in numerose encicliche, non rappresentano nulla di originale o di interessante. La sua poesia lo mette nel rango dei poeti secondari dell’Europa orientale nel periodo che va dagli anni ’60 agli anni ’80, le sue opere teatrali avrebbero difficilmente suscitato un interesse, se non fosse stato il Papa di Roma. In larga misura è un’immagine televisiva più che una realtà.

Per quanto riguarda l’attitudine verso Giovanni Paolo II in Russia – nei mass media o all’interno della cerchia dei cattolici di lingua russa, statisticamente minuscola e che chiaramente non si avvicina nemmeno alle cifre fantastiche di seicentomila o di un milione e mezzo date da Kondrusiewicz – vi è una classica illusione degli intellettuali russi che il Cattolicesimo, rispetto all’Ortodossia, sia una replica civilizzata occidental-democratica o liberal-democratica del cristianesimo. Non è affatto così. Questa è un’immagine assolutamente falsa tratta solo da alcuni aspetti esterni, quali la disponibilità di banchi nelle chiese, un codice di abbigliamento meno formale in chiesa, una più libera partecipazione alla liturgia di quanto ci sia nella Chiesa ortodossa. Ma dottrinalmente, dal punto di vista della libertà interna di un credente nel suo atteggiamento verso Dio, la sua coscienza, la fede e canoni della chiesa, non è affatto così! La rigidità della dottrina cattolica diventa chiara a chiunque apra almeno il nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica, adottato sotto Giovanni Paolo II nel 1992. Il problema è che questi libri nessuno li leggerà mai. L’immagine è creata solo sulla base di fattori e di idee puramente esterni. Nello svolgimento del mio dovere professionale devo leggere ogni tanto gli spazi di forum dei cattolici russi. Periodicamente si chiedono che cosa li ha attirati alla Chiesa cattolica. Ebbene, solo uno o due tra tutti hanno scritto che sono venuti alla Chiesa cattolica per una scelta consapevole di fede. Attraverso lo studio delle Scritture e delle tradizioni della Chiesa sono giunti alla convinzione che San Pietro è stato la pietra angolare della Chiesa e che avevano bisogno del suo successore, il Papa di Roma, per mantenere la comunione eucaristica con la Chiesa e per essere nella pienezza della Chiesa. Per il resto, funzionavano un sacco di altri impulsi: alcuni sono giunti ad apprezzare Giovanni Paolo II, alcuni si sono scontrati con alcune nonne malevole in una chiesa ortodossa, alcuni hanno studiato cultura spagnola e hanno letto alcuni mistici, mentre ad altri piaceva Merezhkovskij, ad altri ancora Vladimir Solov’ev, ma nulla di realmente profondo per determinare la propria scelta di fede.

– Il venerabile Justin Popovich, nel suo libro “Dostoevskij sull’Europa e gli slavi”, ha scritto che il cattolicesimo ha in gran parte provocato la natura individualistica e umanistica dei diritti europei, di tutto il mondo occidentale, in confronto con le prospettive ortodosse della presenza nel mondo…

– L’Occidente umanistico contemporaneo nacque, se non altro, sul rifiuto del cattolicesimo tradizionale, ma certamente non ne fu il frutto. Se mai possiamo dire che con il rifiuto dell’Ortodossia sono venute tutte le brutture della Rivoluzione d’Ottobre, e tutto ciò che ha avuto luogo dieci anni dopo di essa, allora la cultura occidentale può dire lo stesso. Fu una reazione a una parte di rigidità estrema, senza compromessi e con autocoscienza di un singolo possibile punto di vista. E l’attuale relativismo dilagante è determinato dalla repulsione della chiusura assoluta della Chiesa cattolica verso ogni altro parere – almeno, quasi fino alla fine del XIX secolo. Per quanto riguarda ciò che unisce e divide, bisogna sapere come non esagerare né minimizzare le differenze. Da una parte, in realtà ci dividono, almeno, due punti importanti dottrinali. Questa comprensione della Chiesa – due ecclesiologie molto diverse – ecclesiologia conciliare ed ecclesiologia papista, che vede la presenza di un centro amministrativo e istruttivo ecclesiastico come un criterio necessario per una vera vita ecclesiale. Nell’Ortodossia invece né l’unità amministrativa né l’identità dottrinale dipendono da alcuna cattedra o centro amministrativo. E il secondo punto – è, naturalmente, la dottrina della Trinità, lo Spirito Santo procede dal Padre oppure dal Padre e dal Figlio. Ci sono altre differenze notevoli, ma queste, forse, sono le due fondamentali divisioni. Ma, nondimeno, se non sorvoliamo su di loro, dobbiamo sobriamente riconoscere qualcos’altro: la Chiesa cattolica è una chiesa che ha conservato la successione della gerarchia apostolica, che ha conservato il sacerdozio, che ha conservato molto più di ogni altra comunità cristiana, tranne forse gli antico-orientali – copti, etiopi e altri, i fondamenti della fede cristiana. Oggi nel mondo cristiano, tra le confessioni più importanti, nessuno è più vicino all’Ortodossia dei cattolici. Per un certo tempo lo erano anche gli anglicani, ma con la loro introduzione dell’episcopato femminile, la giustificazione dell’omosessualità, naturalmente, l’anglicanesimo si è più avvicinato al resto del mondo “cristiano”. E questo si deve comprendere. Di qui, tra l’altro, tutto il dolore e l’aggravamento della nostra reazione a un proselitismo cattolico. Certo, quando sei offeso da qualcuno che ti è ovviamente estraneo o si pone deliberatamente come avversario o nemico, questo lo puoi prevedere. Ma puoi essere offeso da un parente, quando non agisce come un fratello, e al tempo stesso si definisce “chiesa sorella” – non tanto per l’offesa, quanto per la tragedia del cristianesimo che si vede nella nostra dissonanza, in assenza di un singolo modo di agire reciproco – e si può capire molto chiaramente, dal punto di vista psicologico e dottrinale, il perché del nostro atteggiamento verso i cattolici.

– Padre, qual è la differenza fondamentale tra gli ortodossi e i cattolici; quale è stata la causa principale della nostra rottura?

– Possiamo dire che la cristianità occidentale, la Sede di Roma, durante alcuni secoli della sua esistenza, ha deviato e in ultima analisi si è sviata dal peso estremamente duro di responsabilità e di libertà di Cristo, che dovrebbe essere assunto da ogni cristiano, non solo dal vescovo supremo. È molto comprensibile religiosamente e psicologicamente che si desideri spostare questa religiosità su qualcun altro. Ecco il Papa di Roma, è sufficiente aggrapparvi a lui e non sbaglierete mai. È molto più difficile vivere in una situazione in cui si sa che il Patriarca di Costantinopoli può anche dimostrare di essere un eretico, e il Patriarca di Alessandria uno scismatico, e il Patriarca di Gerusalemme qualunque cosa, e il metropolita di Kiev può improvvisamente rivelarsi un monaco spretato scomunicato dalla Chiesa, e nessuno ti garantisce niente, in quanto c’è solo la tua responsabilità davanti a Dio e alla Chiesa e la tua fedeltà alla Verità. E questa tentazione di spostare in modo pusillanime la responsabilità su un anziano ha prevalso una volta nella cristianità occidentale, nella Sede Cattolica di Roma. Di qui le conseguenze che possono essere lunghe e da esaminare in dettaglio nella storia.

– A questo proposito, probabilmente non si può parlare di una possibile unificazione tra Ortodossia e Cattolicesimo?

– Penso che fare congetture sul futuro sia qualcosa di astratto, ma sono profondamente convinto che, anche se tale unificazione del Cattolicesimo con la pienezza della Chiesa universale (anzi, è doveroso parlare in termini strettamente dogmatici della unificazione della Sede di Roma con la pienezza della Chiesa universale) avrà luogo, non sarà effettuata attraverso un dialogo teologico, né attraverso relazioni ecumeniche, ma attraverso un’azione della divina Provvidenza nella storia umana in cui, secondo San Paolo, quello che ora vediamo come attraverso un vetro oscurato sarà infine chiaro come vedersi faccia a faccia. E se mai accadrà, si verificherà vicino agli ultimi tempi. Una immagine molto letteraria ma ancora molto vitale di una tale unificazione è stata tracciata da Vladimir Solov’ev nelle sue Tre conversazioni, un libro assolutamente non ecumenico, ma profetico sulla fine della storia del mondo.

– Com’è che un cristiano ortodosso russo dovrebbe percepire il cattolicesimo?

– Si dovrebbe capire che la Chiesa ortodossa non può fare a meno dei cattolici. Siamo in grado di vivere senza pentecostali o battisti (beh, i battisti russi sono troppi ora per essere ignorati) o alcuni metodisti o altri. Se ci sono o non ci sono è lo stesso. Ora, uno di loro viene, fa un po’ di cenni di assenso, dà un po’ di aiuti umanitari, va tutto bene. Se comincia a fare qualcosa di male, ci si allontaneremo da lui. Ora c’è il Consiglio Ecumenico delle Chiese. Abbiamo partecipato in esso, e alla fine? – Non ne è venuto fuori niente, e possiamo partecipare a qualcos’altro. Ci uniremo con la Chiesa Russa all’Estero e ce ne tireremo fuori, e non rimarrà traccia della nostra presenza in esso. Ma nel caso dei cattolici è impossibile chiuderci in noi stessi o dichiarare guerra, perché dobbiamo vivere con loro e compatire i loro mali. Quando si riprenderanno, quando saranno più forti, quando avranno un uomo ragionevole come papa, tutto sommato, sarà un bene per noi.

 

Dio è giusto?

Dio è giusto? L’arciprete Aleksij Uminskij, rettore della chiesa della Santa Trinità a Khokhly (Mosca), riflette su questa difficile questione.La questione della giustizia divina è, naturalmente, molto complessa. Probabilmente è difficile chiamare Dio giusto – forse impossibile – perché non osserviamo nel mondo la giustizia divina. E, in effetti, non cerchiamo qualsiasi tipo di giustizia da parte di Dio. Piuttosto, cerchiamo la sua misericordia e il suo amore.

Dove c’è la misericordia e l’amore, non ci può essere giustizia. La giustizia è una cosa che ci dovrebbe essere in tribunale, dove ci sono giudizio e deliberazione, dove ognuno riceve secondo le sue opere, dove ognuno ottiene ciò che merita. Ma chiedere la giustizia di Dio è semplicemente impossibile. Anche il re Davide dice a Dio nel suo Salmo: Giudicami, o Signore, secondo la mia giustizia, e secondo la mia innocenza (7:9). Non “secondo la tua giustizia,” perché nessuno può sopportare la giustizia di Dio. Perciò non facciamo appello alla giustizia divina, ma alla sua misericordia e al suo amore senza limiti.

Pensare che Dio ci mandi dolori e disgrazie per ripagare la sua giustizia, per così dire, è profondamente sbagliato. Dio non manda il male, dolori, malattie e disgrazie. Come si può anche solo pensare che Dio possa mandare sfortuna a qualcuno? Ciò sarebbe in contrasto con la sua natura divina. Dio non prende piacere neanche nella sofferenza dei peccatori, la sofferenza dei peccatori, anche i più grandi, non compiace a Dio.

Ciò che accade alle persone sulla terra, nei termini dei nostri dolori e sofferenze, non è qualcosa che Dio ci manda. Direi che queste cose si verificano nelle nostre vite, ma non che Dio le invia. Le incontriamo come conseguenza del male e dal peccato dell’uomo, che hanno distorto il mondo. Il mondo è pieno di malvagità. Di conseguenza anche il mondo non ha nulla a che fare con la giustizia. Si potrebbe anche dire che la giustizia è una categoria quasi al di là della nostra portata. Si tratta di una categoria umana elaborata nei nostri termini.

Che cosa è giusto? Occhio per occhio e dente per dente? Questo è giusto, ma solo dal punto di vista di un codice di moralità. Questo accade quando non si può chiedere qualcosa di più. Se se ti cavano uno dei tuoi denti allora, in termini di giustizia, non puoi cavarne più di uno dei loro. Se ti cavano un occhio allora, in termini di giustizia, non puoi pretendere di cavargliene due.

È questo il tipo di giustizia della quale l’umanità è alla ricerca e per cui si impegna? No. Ovunque e in ogni momento, le persone cercano misericordia, compassione e comprensione. La giustizia è assente da tutto questo. Esiste un’ingiustizia brutale, che vediamo intorno a noi, nel governo, nei tribunali – in quegli organi di potere che dovrebbero monitorare la giustizia, ma che sono essi stessi fonte di ingiustizia.

Noi abbiamo i nostri criteri interiori, di cui vorrei dire che qui la gente si sforza sempre più di comportarsi con tutti in buona coscienza. In questo caso la coscienza può, in un certo senso, elevare l’umanità ai concetti di giustizia e di rettitudine.

Consideriamo il Battesimo di Cristo nel Giordano. Si accosta una folla di peccatori: farisei, soldati… Una folla di persone che hanno peccato in vari modi, che in vari modi richiedono pulizia. E l’innocente Cristo si avvicina per essere battezzato.

Gli altri corrono qui per confessare i loro peccati, cioè, per rivelare le loro malattie, le loro ingiustizie, la loro falsità, la loro iniquità. Al fine di essere lavati nel Giordano, di ricevere il perdono, di prepararsi per la venuta del Messia.

Qui appare Cristo, che sembra non avere nulla in comune con loro. Improvvisamente Egli dice a Giovanni il Battista, che si rifiuta di battezzarlo: Lascia che sia così ora: perché conviene che così adempiamo ogni giustizia [Matteo 3:15]. Che cos’è questa giustizia? Che cos’è la giustizia di Dio in relazione a queste persone?

Un debitore in termini di giustizia deve rimborsare i suoi debiti, un ladro che ruba deve scontare la pena, e così via – tutti devono in qualche modo soddisfare la giustizia. Ma Cristo è venuto nel mondo con questo tipo di giustizia? In realtà, Egli prende tutte le iniquità del mondo su di sé. Egli prende su di sé tutto il peccato del mondo, nel momento stesso in cui dice che deve adempiere ogni giustizia.

Possiamo incolparlo per averci inviato sofferenza, sfortuna e dolori? Possiamo dire che è attraverso queste cose che porta a compimento il suo amore? A mio parere, questa è la più grande eresia che si possa esprimere. Si tratta di una cosa diversa quando incontriamo la tristezza, il dolore, la sofferenza e la sfortuna nella nostra vita, e Cristo si trova ad essere al nostro fianco. Se gli diamo l’opportunità di essere presente nei dolori e nelle malattie, allora sarà immediatamente con noi e condividerà con noi tutto l’orrore che c’è nel mondo, in questo mondo di ingiustizia e di malvagità.

Incontriamo la nostra sfortuna nel mondo distorto dal male e dal peccato, e l’amore di Cristo è presente con noi. In questo è la sua misericordia – e, forse, la sua giustizia.

Sfortuna e dolore non capitano nella nostra vita perché qualcuno se li merita. Se così fosse, allora Dio potrebbe effettivamente essere definito un Dio di giustizia. In tal caso i malvagi dovrebbero morire di malattie orribili e i buoni dovrebbero essere felici, ricchi, perfettamente sani, e non morire mai.

Ma questo non può essere, perché se ci fosse la giustizia divina in questo mondo, nessuno potrebbe essere salvato. Perché, in termini di giustizia, in termini di giustizia divina, siamo tutti persone molto peccaminose. Propriamente parlando, le nostre buone azioni, le nostre nature buone, non sono nostri successi, ma semplicemente i suoi doni e la sua misericordia verso di noi.

Di conseguenza, il mondo è ingiusto sia nel senso migliore del termine sia nel senso peggiore: nel migliore, perché si trova nella malvagità ed è governato dal male, dal torto e dall’ingiustizia. In un mondo caduto ci sono le leggi di un mondo caduto. D’altra parte, questo è un bene, perché Dio è misericordioso, e quindi il suo amore copre tutta la verità e tutta la giustizia – perché il suo amore è più alto e molto migliore!

“Lettori quotidiani”

“Lettori quotidiani” e altri fenomeni della nostra vita
Intervista di Elena Bejlina all’Archimandrita Tikhon (Scevkunov)

Solo un passo e mi sono trovata in un luogo incredibile. Proprio dietro di me, a soli due metri di distanza c’è la Bolshaja Lubjanka, una marea di auto strombazzanti e persone che corrono al lavoro. Ma di fronte a me al di là dei cancelli del monastero c’erano rose in fiore, un ruscello con una cascata che mormora, e icone con lampade a olio accese in mezzo agli alberi. I raggi del sole del mattino autunnale illuminano le cupole della chiesa. Ma la cosa più sorprendente di tutti è che sono passata accanto a questo posto centinaia di volte e non ho mai nemmeno notato lo splendore appena oltre gli alberi.

Non riuscivo a credere ai miei occhi. Questo non poteva davvero esistere al centro di Mosca! Ma quanto più camminavo lungo i sentieri ben tenuti e curati, quante più persone – monaci e laici – incontravo all’uscita dalla chiesa, tanto più chiaramente capivo che tutto questo è reale. E sapete che cosa c’era nell’aria? Pace, tranquillità, e qualcosa di inimitabilmente accogliente, come qualcosa dell’infanzia… Non ci credete? Non siate pigri, andate a dare un’occhiata voi stessi.

Avevo già letto Santi quotidiani e altri racconti molto tempo fa. Per essere onesti, non ero stata sorpresa dai commenti entusiastici dei lettori e dai molti premi letterari vinti dal libro. Al contrario, ero rimasta sorpresa dalla reazione e dall’esperienza di persone che, per usare un eufemismo, non sono avidi lettori. Ha causato una rivoluzione nella loro coscienza? Li ha fatti ricominciare a leggere? Per niente. I “lettori non-lettori” [gioco di parole sul titolo russo del libro, Nesvjatye Svjatye, ovvero “santi non-santi”, ndt] hanno davvero “scavato” nella loro memoria, ricordato, ripensato e rivalutato i loro incontri con persone che avevano trasformato la loro vita.

 

— Padre Tikhon, ci racconti gli eventi che hanno portato alla creazione del suo libro. Come ha avuto l’idea di scriverlo, e perché ora?

— Avevo raccontato queste storie molte volte ai miei allievi, amici e fratelli del monastero. Alcuni di coloro che le hanno sentite mi hanno chiesto di scriverle, e dal momento che ho scritto molte cose prima e sono abituato a scrivere, a un certo momento la struttura del libro ha preso forma, e mi sembrava interessante. Sa, penso che ogni scrittore scriva davvero a persone specifiche. Il secondo elemento non meno importante del primo – anche se un po’ egoista – è che ciò scrivi deve essere interessante per te. Beh, ho sentito che entrambi questi elementi erano presenti. Il lavoro è durato due anni. Ho avuto bisogno di modificarlo undici volte prima di sentire che era pronto per essere dato ad altri editori. Il risultato è stato questo libro.

A dire il vero, quando l’ho scritto mi sono fissato consapevolmente un obiettivo importante: portare il lettore in un ALTRO mondo popolato dai propri eroi, con un proprio spazio e tempo. Mi sono detto: se posso ottenere questo, posso ottenere tutto.

— Nonostante questa missione impossibile, è stato detto più volte che lei è stato sorpreso dal “successo inaspettato” del libro. Come si può spiegare il fenomeno di questo libro tra il più vasto pubblico di lettori?

— È una cosa difficile da valutare. Perché queste storie non erano la mia creazione, io non sono altro che il nuovo narratore e il testimone di quegli eventi: in questo caso, la vita nella Chiesa fondata da Cristo duemila anni fa. A quanto pare, il libro ha fatto presa in qualche realtà piuttosto importante nella vita spirituale di molte persone, anche persone che sono abbastanza lontano da qualsiasi tipo di religiosità o di presenza settimanale in chiesa. Per me è stato estremamente importante e interessante che un gran numero di persone abbia risposto che aveva trovato nel libro molto in comune con il proprio destino. Dopo tutto, come diceva l’antico scrittore Tertulliano: “L’anima di ogni persona è per natura cristiana.”

Il libro ha una vita propria: abbiamo ricevuto decine di migliaia di risposte per lettera e su internet. Il 5 ottobre 2012 la traduzione inglese è stata presentata nella Biblioteca del Congresso a Washington DC, la traduzione francese sarà pronta il prossimo autunno, in Grecia stanno  stampando una seconda edizione, e una traduzione in spagnolo è in preparazione. In Russia, il libro è uscito in grande tiratura – 1.100.000 copie, e come mi hanno detto gli esperti, sono state scaricate circa 4.000.000 versioni elettroniche.

— A proposito, non ci sono copie legali su internet …

— E noi non abbiamo fatto nulla per impedire il libero accesso alla versione elettronica.

— Non me la sono mai sentita di scaricare una copia pirata del libro. Molti lettori su internet mi hanno detto che dopo aver scaricato il libro da siti pirata e avere letto i primi capitoli, sono andati al negozio e hanno comprato la versione stampata per leggere il resto. Deve ammettere, questa è una situazione unica per un libro contemporaneo.

— Sì, il libro ha una vita completamente indipendente, e anch’io mi tengo un po’ a distanza dal suo destino futuro. Stanno accadendo alcune cose veramente incredibili: non molto tempo fa, padre Matteo Samokhin mi ha raccontato che una donna è venuta a dirgli di essere caduta in una situazione disperata e di avere deciso di suicidarsi. Aveva preparato le pillole, ma stava prendendo tempo. Il suo sguardo era caduto sul libro Santi quotidiani, che qualcuno le aveva dato da poco. In quello stato di disperazione si sedette a leggerlo, lo lesse tutta la notte, e la mattina andò in chiesa a confessarsi. Quale più grande ricompensa potrebbe ricevere un prete, uno scrittore, o qualsiasi uomo? In un caso come questo capisci che non sei nulla e nessuno: ti hanno solo consentito di essere lo strumento della provvidenza di Dio; hai fatto qualcosa di cui tu stesso non sei pienamente consapevole… Poi, all’improvviso, inizia a operare con potenza infinitamente più grande di quanto avresti mai potuto supporre.

— Una domanda del tutto naturale da parte di un lettore: ci sarà un sequel?

— Ci sto pensando ora. Recentemente ho dovuto viaggiare molto in tutto il paese, incontrandomi per lo più con studenti. Spesso gli interlocutori iniziano a raccontarmi le loro storie di vita. Ecco come mi è venuto il pensiero di compilare Santi quotidiani 2, e di offrire la possibilità di inviare tali storie, per esempio, al nostro sito web, Pravoslavie.ru. Metteremo le migliori sul sito per una discussione, e poi faremo un libro su quelle che hanno scelto i lettori.

Per quanto mi riguarda di persona, naturalmente è una bella idea fare un sequel, ma purtroppo io non ho tempo a sufficienza. Dopo tutto, sono un sacerdote e l’abate di un monastero, il rettore di un seminario, e per di più un funzionario ecclesiastico con una serie di obblighi di routine. Questo è il motivo per cui il libro non è stato praticamente mai scritto a una scrivania, tutta la scrittura ha avuto luogo per lo più “sulle mie ginocchia”: in macchina, in aereo, in viaggi d’affari, negli alberghi, e in tutta una serie di paesi diversi, dal Giappone alla Grecia.

In generale, se si parla di progetti, avevo un sogno di fare non un libro, ma un film, e avevo anche preso un accordo con uno dei nostri canali televisivi centrali per creare una serie in otto parti, i cui protagonisti sarebbero stati due uomini. Il primo è un santo russo, l’arcivescovo Luca (Voino-Jasenetskij), un professore, un medico di talento, che divenne sacerdote e poi vescovo nel 1927, al culmine delle persecuzioni contro la Chiesa. Come ci si poteva aspettare fu inviato ai campi di lavoro, da cui fu rilasciato in tempo di guerra per lavorare come chirurgo. Da arcivescovo, divenne il capo di tutti gli ospedali di evacuazione in Siberia, fece la vita di un asceta, e ricevette un premio Stalin di prima classe per il suo libro sulla chirurgia delle setticemie, su cui hanno studiato diverse generazioni di medici sovietici. Il secondo protagonista è Stalin. Si tratta di due mondi completamente separati nella Russia di quel periodo. E così, per la prima volta ho preso un mese di congedo, sono andato in Grecia sotto al monte Athos, e ho scritto tutti i punti principali della sceneggiatura, poi sono andato a Salonicco, ho lasciato la borsa con il computer in auto, sono entrato in un negozio, e al ritorno il vetro era rotto e la borsa rubata.

Pertanto, per realizzare questo sogno ho bisogno di trovare almeno un mese di tempo relativamente libero.

— Oltre che un sacerdote, lei è un noto personaggio pubblico, un segretario esecutivo del Consiglio Patriarcale per la cultura, un membro del Consiglio di Presidenza per la cultura. Dopo essere entrato in tutte queste strutture, e avendo rapporti con i rappresentanti dei circoli più elevati, come valuta lo stato attuale della cultura russa?

— Si vede chiaramente non solo la diminuzione palese della cultura comune, anche rispetto al periodo sovietico, ma purtroppo anche un visibile degrado morale. Anche nella cultura di tutti i giorni, e ci sono problemi con i mezzi di informazione. Questi ultimi, naturalmente, sono apparentemente liberi, ma il testamento che Pushkin ha dato a tutta la cultura russa – “ho risvegliato con la lira i suoi sentimenti” – la maggior parte dei mezzi di comunicazione di oggi e gran parte della cultura contemporanea non lo porta a compimento. Risveglia sentimenti arrabbiati, sporchi, ostili. La nostra TV era un modello tra i popoli. Fatta eccezione per due canali, il resto, per quanto si può accertare senza offendere, in sostanza, è diventato un libro di testo per la scienza dell’odio, del vivere senza vergogna solo per noi stessi, dell’adattarsi sfacciatamente ciò che si vuole, della derisione cinica della bontà, della sincerità, della purezza, e, infine, di uccidere e di trovare piacere in crudeltà mortali. E tali libri di testo sono fatti in modo molto invadente, efficace e di alta qualità. Non credo che i creatori di questi prodotti si pongano l’obiettivo dei cannibali. La ragione di questo orientamento folle è sempre lo stesso noto e volgare imperativo di mercato, che detta le esigenze più rudi, elementari, e naturalmente distruttive. La giustificazione per tutti questi prodotti avvilenti e cannibali è ben nota – rating e profitti. E il risultato è ovvio – l’impoverimento culturale della società, la sua criminalizzazione. Non dovrebbe essere così. Il nostro stato negli ultimi due decenni, con il pretesto di rifiuto di una società totalitaria, ha abbandonato funzioni di istruzione personale vecchie di migliaia di anni di. Ma anche il rifiuto dell’ideologia è un’ideologia. E quello che vediamo ora sugli stessi canali televisivi stessi – anch’esso è un’ideologia, distruttiva e priva di spirito. La parola “cultura” in latino significa “educare, coltivare.” Si tratta di coltivare, di sostenere, mantenendo ciò che è “ragionevole, buono, eterno,” invece di ciò su cui facilmente si ride in modo sciocco. E di estirpare le erbacce. Se si fa il contrario, qualsiasi tipo di terreno, anche nel campo spirituale del nostro paese, così attentamente coltivato dalle grandi figure della letteratura e dell’arte russa, dai migliori politici, dagli scienziati, dalle generazioni dei nostri antenati, che hanno costruito la Russia, e infine, dalle gesta ascetiche dei nostri santi – sarà sempre più invaso da erbacce .

Il problema del modello sociale oggi prevalente è che siamo riusciti a distorcere l’idea di base e della sovrastruttura. Si ritiene che l’economia, la materia – sia la base. Ma è una delusione crudele. È lo spirito che crea le forme e non il contrario. Finché non ce ne rendiamo conto e ri-orientiamo le nostre priorità, ci sarà di scarsa utilità.

Naturalmente, quando questo cambierà, prevarrà la ragione. Ma la domanda è – quando avverrà, e non sarà troppo tardi? Una strategia nazionale dovrebbe nascere nella cultura, nell’istruzione e nella formazione, e questa strategia sarà creativa solo se, nello sviluppo del nuovo, si mantiene la continuità spirituale, morale e storica. A quale tipo di uomo daremo il nostro paese nella prossima generazione? Quello insolente, senza scrupoli, crudele, che disprezzano il suo paese e si concentra sull’imitazione della primitiva e volgare comprensione dell’Occidente? O quello forte, giusto, saggio e misericordioso, pronto a servire con sacrificio la Patria e la gente? Ma la buona qualità non cresce da sola, senza un’attenta coltivazione e senza estirpare le erbacce.

Recentemente, nel Consiglio di Presidenza per la Cultura e le Arti c’è stato un incontro molto importante, sotto la presidenza del capo dello stato. I problemi di cui stiamo parlando ora, vi sono stati sollevati da molti. Credo che sia giunto il momento non solo di pensare, non solo di dire le parole giuste, ma anche di agire.

— Il 1 settembre in tutte le scuole della Russia è stato introdotto un corso di “Fondamenti di cultura spirituale e morale dei popoli della Russia”, e all’interno di questo corso la materia “Fondamenti di cultura ortodossa”, affrontata in modo laico. Qual è il suo atteggiamento nei confronti di questo corso?

— Se la formazione è corretta e appropriata, con un adeguato livello dei manuali di introduzione alle fondazioni religiose e alle religioni tradizionali in Russia – è certamente un obiettivo necessario e giusto. Nei paesi occidentali, soprattutto in Germania, c’è un’istruzione religiosa obbligatoria, e non un anno e mezzo a partire dalla quarta elementare, come da noi, ma per tutti i 12 anni. Lo stesso avviene in Grecia, in Finlandia. Sia come sia, dobbiamo capire che la Russia è un paese non religioso. Da noi va regolarmente in chiesa il 2-2,5% della popolazione, mentre negli Stati Uniti ogni domenica ci va più della metà della popolazione del paese. Anche in paesi come l’Inghilterra e la Francia ci va circa il 20%, vale a dire 10 volte più di noi.

— Lei fa molti viaggi, e parla con i giovani. Che tipo di domande le fanno gli studenti?

— Dalle nostre conversazioni risulta sempre più chiaro quali sono ora i problemi più preoccupanti per i nostri giovani, e questo significa che sono problemi di tutta la società. Il problema principale, accanto alle questioni di fede, sono le relazioni internazionali. Il secondo più importante problema è l’ubriachezza, l’alcolismo e la tossicodipendenza che si vede ovunque. Si ricorda come noi, una volta, abbiamo salvato i nostri popoli settentrionali dal suicidarsi con l’alcol? Ora dobbiamo farci la stessa domanda circa il popolo russo. Se ai russi, attorno ai quali il nostro paese si è formato, non si offre un sostegno reale, le province russe continueranno a bere e a degradarsi. Io dico senza esagerazione che ora è in corso una grande quantità di lavoro complesso, ma pochi lo sanno. Stanno passando leggi nuove e ragionevoli per porre restrizioni, e ai giovani si stanno offrendo alternative più sane.

C’è un altro problema che tutti sollevano a colpo sicuro: la mancanza nel nostro paese di politiche umanitarie sane e intelligibili. Ci viene spesso detto che non c’è alcuna ideologia in Occidente. Mi perdoni, ma che dire di Hollywood, per esempio? Non è una macchina ideologica che “costruisce” tutta l’America, e anche il mondo intero, secondo schemi ben definiti?

— L’eterna questione – il conflitto tra genitori e figli – ha assunto nuove funzioni nel tempo presente. L’internettizatione, o informatizzazione, è oggi allo stesso tempo un vantaggio e un pericolo. Le madri che hanno letto il nostro sito e sono preoccupate per la dipendenza dei loro figli dai social network, dai giochi per computer e dai gadget le hanno fatto una domanda. Cosa dovrebbero fare non solo per far sì che i loro ragazzi si sentano a loro agio non solo nel mondo virtuale, ma diventino anche esseri umani veramente degni nel mondo reale? Come possono trovare un equilibrio?

—L’educazione dei bambini è un grande processo creativo quotidiano. È un duro lavoro per i genitori e richiede costante e saggia attenzione verso i loro figli. Ho dovuto confessare molte volte persone in punto di morte. Le loro confessioni non sono di non aver guadagnato un milione in più, costruito una casa di lusso, o avuto successo nel mondo degli affari. Nelle loro ultime ore sono prima di tutto pieni di rammarico per non aver fatto qualcosa di buono, non aver aiutato o sostenuto la loro famiglia, gli amici, o anche i conoscenti casuali. La seconda cosa che tormenta quasi tutti prima della morte è di avere dato così poco tempo ai propri figli…

Mi sono assolutamente convinto che i genitori qui non conoscano la vita dei propri figli. Abbiamo fatto alcuni film sul tema della lotta all’alcolismo e abbiamo parlato con alcune ragazze adolescenti che studiano in scuole di qualità. Queste ragazze bevono alcol ogni giorno: cocktail energetici ben pubblicizzati, poi birra, e così via… tutti i giorni! Secondo il Dipartimento russo dei consumi, il 30 per cento dei ragazzi e il 20 per cento delle ragazze di età superiore ai tredici anni consuma bevande alcoliche ogni giorno. Ma i loro genitori non lo sanno. E c’è molto di più di cui i loro genitori non hanno alcun sentore. Ad esempio, il fatto che molti adolescenti di età dai tredici ai quattordici vivono una vita da adulti, e a diciassette anni sono già passati attraverso un gran numero di “partner”.

Queste cose non sono affatto rare, purtroppo. Ma non comprendo la loro reale portata di massa. Quale percentuale delle giovani generazioni sarà in grado di creare una famiglia normale se una percentuale enorme di matrimoni cade a pezzi dopo circa due anni? Pertanto, se parliamo del rapporto tra genitori e figli, sembrerebbe che dobbiamo prima parlare della continua, quotidiana, ma al tempo stesso saggia, discreta attenzione nei loro confronti. Questo è un lavoro enorme.

— Torniamo al libro. Sta utilizzando il ricavato per costruire una chiesa, è corretto?

— Abbiamo una chiesa nel nostro monastero, che è l’unica rimasta delle quattro originali. Ma non può contenere tutti i fedeli, e molti devono stare fuori, anche in inverno. Il Monastero Sretenskij si trova sulla Bolshaja Lubjanka, e sappiamo quello che è successo qui nel secolo scorso. [Il luogo era la sede dei servizi segreti, dove un gran numero di credenti fu torturato e ucciso, ndt] Vogliamo costruire una chiesa che sarà chiamata la “Chiesa dei Nuovi Martiri e Confessori della Russia sul Sangue, sulla Lubjanka.” Abbiamo programmato di consacrarla nel febbraio del 2017. Tutti i proventi ricavati dalla vendita del libro in Russia e all’estero andranno alla costruzione di questa chiesa.

— Lei è il responsabile della casa editrice nel monastero. Qual è la politica di pubblicazione e di assortimento?

— La nostra casa editrice è prima di tutto religiosa. Pubblichiamo libri sugli asceti antichi, sui santi padri, libri di storia, apologetica, una buona quantità di letteratura classica, e libri di testo per le nostre scuole superiori, utilizzati, tra l’altro, anche nelle scuole laiche. Pubblichiamo anche album d’arte. Ogni anno pubblichiamo 250-300 libri. Questo è fondamentalmente il nostro servizio principale, e allo stesso tempo, il nostro principale sostegno finanziario. Inoltre abbiamo un seminario in cui studiano 200 studenti per sei anni, e li sosteniamo economicamente. Abbiamo un orfanotrofio con 100 bambini che provengono da famiglie difficili e disfunzionali. Per loro ci limitiamo a dare sostegno finanziario, mentre insegnanti professionisti (inclusi sacerdoti con laurea in istruzione) e operatori sanitari si occupano del lavoro con i bambini. Anche il sito internet pravoslavie.ru richiede denaro per essere produttivo. Così, la casa editrice ha oneri umanitari, educativi e finanziari.

— Per quanto ne so, è una delle case editrici religiose di maggior successo in Russia. Dove altro si possono acquistare i vostri libri?

— I libri del monastero sono stati venduti per molti anni a “Biblio-Globus” [una delle librerie più grandi e popolari di Mosca – ndc]. Siamo molto grati all’amministrazione di quella società per aver dato ai nostri libri un elevato grado di attenzione. Questo è molto importante per ogni editore.

— Cosa preferisce leggere?

— Sa, ero un gran divoratore di libri. Leggevo i miei romanzi preferiti di Dostoevskij due volte all’anno. Ho amato i grandi romanzi di Lev Tolstoj. Anche i classici occidentali. E, naturalmente, Pushkin … Ma qualcosa mi è successo 30 anni fa e ho quasi smesso di leggere quelle opere, perché si è aperto davanti a me un intero continente di un altro tipo di letteratura – san Giovanni Climaco, sant’Isacco il Siro, san Giovanni Crisostomo, sant’Ignazio Brianchaninov, san Teofane il Recluso. Le loro opere sono così grandiose che dopo aver preso confidenza con loro non è così facile tornare a leggere bestseller. Di tanto in tanto leggo memorie; non mi piacciono le storie fittizie. A dire il vero, mi sento un po’ privato di letteratura moderna, ma come si dice, tutto dipende dal tempo. Devi leggere quando sei giovane e hai tempo – e tutta la vita davanti a te.

—Grazie per questa interessante conversazione!

“La vita spirituale non è un hobby per quale si può avere o non avere tempo”

Patriarca Kirill: “La vita spirituale non è un hobby per il quale si può avere o non avere tempo” – Intervista pre-pasquale alla rivista “Foma
 
L’uomo moderno ha bisogno della Chiesa? Come trovare posto per la vita spirituale in un ritmo da megalopoli? La Chiesa ha una ricetta per costruire una società giusta ed equa? Cosa possiamo rispondere alle pubblicazioni scandalistiche sulla Chiesa nei media? Alla vigilia della Pasqua il primo ierarca della Chiesa Ortodossa Russa, sua Santità Kirill, Patriarca di Mosca e di tutta la Rus’, ha risposto a queste e ad altre domande della rivista “Foma”.

 

Vostra Santità, nei giorni di Pasqua in Chiesa si parla molto della gioia, ma quando si entra in metropolitana, spesso si vedono volti scontrosi, irritati… Perché nella vita delle persone non c’è molto posto per la gioia? Cosa dobbiamo fare in questo caso?

Quando l’uomo sceglie un percorso falso nella sua vita, nella profondità della sua anima si accende un allarme rosso, e si sente a disagio. La gente cerca in qualche modo di sopprimere questo segnale e spesso fa anche di peggio. La Parola di Dio dice che finché saremo impuri, non avremo pace. Ma possiamo trasformare la nostra vita – non da soli, ma con l’aiuto di Dio, possiamo uscire sulla strada giusta. La gioia e la pace vengono quando affidiamo a Dio la nostra speranza e facciamo la Sua volontà.

Ma questo presuppone che l’uomo si rivolga alla Chiesa. Ma come rispondere alla domanda: Perché l’uomo contemporaneo ha bisogno della Chiesa?

Ma per che cos’altro potrebbe vivere l’uomo contemporaneo? Ma qualsiasi “perché” implica uno scopo. Perché ho bisogno di una nave? Per attraversare il mare. Perché ho bisogno di conoscenze e competenze? Al fine di raggiungere i miei obiettivi. Perché ho bisogno di realizzarli? Ne vale la pena? Qual è il valore della vita umana?

Cristo ha fondato la Chiesa, perché in essa si riveli il significato e lo scopo della nostra esistenza: perché siamo qui, che cosa possiamo sperare, che cosa dobbiamo fare. E Gesù ci rivela che siamo creati per una vita buona e felice, che questi pochi decenni della nostra vita terrena sono un tempo estremamente importante della nostra preparazione per l’eternità, quando raccoglieremo i benefici di quelle fatiche che abbiamo fatto qui, sulla terra. E questa eternità può essere infinitamente piena di gioia, di felicità, di tranquillità, ma forse, ahimè, può anche non essere così. Anche la Chiesa è creata da Dio per il bene di un unico scopo – la salvezza eterna degli uomini.

Quando l’uomo comprende questo, quando si volge alla salvezza eterna, tutta la sua vita terrena cambia: gli alcolisti abbandonano i loro vizi, i criminali diventano cittadini onesti, la gente triste e perduta ricupera forza e vivacità. L’uomo che ha fede nel Salvatore e nella salvezza, è in grado di sopportare con speranza ciò che un altro non può sopportare perché vede davanti a sé prospettive eterne, e non temporanee.

L’uomo diventa un altro, cambia il sistema dei suoi valori. L’uomo trova il vero scopo e la gioia autentica in questa vita. Ciò che prima sembrava importante, prezioso, per cui l’uomo era pronto a fare qualsiasi cosa, anche ricorrere al crimine, diventa inutile e senza valore.

Dio ha creato l’uomo per una felicità e una gioia infinita. Dobbiamo tenerlo a mente.

Spesso le persone dicono che fare il bene è più importante che andare in chiesa, partecipare ai servizi divini, pregare, digiunare… Cosa dobbiamo rispondere?

Iniziate a fare buone azioni. Non date solo un centesimo una volta all’anno – un centesimo lo può dare un malvagio – ma vivete nel principio del bene. Si tratta di un sacrificio quasi impossibile.

Provate sul serio, ogni giorno a fare meglio, a fare secondo coscienza. E presto vi accorgerete che non si può, è necessario l’aiuto di Dio.

Solo Cristo non è unicamente un maestro che ci indica la strada della vita. Egli è il Salvatore, che con la sua morte e risurrezione ci offre la grazia con cui solo lui può cambiare la nostra vita. Come dice la Scrittura, “Per questa grazia infatti siete salvi mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene” (Efesini 2:8-9).

Chiesa di Dio è una comunità di persone che condividono la stessa fede, pregano insieme e, soprattutto, compiono il Mistero dell’Eucaristia, come Cristo ha comandato nel Vangelo. E la parola di Dio, la Sacra Scrittura, dice una cosa meravigliosa: la Chiesa che celebra l’Eucaristia, è il Corpo di Cristo, in cui dimora la vita di Cristo. Rifiutare la comunicazione con la Chiesa, la partecipazione all’Eucaristia – significa rifiutare la vita stessa. Il Signore stesso nel Vangelo dice che se non partecipiamo dei santi Misteri di Cristo, non abbiamo la vita eterna in noi (vedi Gv 6:54).

Visita alla clinica oncologica pediatrica dell’Istituto di Ricerca di Mosca. Pasqua 2011

Una delle pazienti della clinica oncologica pediatrica ha donato a Sua Santità un suo dipinto

A volte portano esempi di sacerdoti indegni e pongono la domanda: cosa possiamo imparare da uomini di questo genere?

Io porrei la domanda in modo diverso: ma che cosa vorremmo imparare? Né un buon insegnante, né uno cattivo, ci può insegnare qualcosa che non vogliamo sapere noi stessi. Quando vogliamo assimilare qualcosa di utile, per esempio un lavoro, una disciplina scientifica o una lingua straniera – noi non diciamo che, presumibilmente, ci sono cattivi maestri, studiosi stupidi o insegnanti deboli e che per questo non impareremo. O piuttosto lo diciamo, ma solo in quel caso, se proprio non vogliamo imparare e trovare la causa.

Ma se vogliamo, riusciamo a trovare un buon insegnante. Così è anche nella vita spirituale. Se vogliamo imparare la retta fede e la vita pia, ci interesseranno solo i sacerdoti degni – che, vi assicuro, sono la maggioranza. Oggi in Internet si diffondono alcune “storie scandalose”; a proposito di queste non solo si verificano spesso deformazioni delle situazioni reali, ma si diffondono anche falsi intenzionali. E di quei sacerdoti che svolgono il loro lavoro con competenza, si scrive raramente; non danno motivo di scandalo. Allo stesso tempo, venendo in chiesa, vedrete piuttosto sacerdoti  di quest’ultimo genere.

È importante sottolineare qualcos’altro. Il sacerdote celebra i sacramenti, non per propria forza, ma per la potenza di Dio, e Dio non può privare i fedeli della grazia a causa dei peccati del sacerdote. Se siete alla ricerca del perdono dei peccati, dell’aiuto di Dio, Dio vi darà sicuramente l’uno e l’altro, e nessun tipo di peccato di altre persone potrà impedirlo.

Visita al centro di adattamento sociale per senza tetto. Pasqua 2009

“Se ci tocca sopportare tentazioni, questo non significa che la nostra vita è finita. Significa che Dio ci prepara per l’eternità”. Patriarca Kirill

Com’è che l’uomo contemporaneo, impegnato, può trovare il tempo per la vita spirituale?

Per questo è necessario trovare in modo corretto le priorità; la vita spirituale non è un hobby, non è un intrattenimento, per il quali possiamo avere il tempo oppure no. Si tratta di una base su cui costruiamo tutto il resto. Quando si preparano i bagagli, le cose possono stare in una valigia oppure no – non dipende solo dal loro numero, dalle loro grandi o piccole dimensioni, ma dipende anche dalla sequenza, dall’ordine in cui le sistemiamo. Quando passiamo la vita in cose vane, corriamo avanti e indietro, senza capire sempre per quale scopo, davvero non riusciamo a fare nulla – e ci stanchiamo molto.

Se iniziamo la giornata con la preghiera, abbiamo messo una base su cui tutto sarà costruito in modo corretto, e come dice la Scrittura circa l’uomo pio, tutto ciò che farà, aumenterà (Sal 1,3).

Ecco perché è così importante la tradizione ecclesiastica della preghiera. Preghiamo solo ogni mattina e ogni sera, qualunque sia la nostra disposizione. Chi è agli inizi forse avrà difficoltà a leggere tutte le preghiere, ma è importante che almeno cinque minuti al giorno siano dedicati alla preghiera, ma proprio ogni giorno, senza omettere alcun giorno – e vedrete come inizierà a cambiare la vostra vita. Più tempo si dà alla preghiera, più tempo si ha per gli altri. Può sembrare inaspettato, ma per molte persone è un fatto di esperienza.

Ma anche durante il giorno è possibile trovare un minuto, anche solo mezzo minuto per rivolgersi a Dio in preghiera, per ringraziarlo per tutto ciò che c’è stato di buono e di piacevole durante il giorno, per pregare per se stessi e per altre persone in difficoltà… La mancanza di tempo e la confusione dell’uomo contemporaneo si verifica in molti casi, a causa della poca preghiera.

Molti sono turbati da pubblicazioni anti-ecclesiali nei media e sui social network, da scandali con la partecipazione di membri del clero. Come reagire a tutto questo?

Coloro che hanno vissuto gli anni della dittatura atea – lo ricordo bene – sanno che anche allora i nemici della Chiesa si servivano della stessa matrice: che i sacerdoti sono persone avide, senza morale, che sfruttano l’ignoranza delle masse ignoranti… Questa non è una novità per noi. Cambiano i tempi, cambiano le bandiere, sotto alle quali militano le forze anti-ecclesiali, ma non cambia il loro scopo. In tutti i tempi – anche nei tempi antichi, anche ai tempi della persecuzione atea, anche ora – la battaglia è per lo stesso scopo – le anime immortali degli uomini. Il vero conflitto è condotto a livello spirituale, come diceva Fëdor Michajlovič Dostoevskij: “qui il diavolo sta combattendo con Dio, e il campo di battaglia sono i cuori degli uomini.”

Ora molte persone scoprono la fede, vengono a Cristo, entrano nelle chiese di Dio e partecipano ai Santi Misteri di Cristo. E quante più persone si incamminano sulla via della salvezza, tanto più alto è il grido delle potenze anti-ecclesiali: “No! No! Non andate in chiesa! Là sono tutti bugiardi, truffatori, ladri!” Pensate, chi può essere così spaventato al pensiero che l’uomo vada in chiesa, che si rivolga a Dio, chi è che non può sopportarlo? ..

Molti mi hanno detto che una certa campagna anti-ecclesiale li ha aiutati a diventare persone di Chiesa: se potenze influenti desiderano così ardentemente, che non entriamo in chiesa, significa che in essa c’è qualcosa di molto importante. Se fanno tanti sforzi, per impedirci di avvicinarci al calice dei Santi Misteri, significa che in questo calice c’è qualcosa di necessario per la vita.

Coloro che prendono parte agli attacchi contro la Chiesa, di solito non si rendono conto che sono diventati l’arma di forze pericolose che li usano per i loro interessi. Ma dovrebbero farci un pensiero in questa occasione.

Visita al Centro di adattamento sociale per invalidi “Filimonki”. Pasqua 2012

Il centro si trova sul sito dell’ex convento del principe Vladimir. Le chiese della Trinità e dell’Assunzione sono state gravemente danneggiate. Tutti gli edifici in legno del monastero sono stati distrutti, lasciando solo l’edificio in pietra delle cele. Nel 1994, la chiesa della Trinità del convento del principe Vladimir nel villaggio di Filimonki è stato restituito ai fedeli.

Permettetemi di ricordarvi ancora alcune cose ovvie. La situazione cambia quando le persone cambiano, e le persone cambiano quando vogliono cambiare. Non quando desiderano cambiare gli altri (nei confronti degli altri possiamo avere pretese di ogni tipo – non porterà a nulla), ma quando capiscono che le loro strade non sono corrette, i loro valori devono essere riveduti, la loro morale personale deve essere corretta. Tali persone si rivolgono a Dio con pentimento e con fede e vengono in chiesa per ottenere aiuto e cambiare vita.

La gente spesso si lamenta dell’amoralità della società: si sente circondata da disonestà, corruzione, asprezza di cuore, crudeltà, indifferenza… Com’è che la Chiesa può contribuire a cambiare questa situazione? E cosa rispondere a coloro che criticano la Chiesa perché in 20 anni di libertà religiosa la società non si è liberata da questi vizi?

È inutile aspettare che le altre persone cambino, che cambi la società nel suo insieme, se noi stessi non vogliamo cambiare.

Qualsiasi tipo di cambiamento per il meglio inizia dall’uomo stesso. Ora voglio ripetere le mie parole, che ad alcuni non sono piaciute: se diciamo una bugia nella nostra vita personale, familiare, in campo professionale, allora perché chiediamo così ardentemente che si compia la verità a livello generale, mentre non dovrebbe esserci a livello individuale? La gente cade in trappola da sola: tutti chiedono con veemenza al vicino di casa, al collega, al capo, di essere pii, ma non pensano sempre che dovrebbero essere pii essi stessi.

Anche qui, la Chiesa propone un’altra visione della situazione. La nostra afflizione principale non sono i peccati degli altri, ma i nostri peccati. Ricordate, come il personaggio della canzone “На дне” (“In fondo”), dice: “Ogni uomo vuole che il suo vicino abbia buon senso, ma a nessuno fa comodo averne.”

Questa è una comprensione materialista dell’uomo, in cui la cosa principale è la soddisfazione dei propri bisogni materiali, la realizzazione dei propri desideri, quando è conveniente circondarsi di persone di buon senso, quando noi stessi non riusciamo ad avere buon senso. Spesso le richieste fatte alla Chiesa suonano come segue: “Fate che il mio vicino abbia buon senso. Fate che io sia circondato da gente buona, onesta, gentile. E nel frattempo non infilatevi voi con i vostri insegnamenti per me.”

Visita all’orfanotrofio numero 15. Pasqua 2010

Sua Santità ha donato all’orfanotrofio un’attrezzatura di riabilitazione, e anche biciclette e giocattoli educativi. Ha anche visitato la sede di Miloserdie (Misericordia), ha benedetto i bambini gravemente malati e ha portrato loro doni pasquali.

Ma la Chiesa parla del Salvatore, che viene a salvarci dai nostri peccati, perché nessuno sarà mai condannato da Dio per i peccati degli estranei. Nessuno perderà la vita eterna a causa dei vizi altrui.

Essere felici, rifiutare il male, fare il bene, seguire i comandamenti di Dio – è importante farlo non tanto per il vicino, quanto è vitale farlo per noi stessi.

Fotografie fornite dal servizio stampa del Patriarca di Mosca e di tutta la Rus’.

Quest’intervista è stata pubblicata nel numero speciale di “Foma”, “Mosca Pasquale”, preparato dietro richiesta e sostegno del dipartimento culturale della città di Mosca.

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Aiuto al penitente (guida per la confessione)

 
Aiuto al penitente (guida per la confessione)
Edizione del Monastero del Paraclito – Oropos 1997
Carissimi in Cristo, fratelli e sorelle, questa piccola guida che vi offriamo serve ad aiutare il penitente, e soprattutto chi sta per venire alla prima santa Confessione, a prepararsi correttamente e con cura sufficiente a questo mistero.La Confessione è tanto necessaria quanto il santo Battesimo, perché questi misteri sono di pari forza. Come con il battesimo siamo purificati da tutti i nostri precedenti peccati, così nella penitenza riceviamo il perdono dei peccati che confessiamo. Così come prima del Battesimo, non siamo in grado di ricevere il santo corpo e sangue di Cristo, allo stesso modo se non confessiamo i peccati commessi dopo il Battesimo, non siamo degni di essere partecipi di questo grande dono. Come il battesimo ci fa entrare nel regno dei cieli, così una volta battezzati la confessione ci fa eredi della vita eterna.

Il peccato è una malattia dell’anima. Pertanto, per capire come confessarci correttamente, ricordiamo come ci comportiamo quando siamo malati nel corpo: ci preoccupiamo di vedere un medico. Come, senza nascondere il minimo dettaglio, descriviamo le circostanze della malattia e tutti i sintomi. Come cerchiamo di seguire tutti i consigli dati dal medico. Allo stesso modo, ancor di più dovremmo avere cura dell’anima, che è eterna, a differenza del corpo, che è mortale.

E il perdono dei peccati da parte di Dio è dato per mezzo di un sacerdote che compie il sacramento. Non dobbiamo dunque vergognarci di un servo di Dio, non dobbiamo nascondergli le nostre piaghe spirituali, perché Dio, presente in modo invisibile nel sacramento, non ci privi della guarigione.

Anche i grandi santi fino all’ultimo respiro hanno pregato per il perdono dei peccati, riconoscendo se stessi come grandi peccatori. E noi dunque chiediamo al Signore di aiutarci a diventare consapevoli dei nostri peccati e confessarli, perché la consapevolezza del peccato è il primo passo verso la salvezza. Per facilitare la preparazione alla confessione presentiamo qui sotto forma di una breve lista di domande i peccati più comuni nella nostra vita quotidiana.

Tu e Dio

1) Credi in Dio, glorificato nella Santa Trinità, nella divinità di Gesù Cristo e del Santo Spirito? Credi nella Chiesa e nei suoi Santi Misteri? Credi nell’esistenza del Paradiso e dell’Inferno?

2) Ti affidi sempre, e specialmente nei momenti difficili della tua vita, alla provvidenza di Dio e, o ti scoraggi mostrando mancanza di fede?

3) Forse nelle afflizioni, malattie e prove della vita mormori contro Dio e perdi fede e coraggio?

4) Forse credi nei sensitivi, nei cartomanti, negli indovini, nei maghi e nelle fattucchiere, nei chiromanti e negli astrologi?

5) Forse credi nelle superstizioni, e ritieni cattivi segni lo scricchiolio del legno, le orecchie che fischiano, l’ululare di un cane, l’incontro con un prete o il cosiddetto malocchio?

6) Forse credi nella fortuna?

7) Preghi al mattino e alla sera, e ai momenti dei pasti? Forse ti vergogni di fare il Segno della Croce davanti ad altre persone, per esempio al ristorante, o mentre passi accanto a una chiesa?

8) Studi le Sacre Scritture, e così pure gli altri libri di contenuto religioso?

9) Vai in chiesa alla Domenica e alle grandi Feste?

10) Partecipi alla Divina Liturgia dall’inizio alla fine, senza arrivare in ritardo né andartene prima della fine?

11) Vai in chiesa indossando abiti modesti? Fai attenzione a non ridere e a non fare conversazioni con gli altri durante le funzioni, anche se si sta celebrando un Matrimonio o un Battesimo?

12) Forse rendi difficile andare in chiesa al tuo coniuge e ai tuoi figli? Forse dici ai tuoi conoscenti di non frequentare la chiesa?

13) Ti comunichi regolarmente, o solo una volta all’anno, e magari senza confessione?

14) Forse prendi impegni solenni senza ragione o falsamente, e non hai mantenuto un impegno o un voto che hai fatto?

15) Forse bestemmi il nome di Cristo, della Tuttasanta o dei santi?

16) Digiuni al Mercoledì e al Venerdì e negli altri periodi quaresimali, anche se non hai seri problemi di salute?

17) Forse getti via i libri o periodici religiosi in luoghi indegni?

Tu e il tuo prossimo

1) Forse nutri odio o rancore verso qualcuno che ti ha maltrattato o insultato in un momento di rabbia?

2) Forse sei sospettoso e diffidi di tutti senza ragione, perché ti sembra che parlino male di te, che non ti vogliano, che non ti amino, che non desiderino vederti, e così via?

3) Forse ti senti geloso e turbato del progresso, della felicità, della bellezza e dei beni degli altri?

4) Forse resti indifferente di fronte alle sfortune o necessità del tuo prossimo?

5) Nei tuoi affari con i tuoi colleghi, collaboratori o clienti, sei onesto, leale, sincero e retto?

6) Forse hai accusato o calunniato qualcuno?

7) Forse parli in modo sarcastico e deridi le persone pie, quelle che digiunano e si sforzano di vivere una vita cristiana? O quanti hanno qualche debolezza fisica o spirituale?

8) Quando hai udito qualche informazione o accusa contro qualcuno, forse l’hai comunicata ad altri danneggiando, senza volerlo, la reputazione e l’onore di un tuo simile?

9) Forse pronunci giudizi sul comportamento, le azioni, gli errori o le mancanze degli altri in loro assenza, anche se quanto dici è vero?

10) Forse hai maledetto qualcuno che ti ha fatto un torto, oppure, in circostanze difficili della tua vita, hai maledetto te stesso o il giorno e l’ora in cui sei nato?

11) Forse hai mandato qualcuno al diavolo o hai fatto gesti di ingiuria?

12) Rispetti i tuoi genitori? Ti prendi cura di loro? Sopporti le debolezze della loro vecchiaia, se ne hanno? Li aiuti nelle loro necessità fisiche e spirituali? Ti assicuri che possano andare in chiesa e ricevere la Comunione? Forse li hai abbandonati senza cuore?

13) Forse hai importunato i tuoi genitori per farti assegnare la parte del leone nell’eredità, facendo in questo modo un torto ai tuoi fratelli?

14) Forse nell’ira hai picchiato qualcuno o lo hai offeso a parole?

15) Compi con scrupolo il tuo lavoro o la tua vocazione?

16) Forse rubi? forse hai incitato o aiutato qualcuno a rubare, o hai accettato di coprire un ladro, o hai coscientemente accettato beni rubati?

17) Forse sei ingrato o privo di riconoscenza verso Dio e in generale verso quanti sono gentili nei tuoi confronti?

18) Forse mantieni cattive compagnie o relazioni peccaminose? Forse hai spinto qualcuno al peccato, con le parole o con il tuo esempio?

19) Forse hai commesso qualche falsificazione? Forse ti sei preso vantaggio del pubblico? Forse hai chiesto in prestito denaro o altri oggetti e hai mancato di restituirli?

20) Forse hai mai commesso un omicidio, in qualsiasi modo?

21) Forse ti immischi nelle vite, nel lavoro o nella famiglia degli altri, e diventi l’occasione per litigi e turbamenti?

22) Dai elemosine ai poveri, agli orfani, agli anziani, e alle famiglie povere e numerose che conosci?

Te stesso

1) Forse sei attaccato alle cose materiali e ai beni terreni?

2) Forse sei avaro e amante del denaro?

3) Forse sei preso dall’avidità?

4) Forse sei uno spendaccione (dato che tutto ciò che hai in sovrappiù appartiene ai poveri)?

5) Forse sei un megalomane?

6) Forse ami mostrare in giro i tuoi vestiti, la tua ricchezza, i tuoi successi, e l’istruzione dei tuoi figli?

7) Forse desideri l’ammirazione e la gloria degli uomini?

8) Accetti le lodi con piacere, volendo essere adulato dagli altri e sentirti dire che non ci sono altri come te?

9) Ti offendi quando gli altri ti fanno vedere i tuoi sbagli, e ti risenti quando i tuoi superiori ti riprendono e ti criticano?

10) Forse sei testardo, ostinato, egoista, orgoglioso e individualista? Fai attenzione a questi peccati, perché è difficile diagnosticarli.

11) Forse giochi a carte – anche senza scopo di lucro – con i vicini e i parenti, tanto per “ammazzare il tempo”, come si dice?

12) Forse i peccati carnali hanno inquinato il tuo corpo e la tua anima?

13) Guardi spettacoli osceni alla televisione e al cinema?

14) Forse leggi libri e spettacoli osceni?

15) Forse in qualche momento hai pensato di toglierti la vita?

16)  Forse sei schiavo del tuo stomaco?

17) Forse sei pigro, negligente e indolente?

18) Forse pronunci parole improprie, oscene o insolenti, sia per apparire comico, sia per insultare o umiliare un’altra persona?

19) Hai uno spirito di negazione di te stesso?

20) Espelli dalla tua mente ogni pensiero cattivo che viene a inquinare il tuo cuore?

21) Fai attenzione a che i tuoi occhi non scrutino immagini o persone che ti possano provocare?

22) Fai attenzione a ciò che ascoltano le tue orecchie?

23) Forse ti vesti in modo indecente? Se sei una donna, forse ti vesti con abiti maschili o provocatori, e causi scandalo con il tuo aspetto, soprattutto quando entri nei luoghi sacri? Se sei un uomo, forse hai un aspetto provocatorio?

24) Forse prendi parte a danze oscene o frenetiche? Canti o ascolti canzoni oscene?

25) Forse ti ubriachi?

26) Forse fumi? Il fumo distrugge la nostra preziosa salute. È uno spreco peccaminoso di denaro, e un’ossessione.

La vita di coppia

1) Mantieni la fedeltà coniugale? È una cosa terribile quando mariti e mogli hanno relazioni illecite.

2) Forse uno dei due coniugi ha offeso o rattristato l’altro in presenza di altri o in privato?

3) Forse uno non sopporta le possibili debolezze dell’altro? Forse mostrate insensibilità?

4) Forse, come marito, incoraggi tua moglie a seguire le mode e ogni pazza novità che contraddice la Legge di Dio? Forse, come moglie, trascini tuo marito alle feste e gli chiedi i fondi per seguire le mode e le vie del mondo?

5) Tenete conto delle difficoltà che uno ha fuori di casa e l’altra in casa, in modo da aiutarvi l’uno con l’altra fornendo riposo psicologico e fisico?

6) Come marito, fai forse eccessive richieste che sviliscono le tue relazioni coniugali? Pratichi la continenza alla vigilia delle Domeniche e delle Feste e nei giorni di digiuno in generale?

7) Forse non permetti a tua moglie o tuo marito di andare in chiesa, o a riunioni e incontri religiosi?

8) Cresci i tuoi figli “nell’educazione e nella disciplina del Signore” (Efesini 6:4)? Forse ti interessi solo della loro formazione intellettuale e sei indifferente alla qualità del loro carattere?

9) Li porti in chiesa, alla Santa Confessione, alla frequente Divina Comunione, al catechismo? Insegni loro la virtù con le tue parole e il tuo esempio? Insegni loro a pregare al mattino e alla sera, così come al momento dei pasti, con attenzione e devozione?

10) Fai attenzione a ciò che leggono? Ti assicuri di dare loro libri e riviste che insegnino il rispetto per la patria e per la religione?

11) Sei attento a coloro che frequentano e ai loro amici?

12) Li porti forse a spettacoli peccaminosi e permetti loro di guardare la televisione indiscriminatamente e senza controllo?

13) Insegni loro l’umiltà? Ti assicuri che vestano con modestia?

14) Forse li insulti quando ti infastidiscono? Forse li mandi al diavolo?

15) Forse hai avuto aborti o hai evitato di avere figli?

16) Forse sei stato ingiusto verso i tuoi figli nella distribuzione delle tue proprietà?

17) Forse, come marito, pensi che il dovere di crescere e istruire i tuoi figli spetta solo a tua moglie? Anche tu sei responsabile di ammonirli, leggere per loro, e passare tempo con loro, per dare riposo a tua moglie, e anche perché i figli possano sentire la tua presenza e in questo modo essere protetti dal mettersi nei guai.

18) Forse insulti i tuoi figli e li rimproveri con parole indecenti?

19) Onorate entrambi i genitori e i parenti dell’altro? Forse lasci che i tuoi genitori e parenti interferiscano nella vostra vita familiare e che diventino causa di dissenso e di incomprensione tra voi?

20) Forse interferisci nella vita domestica dei tuoi figli?

21) Forse il tuo coniuge bestemmia? Abbi pazienza e sforzati perché smetta con l’orribile abitudine delle bestemmie.

La vita come sacramento

Padre Sergej Sveshnikov: La vita come sacramento
 
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Un intervento alla St. Herman Orthodox Youth Conference il 24 dicembre 2011 a Ottawa, Canada

Introduzione

Tutti conosciamo i sacramenti della Chiesa e li riconosciamo come eventi o pietre miliari nella nostra vita cristiana: siamo battezzati, ci prepariamo per la confessione e la comunione, ci sposiamo, alcuni possono essere ordinati al santo sacerdozio… Questi importanti episodi ci forniscono il tempo e il luogo per essere faccia a faccia con Dio, per unirci a lui nella sua santa Chiesa, il suo corpo. Ma per quanto riguarda il resto della nostra vita? Bene, preghiamo per alcuni minuti la mattina e anche la sera. Ma che dire del resto? Troppo spesso, le nostre vite sono fratturate: c’è la parte cristiana – i sacramenti e le funzioni, le preghiere e le letture della Chiesa, e c’è la parte secolare – la scuola, il lavoro, una festa a casa di un amico, un film al venerdì sera, e la due parti sembrano essere tanto lontane quanto il levante dal ponente. In effetti, cosa c’è di tanto spirituale nel cucinare la colazione? Oppure, come si può essere (o non essere) un cristiano mentre ci si lava i denti? La stessa separazione molto meccanicistica tra la Chiesa e il resto della vita sembra tanto comune nel cristianesimo moderno, quanto la separazione tra la Chiesa e lo Stato. Ma ci può essere un altro modello? Esiste un modo per riconciliare i pezzi rotti della vita moderna fratturata e di vivere un’integra e semplice vita cristiana? Qui discuteremo il significato della parola “sacramento”, il ruolo che svolgono i sacramenti nella nostra vita, e anche alcuni modi in cui possiamo guidare e plasmare la nostra vita di ogni giorno verso una maggiore connessione con Dio e con la sua Chiesa.

Che cos’è un sacramento?

Prima di iniziare la nostra discussione sui sacramenti, cerchiamo prima di definire che cos’è un sacramento in realtà. Questo compito non è del tutto in linea con la tradizione della Chiesa ortodossa. In realtà, la Chiesa ortodossa nel suo insieme non ha mai formulato una definizione precisa. Ciò nonostante, alcuni singoli teologi hanno cercato di definire la parola “sacramento”. Il beato Agostino di Ippona, per esempio, ha scritto che “La Parola viene all’elemento; e quindi un sacramento, per così dire, è una sorta di parola visibile”, o, in altre parole, “un sacramento è un segno visibile di una realtà invisibile “Un’altra definizione può essere trovata nel Catechismo esteso della Chiesa ortodossa cattolica orientale di san Filarete (Drozdov): “Un mistero o sacramento è un atto sacro, attraverso il quale la grazia, o, in altre parole, la potenza salvifica di Dio, opera misteriosamente sull’uomo”.

Queste definizioni sono accettabili? In molti modi, lo sono. Tuttavia, queste definizioni lasciano aperte alcune domande. Per esempio, una brioche che possiamo aver mangiato a colazione è un segno visibile di una realtà invisibile? Certo! È un segno molto visibile, tangibile, e gustoso delle benedizioni che Dio dona alle fatiche dei contadini e dei panettieri. E che dire della preghiera che abbiamo fatto prima dell’inizio di questa Conferenza – è un sacramento? Secondo la definizione di San Filarete, sì, dal momento che è un atto attraverso il quale la grazia di Dio opera misteriosamente sull’uomo.

“Ma aspettate”, si può dire: “non ci sono solo sette sacramenti?” Torneremo a questa domanda, ma prima, oserò offrire l’ennesima definizione di ciò che è un sacramento. Cerchiamo di definire un sacramento come un luogo e un tempo in cui un atto deliberato di Dio si intreccia con un atto deliberato dell’uomo. In altre parole, un sacramento è quando Dio e l’uomo lavorano insieme. Cosa stanno cercando di realizzare? Beh, sappiamo ciò che Dio sta cercando di realizzare, la salvezza dell’uomo, e ancor più precisamente, la theosis. Così, quando Dio e l’uomo collaborano nel processo di deificazione, quest’atto è un sacramento. Perché questa dualità è così importante? Perché, senza la volontà e la partecipazione di Dio, tutto quello che otteniamo sono atti o opere di uomini. E senza la volontà e la partecipazione dell’uomo, ciò che otteniamo è un miracolo operato da Dio solo. È solo quando i due atti si uniscono che abbiamo un sacramento.

Quanti sacramenti ci sono?

Nel XVI secolo, il Concilio cattolico di Trento stabilì che c’erano sette sacramenti, [1] e sono gli stessi sacramenti che troviamo nei libri ortodossi della Legge di Dio o nel Catechismo di san Filarete [2]: battesimo, cresima, confessione, comunione (o eucaristia), unzione, matrimonio, e ordinazione. Questo elenco è venuto nella tradizione ortodossa dall’Occidente latino, ed è diventato un punto di riferimento comodo e ben confezionato per libri di testo delle scuole domenicali e dei catechismi popolari. Tuttavia, a differenza della Chiesa cattolica romana, che scomunica chi dice che ci sono meno o più di sette sacramenti, [3] gli autori ortodossi hanno parlato da un minimo di due fino a dieci sacramenti [4], senza pretese di esclusività. In effetti, se un sacramento è un atto collaborativo di Dio e dell’uomo nel processo di deificazione, allora anche i voti monastici, per esempio, sono un sacramento, [5], e così è la benedizione dell’acqua.

Purtroppo, dopo diverse generazioni di bambini che imparano l’elenco dei sette sacramenti nelle loro lezioni della scuola domenicale, molti ortodossi equiparano i sacramenti a una lista di sette riti o rituali della Chiesa, che non sono solo relativamente rari (quanto spesso, per esempio, ci si fa battezzare o ci si sposa?), ma possono anche non essere per tutti (per esempio, le donne non possono essere ordinate, e i monaci non possono sposarsi). Quindi, cerchiamo di passare a parlare di alcuni dei sacramenti in modi che li rendono importanti per tutti noi, in tutta la nostra vita.

Il battesimo

Molti ortodossi laici e anche alcuni sacerdoti credono che una volta che una persona è stata battezzata da bambino, rimane ortodossa per il resto della sua vita. In realtà dovrebbe essere così, ma spesso non lo è. Il battesimo è l’ingresso nella Chiesa, sia come corpo mistico di Cristo che come istituzione umana stabilita da Dio. Ma nessuno di questi è un carcere, e chiunque è libero di uscire in qualsiasi momento. In realtà, ognuno di noi lascia la Chiesa per mezzo del peccato e non è più nel corpo di Cristo. Ricordiamo le parole di una preghiera che si sente durante la confessione: “Riconcilialo e uniscilo con la tua santa Chiesa…” Così è perché, a causa del peccato, diventiamo nemici della Chiesa, non siamo più nel corpo di Cristo, infrangiamo i nostri voti battesimali e contaminiamo la nostra veste battesimale. E dobbiamo riconciliarci e unirci di nuovo attraverso il pentimento. Così, il battesimo, mentre è di fatto un evento singolare, pone obblighi in tutto il corso della nostra vita; così come piantare un seme è un evento singolare, ma far crescere un albero richiede impegno e pazienza.

La confessione

Molte persone vedono anche la confessione come un evento singolare e talvolta raro. Alcuni vanno a confessarsi solo una volta l’anno (cosa che, per inciso, io considero un abominio). Altri possono confessarsi più spesso e anche più o meno regolarmente… ma cerchiamo di sostituire la parola “confessione” con la parola “pentimento”. Qual è la differenza? Immaginate un ladro che racconta con orgoglio a un suo amico di tutte le cose che ha rubato, e poi va a rubare ancora. Ha appena confessato i suoi peccati, senza dubbio. Ma è pentito? Ora immaginate un cristiano che si confessa, enumera tutti i suoi peccati, ne è ben consapevole, e poi va e continua a vivere nel peccato. Questo può essere considerato un sacramento? Ovviamente no. Mentre Dio è pronto a cancellare i peccati della vita di questa persona, la persona stessa non vuole cancellarli, vuole tenerseli. Li confessa senza alcuna volontà di cambiare la sua vita, vale a dire, senza pentimento.

La parola “pentimento” ha una radice latina che non riflette il pieno significato del concetto ortodosso. L’equivalente greco – μετάνοια – significa cambiare la propria mente, non farla restare la stessa. [6] Perciò, pentirsi è decidere di allontanarsi dal peccato e di fare uno sforzo per non tornare a peccare. Ed è qui, all’interno dell’unione della volontà di Dio di agire per cancellare i nostri peccati e della nostra volontà di agire per allontanarci dal peccato – che il sacramento ha luogo. Così, il sacramento della penitenza non si limita a elencare i nostri peccati davanti a un prete e a ricevere un’assoluzione, ma continua nei seguenti minuti, ore, giorni, settimane e nel resto della nostra vita mutata e mutevole.

La comunione

Allo stesso modo, la comunione non è solo quel momento in chiesa quando riceviamo di fatto il corpo e il sangue di Cristo nella nostra bocca e inghiottiamo. Il termine latino communio significa “mettere in comune”, [7], cioè la partecipazione alla natura e alla vita del Corpo di Cristo, diventando tutt’uno con esso, come disse l’apostolo Paolo, “non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me “(Gal 2,20). Si noti che l’Apostolo usava la parola “vive” – non “viene in visita” o “si ferma per un breve momento”, ma “vive.” Conoscete il famoso detto popolare, “Tu sei quello che mangi”. Partecipiamo al corpo di Cristo per diventare corpo di Cristo. In una preghiera durante la Liturgia, il sacerdote chiede a Dio di effondere il suo Spirito Santo su di noi (in primis!) e quindi sui Santi Doni già presentati. E questo – il nostro divenire corpo di Cristo – non deve essere solo per un minuto o per un giorno, ma letteralmente per l’eternità. In questo modo, la comunione è al di fuori del tempo, e noi dobbiamo essere in comunione con Cristo non solo quando ci comunichiamo in chiesa, ma anche il giorno successivo, e il successivo, e il successivo, e proprio ora mentre siamo seduti qui ad ascoltare questo discorso.

Il matrimonio

Questo stesso principio dei sacramenti, non limitato dai vincoli dei riti ecclesiastici e dai rituali ad essi associati, ma che invece permea la totalità di una vita cristiana, può essere applicato al resto dei sacramenti della lista “ufficiale”, anche se non li discuteremo tutti qui. Ma, come ultimo esempio, diamo un’occhiata a un sacramento che non è apparentemente per tutti, il matrimonio. Infatti, alcune persone si sposano, e altre no.

Secondo le Scritture, un matrimonio tra un uomo e una donna è un’icona del grande mistero di Cristo e della Chiesa (cfr. Ef 5,32). In realtà, per parlare di questo mistero, l’apostolo Paolo usa le stesse parole con cui Dio ha stabilito il sacramento del matrimonio tra un uomo e una donna: “…e i due saranno una carne sola ” (Ef 5:31, cf Gn 2,24). Questo dovrebbe immediatamente ricordarci il sacramento che abbiamo discusso in precedenza, la santa comunione, ma anche il battesimo e la confessione, perché essi ci aiutano a entrare e a rimanere nel corpo di Cristo – i due saranno una carne sola. Infatti, unirsi a Cristo è l’obiettivo centrale della vita cristiana, ed è, per estensione, lo scopo principale dietro ogni sacramento della Chiesa. Il sacramento del matrimonio è un’icona del mistero di Cristo e della Chiesa, ma ce ne sono altri. Anche il monachesimo, per esempio, è un’icona vivente dell’unione di un uomo o di una donna con Cristo, e allo stesso modo è una vita dedicata al servizio disinteressato e di sacrificio per gli altri, cosa che, per inciso, è anche l’essenza spesso dimenticata del matrimonio tra un uomo e una donna.

Tutti i cristiani sono chiamati al banchetto di nozze dell’Agnello, non come ospiti o spettatori, ma come partecipanti, come membri della sposa santa e senza macchia, la Chiesa, per essere uniti con lo Sposo divino in una sola carne, il corpo di Cristo. Sia che ci si sposarsi o si rimanga singoli, che si segua il percorso del monachesimo o si rimanga nel mondo, ognuno di noi è chiamato a essere partecipe del matrimonio sacramentale di Cristo e della sua Chiesa. E la nostra partecipazione terrena nell’icona di questo sacramento divino non è limitata ai pochi minuti in cui indossiamo le nostre corone nuziali nel corso di una cerimonia in chiesa, ma è un impegno lungo una vita che continua nell’eternità con Cristo.

“La vita non esaminata non è degna di essere vissuta …” [8]

Mentre abbiamo parlato dei vari sacramenti della Chiesa, avrete notato che abbiamo continuato a dire la stessa cosa, spesso usando le stesse parole. Non sto cercando di parlare a vuoto, ma può sembrare così. Forse, questo è perché esiste davvero un solo sacramento, il sacramento di essere nel corpo di Cristo risorto, il sacramento della theosis. Ogni sacramento della Chiesa, ogni preghiera, ogni rito e rituale, ogni lettura e inno ha l’obiettivo di mostrarci la via, di darci la forza di essere nel corpo di Cristo. In effetti, la nostra stessa vita, dal primo “Benedetto il nostro Dio …” all’ultimo “Amen!” – ha una sola domanda: “Ti unisci a Cristo?” E una sola risposta corretta: “Mi unisco a Cristo!” Queste parole non sono solo né principalmente una parte del rito del catecumenato, ma devono risuonare nel corso di tutta la vita cristiana. È questa continua unione con Cristo, che ha permesso all’apostolo Paolo di dire: “Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me” (Gal 2,20) e a san Giovanni di Kronstadt di parlare della sua vita in Cristo. Questa non è un’espressione buonista – la sua era letteralmente una vita in Cristo. Allo stesso modo, vi è solo una vera virtù – essere nel corpo di Cristo, e solo un vero peccato – essere separati da Cristo. Qualunque cosa nella nostra vita ci differenzia da Cristo, distorce la Sua immagine in noi – è peccato.

Purtroppo, molto spesso la domanda “che cosa farebbe Gesù” diventa molto confusa. In realtà, alcune persone hanno una tale immagine bidimensionale di Cristo nella loro mente che diventa assolutamente impossibile anche solo immaginare che cosa avrebbe fatto questo personaggio bidimensionale di fronte a un vero e proprio mondo a quattro dimensioni. Ma non dimentichiamo che Cristo ha preso la nostra natura umana su di sé non per santificare delle icone bidimensionali di se stesso, per quanto sante possano essere, ma per guarire, ripristinare e santificare la stessa natura umana in tutta la sua complessità. Quando Cristo entra in noi, nello stesso modo in cui Egli è entrato nell’apostolo Paolo, in san Giovanni di Kronstadt, e in tutti gli altri santi cristiani, questa unione ha effetto sulla totalità della vita umana: i nostri ingressi e uscite, le nostre preghiere a Dio e le conversazioni con gli amici, la nostra partecipazione al corpo e al sangue di Cristo in chiesa e la cena di famiglia di tutti i giorni.

Secondo Platone, Socrate una volta disse che la vita non esaminata non è degna di essere vissuta. Che cosa è una vita non esaminata? Immaginate di non fare assolutamente nulla e di stare solo in attesa della fine di un giorno… un giorno, due giorni… O immaginate di vivere da una festa a un’altra, da divertimento a divertimento, con niente in mezzo – il lavoro, la scuola, la solita roba noiosa, l’attesa della fine di un anno, per poter fare le prossime vacanze. Una vita meccanica, spensierata con il pilota automatico: cibo-lavoro-sonno. Ora immaginate di pensare a Dio solo una volta o due al giorno, o una volta o due alla settimana, o anche una volta o due all’anno.

Ma cosa dovremmo fare? Cantare salmi in slavonico ecclesiastico sotto la doccia? Beh, questa non è davvero una cattiva idea. In ogni caso, a mio gusto, è meglio che cantare l’ultima canzone di Justin Bieber. Ma il punto più importante è che qualsiasi cosa nella vita può e deve essere fatta con intenzione e preghiera. E questa non è solo una questione di una certa condizione spirituale interiore, ma anche una azione molto esterna e viscerale. Noi non siamo una raccolta meccanica di parti – corpo, anima, spirito – tutte messe insieme con alcune viti e colla. Piuttosto, siamo esseri integrali – ciò che fa il nostro corpo influisce sulla nostra anima, e la bocca parla di ciò di cui è pieno il cuore (Mt 12:34; Lc 6:45).

Consideriamo, per esempio, le parole di Gesù figlio di Sirach: “In tutte le tue opere, ricorda il tuo fine ultimo, e non peccherai mai” (Sir 7:40). Questo versetto parla di tutto l’essere umano – corpo, anima e spirito. “In tutte le tue opere” – con le mani, i piedi, persino la tua bocca; “ricorda il tuo fine ultimo” – ricordalo con la tua mente, lascia che il ricordo della morte guidi la tua anima “e non peccherai mai” – la tua bussola spirituale, quella parte di te che punta verso Dio, rimarrà fedele.

Allo stesso modo, l’apostolo Paolo scrive: “Pregate incessantemente” (1 Ts 5:17). A volte, le persone interpretano questo versetto come se non parlasse della preghiera nel modo in cui di solito la maggior parte delle persone la capisce – l’atto di comunicare con Dio attraverso il culto, le petizioni, o le contemplazioni, ma come se parlasse di livelli più alti dell’arte delle fatiche noetiche, e quindi irraggiungibile per la maggior parte delle persone, proprio come i più alti livelli della maggior parte di altre arti. Forse, questa è una interpretazione valida – non lo so, non ho raggiunto i più alti livelli delle arti noetiche. Ma leggendo l’epistola di Paolo, viene in mente un’altra interpretazione. Non è probabile che l’apostolo sta parlando di semplici cose quotidiane riguardanti la vita di ogni cristiano, semplicemente della vita e della mentalità cristiana? Ecco il contesto più ampio (14-18):

14 Vi esortiamo, fratelli: correggete gli indisciplinati, confortate i pusillanimi, sostenete i deboli, siate pazienti con tutti.

15 Guardatevi dal rendere male per male ad alcuno; ma cercate sempre il bene tra voi e con tutti.

16 State sempre lieti,

17 pregate incessantemente,

18 in ogni cosa rendete grazie; questa è infatti la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi.

Naturalmente, il rendere grazie potrebbe essere visto come un’altra delle arti noetiche, o può essere una cosa semplice come ringraziare Dio per tutto – non solo quelle cose che ci sembrano piacevoli, ma anche quelle che sono amare come le medicine e dolorose come la chirurgia. In effetti, un medico prende un coltello e taglia la nostra carne, e tuttavia gli diciamo: “Grazie, dottore!” E in realtà ci sentiamo riconoscenti, seppure un po’ doloranti.

Ma diamo un altro sguardo alle parole della Scrittura: “in ogni cosa”, ” cercate sempre”, “incessantemente…” Non è questo forse un monito a prestare molta attenzione a ogni singolo momento della nostra vita? Suona scoraggiante, non è vero? In realtà, è piuttosto semplice e comincia con piccoli passi. Per esempio, molte persone usano il telefono – chiamano i loro amici e familiari, rispondono quando squilla senza darsi troppo pensiero. In realtà, si tratta di una esperienza così comune che non ci pensiamo due volte. Conosco una persona che si fa il segno della croce ogni volta prima di prendere in mano il telefono. Com’è bello e significativo! Com’è semplice! – Una pausa, una breve preghiera, una realizzazione che l’interazione che avverrà è all’interno dello spazio e del tempo sacro della vita umana. La vita esaminata… Noi facciamo tutti la doccia, vero? Una volta ho letto di una persona che recitava un solo breve versetto del Salmo 50 (51 nella numerazione masoretica): “Purificami con issopo e sarò mondo: lavami, e sarò più candido della neve” (verso 7). Anche in questo caso, quant’è bello nella sua semplicità!

Una vita santificata, una vita come sacramento, non è questo ciò che la Chiesa ci insegna? I nostri corpi e anime sono lavati nelle acque del santo battesimo; le nostre auto e case sono santificate con l’acqua santa, i nostri occhi, orecchie e bocche sono sigillati con santo crisma – un cristiano è uno speciale contenitore separato, messo da parte per il servizio di Dio (cfr. 1 Pietro 2:9). Perché pensate che indossiamo una croce in ogni momento? Per la stessa ragione per cui vi è una croce su ogni chiesa per significare che non si tratta di un fienile o di un magazzino, ma un tempio di sacro di Dio. Chiaramente, in questo breve discorso non possiamo discutere di una vita umana in ogni dettaglio, ma in conclusione, vorrei citare solo due aspetti della nostra routine quotidiana che sono già contrassegnate dalla Chiesa come sacre.

Le ore dei pasti

Noi tutti mangiamo, spesso senza dare molta considerazione all’atto di mangiare, abbiamo fame, perciò mangiamo. Tuttavia, mangiare è uno dei più antichi atti sacri noti agli uomini. Attraverso il cibo Adamo ed Eva caddero lontano da Dio, e attraverso il cibo Cristo entra in noi nella comunione. Caino e Abele offrirono cibo che avevano elevato come sacrificio a Dio. Abramo nutrì i tre visitatori divini. Quando il figliol prodigo è tornato a casa, il padre ha ordinato che si preparasse un pasto. È l’unione di Cristo e dell’uomo è spesso simboleggiata da un banchetto.

Noi preghiamo prima e dopo ogni pasto. Le preghiere segnano il sacro e lo separano dal profano. Così, il pasto è tempo sacro, un rito sacro. In parole povere, il pasto è un’icona: il pane terreno nutre e sostiene i nostri corpi come Cristo, il pane celeste, nutre e sostiene le nostre anime. E ogni pasto è in qualche modo sacramentale, in quanto ci dà un simbolo visibile di una realtà invisibile. E proprio come con le immagini dipinte ci sono le icone sacre e ci sono le caricature, così è con i pasti: ci sono tempi sacri e ci sono caricature.

Le preghiere quotidiane

A volte sentiamo che il tempo sacro ai nostri giorni è il tempo della preghiera. Trattiamo la preghiera come una forma d’obbligo: 15 minuti per Dio, il resto della giornata per me. Anzi, spesso fraintendiamo gli obblighi religiosi e li vediamo allo stesso modo dei nostri obblighi sociali. Diamo uno sguardo alle tasse, per esempio: diamo una certa parte del nostro reddito al governo perché ha bisogno di fondi per vari programmi, e teniamo il resto per i nostri bisogni. Chiaramente, con Dio non è la stessa cosa. Dio in realtà non ha bisogno delle nostre decime, e non ha bisogno di preghiere. Al contrario, offriamo le nostre primizie a Dio in modo che tutte le nostre fatiche terrene siano santificate. Tutto quello che possediamo e, a proposito, anche tutto quello che mangiamo è sacro perché è sacrificale, è stato santificato dalla nostra offerta dei primi e migliori frutti a Dio. Allo stesso modo, offriamo preghiere mattutine e serali a Dio in modo che tutta la nostra giornata possa essere santa, pacifica e senza peccato. In altre parole, il tempo sacro della giornata non è il tempo della preghiera, ma il tempo che è segnato, incorniciato, coronato dalla preghiera, vale a dire, tutto il giorno stesso. Un buon esempio può essere un bel calice: per quanto sacro e bello possa essere, è quello che c’è dentro che conta. O un bel tempio, perché è santificato non da oro e lustrini, ma dalla presenza di Dio, e senza Dio all’interno, è solo un museo di architettura e belle arti. Pensateci, la prossima volta che volete fare in fretta a finire le vostre preghiere in modo da poter andare avanti con la vostra giornata.

Un altro aspetto importante della preghiera è che ci tiene in contatto con Dio, da persona a Persona, ci ricorda che non siamo soli, che ciò che vediamo non è tutto ciò che esiste. Naturalmente, questo funziona solo se la preghiera è costante o almeno frequente. Per alcuni può essere una sorpresa, ma i primi cristiani non avevano i libri di preghiera stampati a Jordanville. Invece, recitavano regole di preghiera molto più brevi molto più frequentemente, fino a cinque volte al giorno o più, a orari specifici. La regola di preghiera probabilmente consisteva nella preghiera del Signore. [9] Forse, un interessante eco della pratica di preghiere brevi ma frequenti si possono trovare nella nostra regola di preghiera della sera – la preghiera di san Giovanni Crisostomo, con una breve supplica per ogni ora del giorno. Non è chiaro se san Giovanni seguisse sempre una regola di dire una petizione a ogni ora del giorno, o se ha fatto quello che facciamo noi oggi – leggere tutta una lista, in pochi minuti, ma anche i nostri servizi divini seguono un modello preordinato per tutto il giorno: l’ora prima (6:00), l’ora terza (9:00), l’ora sesta (12:00), l’ora nona (15:00), e poi il vespro (18:00).

Il mondo industriale moderno è stato costruito in modo tale che per la maggior parte dei lavoratori sarebbe impossibile recitare a dieci o quindici minuti di regola di preghiera tre o cinque volte al giorno. Ma gli antichi non facevano nemmeno questo. Che cosa succederebbe se cercassimo di fare quello che facevano loro, la Preghiera del Signore? O, forse, qualcosa di ancora più breve – la Preghiera di Gesù? Potremmo farla cinque volte al giorno?

Se sei un cristiano, allora non credi che la tua vita sia un incidente, privo di scopo, un picco casuale senza senso di un onda di probabilità cosmica. Voi sapete che il vostro scopo è quello di diventare il corpo di Cristo. Sapete che la vostra vita è un sacramento, non diversamente dall’eucaristia. I chicchi di grano crescono dalla terra, formati e modellati attraverso molto lavoro per essere offerti a Dio e diventare il suo corpo. Allo stesso modo una vita umana: presa dalla terra, è formata e modellata attraverso molto lavoro per diventare un’offerta a Dio e il suo corpo. E così come ci sono differenze tra le diverse tradizioni liturgiche, diverse persone hanno trovato diversi modi di vivere la loro vita come offerta sacra a Dio. Forse è meno importante se cantate o no salmi sotto la doccia, se recitate la Preghiera del Signore tre volte al giorno oppure cinque – ciò che è importante è che viviate la vostra vita come un sacramento, come un’icona, e non come una caricatura.

Note

[1] Il decreto del Concilio di Trento era una formulazione ufficiale di una precedente tradizione scolastica cattolica romana, che risale al XII secolo ed era già stata affermata due volte da due precedenti Concili della Chiesa cattolica romana: il Concilio di Lione (1274) e il Concilio di Firenze (1439).

[2] Cfr. anche la stessa lista nella Confessione ortodossa del metropolita Pietro Mohila (17 cent.).

[3] Settima sessione del Concilio di Trento, Decreto sui sacramenti, “Sul sacramento in generale,” Canon I.

[4] San Giovanni di Damasco ne cita due, san Cirillo di Gerusalemme 3, San Dionigi l’Areopagita 6, Joasaf di Efeso 10, solo per citarne alcuni.

[5] In realtà san Teodoro Studita, tra gli altri, elenca i voti monastici come uno dei sacramenti.

[6] Il concetto di pentimento cristiano può anche essere visto come una continuazione e la combinazione delle due parole ebraiche che rappresentano l’idea del pentimento: שוב-tornare, e נחם- sentire dolore. In altre parole, pentirsi non significa solo elencare i propri peccati e sentirsi dispiaciuti per loro, ma anche allontanarsi da ciò che è male e tornare indietro a ciò che è buono – pensiamo, per esempio, alla parabola del figliol prodigo.

[7] La ​​corrispondente parola greca κοινωνία è tradotta come “comunione” per indicare sia la comunione di Dio e dell’uomo, sia anche la comunione delle persone.

[8] “ὁ δὲ ἀνεξέταστος βίος οὐ βιωτὸς ἀνθρώπῳ” – Platone, Apologia 38a. Platone attribuisce queste parole a Socrate, ma, suppongo, è impossibile sapere con certezza se alcuni dei pensieri di Platone non siano stati presentati come quelli del suo famoso maestro.

[9] Cfr. Didaché 8.